Il buco nero del decommissioning nucleare

La storia di SOGIN, soggetto pubblico teoricamente preposto al decommissioning delle centrali nucleari, e dei continui slittamenti della data prevista per la conclusione dei lavori, associati ad un continuo incremento dei costi complessivi

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1506693280713{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]C’è un arti­co­lo di Fran­ce­sco Fer­ran­te, usci­to ieri su La Stam­pa Tut­to­green, che si può sere­na­men­te anno­ve­ra­re tra quel­li che ti fan­no pri­ma sob­bal­za­re dal­la sedia, per poi far­ti met­te­re le mani tra i capel­li. Rac­con­ta una sto­ria di mala poli­ti­ca, di mala gestio­ne di fon­di pub­bli­ci non­ché, natu­ral­men­te, di “malis­si­ma” tute­la del­la salu­te pub­bli­ca e del ter­ri­to­rio, che va avan­ti da anni e non accen­na mini­ma­men­te a cam­bia­re tendenza.

E’ la sto­ria di SOGIN, sog­get­to pub­bli­co teo­ri­ca­men­te pre­po­sto al decom­mis­sio­ning del­le cen­tra­li nuclea­ri instal­la­te in Ita­lia negli anni ’60 e ’70, e dei con­ti­nui slit­ta­men­ti del­la data pre­vi­sta per la con­clu­sio­ne dei lavo­ri, asso­cia­ti ad un con­ti­nuo incre­men­to dei costi com­ples­si­vi per arri­va­re al rag­giun­gi­men­to dell’obiettivo.

Costa la strut­tu­ra inter­na, costa la manu­ten­zio­ne dei siti per tener­li in con­di­zio­ni di sicu­rez­za (nell’attesa del fan­to­ma­ti­co sman­tel­la­men­to), coste­rà sem­pre di più quest’ultimo via via che l’invecchiamento del­le infra­strut­tu­re le ren­de­rà più fra­gi­li e dif­fi­ci­li da maneggiare.

Il para­gra­fo più allu­ci­nan­te è, a pare­re di chi scri­ve, que­sto qui:

“Nel 2008 Sogin pre­sen­ta un pia­no per cui il decom­mis­sio­ning si sareb­be dovu­to con­clu­de­re nel 2019 con una spe­sa com­ples­si­va di 4,5 miliar­di di euro. Due anni dopo aggior­na quel pia­no spo­stan­do la pre­vi­sio­ne di con­clu­sio­ne dei lavo­ri al 2024 con una spe­sa aumen­ta­ta a 5,7 miliar­di. Nel 2013 pren­do­no atto di aver fat­to poco o nul­la e spo­sta­no con­clu­so­ne dei lavo­ri al 2025 aumen­tan­do la spe­sa pre­vi­sta a 6,32 miliar­di di euro! Nel frat­tem­po però Sogin costa e se si leg­go­no i suoi bilan­ci pos­sia­mo cal­co­la­re che dal 2001 – l’anno in cui il Gover­no con la diret­ti­va Ber­sa­ni fis­sa­va al 2019 la fine del decom­mis­sio­ning – fino appun­to al 2019 ver­rà a costa­re 4,3 miliar­di di euro: qua­si quan­to nel 2008 si pre­ve­de­va sareb­be venu­to a costa­re l’intero pia­no di decom­mis­sio­ning. Pec­ca­to che – paro­le dei suoi stes­si diri­gen­ti – sia­mo a un quar­to di quel piano.”

Di que­sto pas­so, inve­ce di ter­mi­na­re nel 2019 con costi com­ples­si­vi di poco supe­rio­ri ai 4 miliar­di di euro, i lavo­ri potreb­be­ro fini­re ben dopo il 2035 (for­se!), ad un costo supe­rio­re ai 10 miliar­di.

Nume­ri da capo­gi­ro, quan­do i sol­di per le cose dav­ve­ro impor­tan­ti e urgen­ti non sono mai abba­stan­za (mes­sa in sicu­rez­za del ter­ri­to­rio, riqua­li­fi­ca­zio­ne ener­ge­ti­ca e sismi­ca degli edi­fi­ci, lot­ta all’abusivismo, boni­fi­ca dei siti inqui­na­ti etc.).

Nume­ri da capo­gi­ro, quan­do in nome del­la spen­ding review i ser­vi­zi al cit­ta­di­no sono ridot­ti a meno dell’osso.

Qual­cu­no dovrà rispon­de­re di que­sto buco nero, a par­ti­re dal gover­no in cari­ca, che dovrà rispon­de­re innan­zi­tut­to ad un’interrogazione par­la­men­ta­re che pro­prio in que­ste ore Pos­si­bi­le sta pre­pa­ran­do.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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