Il campo rom della Bigattiera si trova a poca distanza dal mare, tra Marina di Pisa e Tirrenia, su un terreno di proprietà del Demanio, dal 2003, anno in cui quel terreno venne individuato come adeguato ad ospitare alcuni nuclei rom allontanati da un immobile situato sul territorio del comune di Pisa. Si tratta di decine di persone, che un giorno del 2011 si trovano a vivere in un campo diventato abusivo, nonostante fosse stato creato dall’amministrazione comunale, pur con un orizzonte temporale provvisorio.
Un campo “regolare” che però – a un certo punto – è stato derubricato a campo “abusivo”, senza alcun atto amministrativo che sancisse il cambiamento di status (e infatti nella rilevazione ufficiale della Regione figura ancora come insediamento “riconosciuto”). E poiché la Bigattiera era diventata improvvisamente “abusiva”, tutti gli abitanti divennero “illegali”. (Ilcorsaro.info)
In ragione del “declassamento”, nell’ottobre 2011 «il Comune di Pisa, decide che i bambini del campo non residenti non avranno più diritto al trasporto scolastico». Pochi mesi dopo, a fine maggio 2012, il Comune di Pisa chiede alla società Edison la sospensione delle forniture di elettricità, a causa dell’individuazione di un impianto non a norma e pericoloso. La conseguenza diretta è una forte riduzione delle forniture di acqua corrente, quindi il diffondersi di problemi igienici e sanitari.
Nell’agosto del 2013, con la spinta di numerosi cittadini e associazioni, il Consiglio comunale di Pisa approva una mozione finalizzata a risolvere i problemi sopra elencati, dal trasporto scolastico alla diffusione di problemi igienici e sanitari.
Questa mozione, però, non avrà mai, neppure marginalmente, attuazione. Il campo rom della Bigattiera continua, tuttora, a riscontrare gli stessi problemi iniziati nel 2011, con il suo “declassamento”: 133 persone, 28 famiglie, 38 bambini in età scolare vivono, da anni, in condizioni di fatto inumane, anche a causa di scelte politiche che hanno marginalizzato e reso inospitale l’area.
Alla luce di quanto sta succedendo in queste ore, difficilmente si può parlare di un “declassamento involontario”, o di un susseguirsi di scelte svincolate l’una dall’altra, dettate dalle emergenze del momento.
«Sono arrivati poco dopo le 7 di mercoledì 30 poliziotti incaricati di sgomberare il campo rom della Bigattiera in esecuzione dell’ordinanza firmata dal sindaco Marco Filippeschi (del Partito Democratico, ndr). […] Poco dopo mezzogiorno sono arrivate le ruspe per dare inizio allo sgombero dell’area, da cui sono stati allontanati tutti i non autorizzati. Sul posto anche le maestre delle scuole frequentate dai bambini rom: “In questo modo — hanno detto — vengono gettati al vento anni e anni di lavoro sul fronte dell’integrazione”. L’ordinanza di sgombero firmata dal primo cittadino, dopo una relazione dell’Asl che denuncia condizioni igienico-sanitarie “incompatibili con la permanenza umana”». (Il Tirreno)
La storia assume così un carattere decisamente diverso, che sembra rispondere – più che alle emergenze, in questo caso rappresentate da un verbale dell’ASL sulle condizione igieniche del campo – a una strategia ben precisa, che ignora e capovolge l’indirizzo programmatico dato dal Consiglio comunale nel 2013, andando a solleticare, con le ruspe, l’immaginario leghista.
«Il sindaco di Pisa e la sua giunta – affermano i consiglieri Francesco Auletta, Simonetta Ghezzani, Stefano Landucci e Marco Ricci – utilizzano un verbale dell’Asl per forzare la mano e firmare un’ordinanza che significherà per decine di persone e di bambini, che grazie all’impegno volontario di insegnanti frequentano la scuola anche in assenza del servizio scuolabus, la fine violenta di un faticoso percorso di inclusione. Vanno persi anni di lavoro, risorse impiegate e in ultimo la vita quotidiana di famiglie che vengono sbattute sulla strada senza nessuna soluzione abitativa. Tutto questo è disumano».
L’alternativa alle ruspe esiste, ed è il cervello. Come a Roma, con la campagna “Accogliamoci” (promossa, tra gli altri da Radicali e Possibile), anche a Pisa.