[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1509002228842{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Da diversi mesi l’XI Commissione del Senato sta portando avanti l’esame di tre disegni di legge che riguardano la figura del caregiver. Il riconoscimento giuridico della figura del caregiver è un passo importante, atteso da vent’anni, fortemente richiesto dalle famiglie dei disabili e non ancora arrivato in porto.
Ma chi è, cosa fa il caregiver?
Caregiver è una parola mutuata dall’inglese composta da care, ‘cura’, e giver, ‘chi dà’. Indica “colui che fornisce le cure” e si riferisce a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile.
Immaginate per un momento che la vostra vita serena, che scorre su binari più o meno tranquilli, venga sconvolta da un fatto improvviso che investe un vostro caro: una malattia, un incidente, un infortunio. Tutte le vostre certezze, le vostre aspettative subiscono una battuta d’arresto e improvvisamente entrate in un mondo diverso, fatto di dolore, ansia in cui dovete necessariamente improvvisarvi e reinventarvi per poter aiutare nel miglior modo possibile chi amate.
Non è possibile rendere in pieno l’idea di quello che accade, se non ci siete passati, anche marginalmente. Il primo momento di shock, la ricerca della diagnosi, della soluzione, la fatica di organizzarsi, di reinventarsi, il muro delle istituzioni, la presa di coscienza della scarsità dei mezzi a vostra disposizione, lo stress del condividere quel che resta di una vita lavorativa e sociale con il tempo che vi rimane a disposizione, la resa davanti alla mancanza di una tutela sul lavoro, la rinuncia di una realizzazione personale e la conseguente difficoltà economica dovuta alla perdita del lavoro. Quando la disabilità entra in una famiglia è l’intero nucleo ad essere messo alla prova. Il rapporto non è solo quello simbiotico tra assistente e disabile: è difficile continuare ad essere moglie e madre, o padre e marito. Ci si deve reinventare e spesso si lascia indietro qualcuno, causando ulteriori sensi di colpa nei confronti di chi hai trascurato.
Parliamoci chiaro: quando sei caregiver il tuo mansionario diventa talmente ampio da lasciare poco spazio agli “extra”. Diventi assistente all’igiene, OSS, psicologo, insegnante, infermiere, autista, paramedico, amministratore, motivatore relazionale.
Il problema è che tutto questo avviene non solo perché da parte del caregiver c’è un legame affettivo che lo spinge ad aiutare la persona che ha bisogno, ma anche, e soprattutto, perché le istituzioni che dovrebbero garantire l’assistenza sono quasi completamente latitanti e dal canto tuo non hai altra soluzione che rimboccarti le maniche e arrangiarti e considerare “volontario” tutto ciò è ridicolo, se non offensivo. La frase che spesso si sente ripetere è “non potevo fare diversamente”.
La Costituzione garantirebbe (il condizionale è d’obbligo), come diritto sociale fondamentale, il diritto alla salute in senso ampio, inteso come integrità psico-fisica, all’ambiente salubre, alla libertà di cura (essere o non essere curato); garantirebbe i diritti inviolabili connessi alla dignità umana e sancirebbe che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che “limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana …” ma la realtà dei fatti è diversa.
Considerando tutto questo si evince che di fatto i diritti lesi sono sia quelli del disabile, sia quelli del caregiver.
