Caso Fastweb, un trasferimento ai limiti della ritorsione

La lotta che lavoratrici e lavoratori stanno portando avanti riguarda tutte e tutti noi perché, se a un'azienda è concesso far valere la legge del più forte, seppur in presenza della condanna di un tribunale, che fine fa lo Stato di diritto? Altro che uno vale uno: come singoli non andiamo da nessuna parte, perciò battiamoci uniti per la dignità di tutte le persone.

di Gia­co­mo Negri

«Nel­la nuo­va sede Fast­web a Mila­no nes­su­no ha più una posta­zio­ne fis­sa, un uffi­cio, ma ogni gior­no ognu­no sce­glie­rà come e dove lavo­ra­re a secon­da di quel­lo che deve fare».

Non solo lo scin­til­lan­te palaz­zo tut­to vetro, moder­ni­tà e desi­gn, ma anche gli slo­gan che accom­pa­gna­no il tra­sfe­ri­men­to nel­l’e­di­fi­cio appe­na costrui­to di fron­te allo sca­lo fer­ro­via­rio di Por­ta Roma­na suo­na­no come una bef­fa bru­cian­te nei con­fron­ti dei 72 dipen­den­ti che ora l’a­zien­da, a segui­to di una sen­ten­za di rein­te­gro, vuo­le tra­sfe­ri­re a Bari, con un atto che i sin­da­ca­ti — CGIL in testa — non esi­ta­no a defi­ni­re ritor­si­vo.

La sto­ria, pur­trop­po, non ha nul­la di ori­gi­na­le: nel 2012, con il solo sco­po di sca­ri­ca­re una par­te dei costi del per­so­na­le, Fast­web ester­na­liz­za il custo­mer care per i clien­ti pri­va­ti, spo­stan­do in Visiant Next, oggi Covi­sian, ben 720 dipen­den­ti. Il die­ci per cen­to di loro fa ricor­so al giu­di­ce, che rico­no­sce come ille­git­ti­ma la ces­sio­ne del ramo di azien­da, usa­ta di fat­to come for­ma di licen­zia­men­to col­let­ti­vo dilui­to nel tempo.

Le lavo­ra­tri­ci e i lavo­ra­to­ri ave­va­no infat­ti otte­nu­to con Visiant Next una com­mes­sa di set­te anni pres­so Fast­web, con mino­ri garan­zie, per svol­ge­re né più né meno le stes­se man­sio­ni di cui si era­no fat­ti cari­co negli anni pre­ce­den­ti, oggi rin­no­va­ta per altri tre anni a con­di­zio­ni anco­ra peg­gio­ri: meno dirit­ti, sti­pen­di più bas­si e un oriz­zon­te lavo­ra­ti­vo sem­pre più ridot­to.

Negli anni, sep­pur con fati­ca, alcu­ni si sono costrui­ti una fami­glia, han­no pre­so casa a Mila­no accol­lan­do­si un mutuo e ora, attra­ver­so un vero e pro­prio ricat­to, Fast­web vor­reb­be costrin­ger­li ad abban­do­na­re tut­to con la scu­sa, dav­ve­ro ridi­co­la nel­l’e­ra del­lo smart wor­king, che il call cen­ter del capo­luo­go lom­bar­do si occu­pa solo di assi­sten­za clien­ti per le azien­de, men­tre il set­to­re per i pri­va­ti ha sede a Bari.

Il 25 giu­gno, a Roma, ci sarà un incon­tro tra Fast­web e i sin­da­ca­ti, che pro­pon­go­no anche solu­zio­ni inter­me­die, come il distac­co lavo­ra­ti­vo nel ramo auto­no­mo (Covi­sian), in pro­spet­ti­va di una solu­zio­ne più sta­bi­le. Le ester­na­liz­za­zio­ni come que­sta peg­gio­ra­no la pro­dut­ti­vi­tà, com­pri­mo­no i dirit­ti dei dipen­den­ti e impo­ve­ri­sco­no il futu­ro del­l’im­pre­sa: tut­to per arric­chi­re pochi e mio­pi diri­gen­ti. Il gover­no pen­sa di inter­ve­ni­re o di rima­ne­re con le mani in mano?

La lot­ta che lavo­ra­tri­ci e lavo­ra­to­ri stan­no por­tan­do avan­ti riguar­da tut­te e tut­ti noi per­ché, se a un’a­zien­da è con­ces­so far vale­re la leg­ge del più for­te, sep­pur in pre­sen­za del­la con­dan­na di un tri­bu­na­le, che fine fa lo Sta­to di dirit­to? Altro che uno vale uno: come sin­go­li non andia­mo da nes­su­na par­te, per­ciò bat­tia­mo­ci uni­ti per la digni­tà di tut­te le persone.

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