Ieri il nostro Parlamento ha votato la fornitura di armi all’Ucraina, Paese aggredito dalla Russia.
Ma le armi non svaniscono.
Se fornisci armi a un Paese le userà anche dopo il conflitto e in qualche modo avrai consentito che le tue armi uccidano, non sai chi, non sai quando, non sai perché, non sai per chi.
Per questo fornire armi, oltre a essere in contrasto con la nostra Costituzione — e per noi dovrebbe essere dirimente, magari per altri no — è un errore.
Non è che con la Costituzione siamo fiscali solo quando ci sono da impedire i referendum, giusto?
Certo, le opinioni sulla piena liceità costituzionale oggi si sprecano, ma c’è anche una legge dello Stato, la n. 185/90, che all’articolo 1 vieta l’esportazione di armi verso Paesi in stato di conflitto armato, Paesi che vadano contro all’articolo 11 della nostra Costituzione, con Paesi sottoposti a embargo, Paesi responsabili di accertate gravi violazioni delle convenzioni sui diritti umani, Paesi che ricevendo aiuti dall’Italia destinano al proprio bilancio militare risorse eccedenti all’esigenza di difesa.
Poi vieta l’esportazione di armi in contrasto con impegni internazionali dell’Italia, la sicurezza dello Stato, la lotta al terrorismo e quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali.
Il fondamento giuridico di questa scelta risiederebbe nella Carta ONU, art. 51, che riguarda la legittima difesa.
Purtroppo, però, non ne sussistono i presupposti, perché la norma parla di autotutela, individuale e collettiva, e non esiste alcun supporto giuridico che possa far ritenere che l’Unione Europea sia stata attaccata dalla Russia, perché l’Ucraina non ne fa parte e non fa parte neppure della NATO.
Per questo le giustificazioni sono scivolose, legate a principi generici di libertà, ma non sono giuridiche (ed infatti non a caso l’Ucraina chiede di essere ammessa immediatamente nell’UE).
Poi si legge addirittura della formazione di Brigate Internazionali per l’arruolamento di volontari da affiancare all’esercito ucraino.
Così, visto che non ci basta essere ritornati all’ultima guerra mondiale, andiamo più indietro, alla guerra civile spagnola, in un crescendo di isteria collettiva, apparentemente inconsapevoli del baratro che stiamo spalancando.
Le conseguenze di questa isteria le cogliamo nello sguardo di Paolo Nori, mentre, con le lacrime agli occhi, ci racconta incredulo che l’Università Bicocca di Milano ha annullato un suo corso su Dostoevskij, e ci dice che oggi in Italia non è una colpa solo essere un russo vivente, ma anche essere un russo morto, e, fra l’altro, ribelle.
Non sappiamo più distinguere fra stati, governi e persone.
Detto questo, in questa follia, fermo l’aiuto ai profughi, non possiamo e dobbiamo affatto restare inerti, perché abbiamo il dovere, prima di tutto in quanto esseri umani, di tutelare la popolazione civile che non può andarsene.
La Rete Italiana per la Pace ed il Disarmo chiede con forza un’operazione di peacekeeping.
E hanno ragione, solo che non è possibile un invio di Caschi Blu, perché la Russia, quale membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha già messo il veto anche solo ad una risoluzione di condanna (contro sé stessa).
Ora, è chiaro che l’ONU non funziona bene, ma è altrettanto chiaro che all’art. 1 prevede:
“I fini delle Nazioni Unite sono: mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai princìpi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare ad una violazione della pace.”
Quindi se vogliamo essere aderenti in modo sostanziale alla Carta e soprattutto ai suoi principi, che valgono più delle procedure e delle affermazioni di potere, la soluzione è l’interposizione di una forza di pace, neutrale, anche senza egida ONU, che faccia finire i combattimenti, garantisca un cessate il fuoco, e che poi ritorni a casa con le proprie armi dopo che il dialogo e la diplomazia abbiano trovato una soluzione ai problemi, che ci sono, ma che tutti stanno brandendo in modo strumentale per la propria misera propaganda.
Di finte forze di pace ne abbiamo viste tante in questi anni (perché le guerre non sono finite nel 1945), ed è venuto il momento di costruirne una vera, anche se toccherà cambiare il colore ai caschi.
Non ci sono alternative, fornire armi e alimentare la guerra non è un’opzione, né giuridica né umanitaria, perché porta solo altra guerra e altra morte.