Lo aveva anticipato Huffingtonpost qualche settimana fa ed è diventato ufficiale lo scorso venerdì.
A Crotone i comitati “Basta un SI” hanno un riferimento d’eccezione. Di quelli che fanno capire esattamente il senso della riforma costituzionale e di quella parolina tanto ripetuta nella narrazione renziana: “cambiamento”.
Enzo Sculco (ex consigliere regionale della Margherita, condannato a quattro anni per concussione e interdetto perpetuamente dai pubblici uffici), con il suo ondivago movimento territoriale partito da Crotone e diffusosi nell’“area vasta” (nel senso letterale più che istituzionale), dopo aver occupato con la figura di Pugliano l’assessorato all’ambiente nella Giunta di centrodestra di Scopelliti e ora con la figlia Flora Sculco un seggio regionale con la maggioranza di centrosinistra, e dopo aver vinto il ballottaggio ponendo la coalizione e l’attuale Sindaco Pugliese come alternativa necessaria al PD, si mette, giustamente, a “capo” dei comitati pro-riforma.
“Nessun calcolo politico. Non lo facciamo per avere qualcosa in cambio”, hanno specificato, rispondendo alle voci che parlano di un accordo con Matteo Renzi per assicurarsi un posto in prima fila nel prossimo Parlamento. Con buona pace del principio di sovranità popolare e di rappresentatività.
D’altra parte, lo sforzo di motivare le ragioni del sì è racchiuso in due espressioni: “siamo riformisti e vogliamo il cambiamento” e “ci affascina l’idea di un Senato che porterebbe a Roma la voce del territori”.
In queste affermazioni sta tutto il peso di una scelta di campo reciproca: di Enzo e Flora Sculco verso Renzi e viceversa. Una partita su cui scommettere, più che un’idea di Paese e un voto consapevole sulla Costituzione
Ecco tutta la leggerezza di una politica autoreferenziale, impegnata nella conservazione e nella costruzione di nuovi giochi di potere su cui investire un gruzzolo elettorale. Una politica ben saldata al bisogno e anche al desiderio di alcuni di “contare”.
Questo spiegherebbe perché il Sindaco di Crotone Ugo Pugliese, espressione del progetto “sculchiano”, il 23 aprile, durante la campagna elettorale, in occasione di un confronto tra candidati a sindaco organizzato dalle associazioni del terzo settore, a domanda specifica si distinse dagli altri per un No convinto alla riforma costituzionale. Come del resto la sua coalizione, nelle intenzioni propagandate, si caratterizzò per la contrapposizione netta al PD e alle sue politiche.
Ruoli, insomma. Strategie di occupazione come a Risiko, piuttosto che politica.
Quella caratterizzazione fortemente territoriale dei Demokratici di Sculco, esasperata per giustificare persino gli spostamenti da uno schieramento all’altro, sarebbe peraltro il contrario del senso vero di una riforma accentratrice.
In questa posizione c’è un pensiero o giudizio politico? O si tratta solamente del tentativo di stringere la presa del PD provinciale e sdoganare tutti i limiti di un movimento di confine in vista dei prossimi appuntamenti elettorali?
La mancanza di responsabilità verso i cittadini a cui era stata proposta una linea oramai smentita nei fatti, e ora anche sul referendum, è tutta integra in quelle ragioni che richiamano la magia di un “Senato vicino al territorio”. Un’idea che non va oltre gli slogan e oltre se stessi. Manifestata senza che si sia tentato, neanche lontanamente, di indagare se davvero la riforma migliorerà o peggiorerà il peso delle “periferie” d’Italia.
Quello che conta è quanto pezzo di potere si potrebbe ottenere ora che “basta un sì”.