Questa legge tanto attesa doveva quindi rispondere a tutte le aspettative, molteplici e variegate, del mondo della disabilità:
- il prepensionamento per chi si sta dividendo tra lavoro e assistenza, considerando che quest’ultima può essere considerata alla stregua di un lavoro usurante al pari di quello svolto dai lavoratori notturni;
- un risarcimento economico, sotto forma di assegno mensile, per la latitanza delle istituzioni che, di fatto, ha causato al caregiver e alla famiglia la mancata realizzazione di una propria vita sociale e lavorativa;
- una tutela efficace sulla salute, che consenta al caregiver di essere sostituito nei momenti di vacanza per motivi di salute;
- una tutela del lavoro che garantisca il mantenimento del posto di lavoro e il reinserimento agevolato per chi, dopo la perdita del proprio assistito, debba rientrare nel mondo lavorativo;
- una partecipazione attiva dei servizi sociali al fine di agevolare il caregiver negli adempimenti burocratici, spesso ridondanti;
- un supporto psicologico al fine di un sostegno dell’equilibrio psichico e familiare;
- un’informazione puntuale ed esauriente sulle problematiche di cui soffre la persona assistita, sui suoi bisogni assistenziali e sulle cure necessarie, sui criteri di accesso alle prestazioni sociali, socio-sanitarie e sanitarie, nonché sulle diverse opportunità e risorse esistenti nel territorio che possono essere di sostegno alla cura e all’assistenza;
- la condivisione e il supporto immediato dei servizi sociali in caso di emergenza personale o assistenziale attraverso l’attuazione di piani straordinari o ridefinendo il piano di assistenza individuale qualora la situazione imprevista assuma carattere di stabilità;
- la domiciliarizzazione delle visite specialistiche in caso di difficoltà di spostamento, dei referti medici e di ogni ausilio inerente alla disabilità, che sia fornito nel rispetto dei reali bisogni dell’assistito sia in termini di qualità, sia in termini di quantità;
- una adeguata assistenza alla persona con disabilità che tenga in considerazione non solo i bisogni fisici, psicologici, sociali di quest’ultimo al fine di fornire un “durante noi” in base alla Convenzione ONU dei diritti dei disabili, ma anche della stato psico-fisico dello stesso caregiver soprattutto in considerazione dell’età avanzata di molti di essi.
I disegni di legge in discussione erano tre:
- il 2048, a prima firma Cristina De Pietro (Gruppo misto), “Misure in favore di persone che forniscono assistenza a parenti o affini anziani”;
- il 2128, a prima firma Laura Bignami (Gruppo Misto — Movimento X), “Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare”;
- il 2266, “Legge quadro nazionale per il riconoscimento e la valorizzazione del caregiver familiare”, a prima firma Ignazio Angioni (Pd).
In nessuno dei tre è stata citata la volontarietà della scelta, né da parte del disabile, né da parte del caregiver e nessuno dei tre rispondeva appieno alle richieste, e credere che da ddl così diversi come impostazione potesse aver origine una proposta unica è stato un azzardo, ma l’urgenza data dall’avvicinarsi della fine della legislatura, ha portato il relatore Pagano a elaborare uno schema unico, nel quale il caregiver diventa “Prestatore Volontario di Cura”, ma nulla viene risolto mancando, a detta dello stesso Presidente Sacconi, i fondi da stanziare, riversando come dire, che, se riconoscimento ci sarà, avverrà senza oneri da parte del Governo…..
In attesa degli emendamenti che verranno presentati, il mio parere personale è che sia indispensabile avere una legge che almeno riconosca formalmente il caregiver, ricorrendo ad ulteriori decreti attuativi per la ridefinizione delle tutele, con la consapevolezza che anni di vacanza legislativa in merito hanno originato situazioni che devono essere prese in esame per consentire ai caregiver che da tempo svolgono questo ruolo una serenità economica e previdenziale che adesso non hanno.
Qualsiasi normativa verrà emanata bisogna partire dal principio che le risposte vanno date soprattutto alle persone con disabilità, perché rimuovendo i già citati ostacoli, fornendo un’assistenza corretta, elevando gli importi irrisori di una pensione d’invalidità (279,47 euro!), promuovendo una reale inclusione scolastica e sociale e garantendo un trattamento uniforme su tutto il territorio italiano, automaticamente si allenterebbe la tensione che adesso grava sulle famiglie e soprattutto sul caregiver.
Anna Maria Paoletti[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]