Negli infuocati appelli per sì al referendum cosituzionale degli ultimi giorni, più volte il Presidente Renzi, nell’attaccare la minoranza del PD e più in generale tutta la sinistra che il 4 dicembre voterà no (quindi tutta la sinistra, in sostanza), ha più volte fatto un parallelo tra sé e Hillary Clinton e il resto della sinistra e Bernie Sanders. Ad esempio, così ha tuonato il Presidente del Consiglio dal palco di Piazza del Popolo lo scorso 29 ottobre:
“Nella Sinistra Mondiale, quando Bernie Sanders perde le primarie non si mette a sostenere Donald Trump pur di sconfiggere la sua compagna che non sopporta. Bernie Sanders, se ti avanza del tempo fai un salto da noi, per favore, ne abbiamo bisogno!”
Caro Renzi, ci fa piacere sentirti citare per la prima volta Bernie Sanders, ma ci dispiace dirti che il tuo paragone non regge minimamente.
Non solo e non tanto perché il buon Sanders ha ben poco a che spartire con la minoranza del tuo partito, che né per storia personale né per visione politica potremmo mai chiamare dei Bersanders, ma soprattutto perché il tuo atteggiamento e la tua azione politica non hanno nulla a che vedere con quelle di Hillary Clinton.
All’indomani dell’infuocata corsa per le primarie democratiche, infatti, se è vero che Sanders ha garantito il suo appoggio a Clinton e se è vero che non si è trattato di un mero appoggio di facciata, è altrettanto vero che la candidata alla presidenza dei democratici ha dimostrato ben altro atteggiamento nei confronti della minoranza del suo partito e del suo principale rappresentante.
Hillary Rodham Clinton non ha certo passato gli ultimi mesi (nel suo caso, Presidente, gli ultimi anni) a sbeffeggiare Sanders e la sua base, non ha scelto di ignorare totalmente la piattaforma politica di chi ha comunque raccolto una grande quantità di voti nel corso della sfida per la nomination. Non ha certo preteso giuramenti di fedeltà e un cambio radicale di posizioni politiche da parte di tutti i candidati al congresso e di tutti gli esponenti democratici che fanno riferimento a Sanders.
Che si tratti di una posizione meramente tattica, o di una reale apertura, sta di fatto che Hillary ha concesso più peso nel partito ai rappresentati del senatore del Vermont, ha concesso non solo che parte del processo democratico interno del suo partito venisse modificato secondo le richieste di Sanders, ma che persino il suo programma per la corsa alla presidenza venisse sostanzialmente cambiato per avvicinarlo alle posizioni di Sanders su questioni fondamentali come il salario minimo, la lotta allo strapotere di Wall Street, quella per l’ambiente e contro il riscaldamento globale, il miglioramento dell’accesso all’istruzione universitaria per i ceti meno abbienti.
La Clinton stessa ha più volte dimostrato pubblicamente apertura nei confronti del programma di Sanders, arrivando a dichiarare alla CNN:
“Voglio tendere la mano ai supporter di Sanders. Molti dei suoi sostenitori e dei miei condividono gli stessi obiettivi. Vogliamo aumentare il salario minimo nazionale, vogliamo un sistema sanitario a copertura universale, vogliamo lottare contro le disuguaglianze e creare maggiori opportunità per le classi lavoratrici, vogliamo rendere l’istruzione universitaria più accessibile ai giovani, per non mandare in bancarotta loro e le loro famiglie. Molti dei nostri obiettivi sono comuni. Possiamo avere un approccio leggermente diverso, ma i nostri obiettivi sono gli stessi.”
Quindi un approccio leggermente differente da quello che Renzi ha sempre avuto nei confronti delle minoranze interne e della sinistra, e il tutto a corredo di una piattaforma politica che presenta elementi molto più progressisti di quelli adottati dal governo Renzi.
Matteo Renzi ci permetta un consiglio, non si affanni troppo a chiedere un intervento di Sanders, temiamo che quello che Bernie avrebbe da dirgli potrebbe non piacergli.