Caso Foodora: il mito della smart economy che azzera diritti e tutele

Lo sciopero dei lavoratori di Foodora insegna tantissime cose: troppo spesso dietro alla retorica "smart" si nascondono diritti e tutele cancellati.

Saba­to, a Tori­no, i rider di Foo­do­ra han­no pre­so le loro bici­clet­te, quel­le che usa­no per le con­se­gne, han­no indos­sa­to le magliet­te del­la divi­sa al con­tra­rio, han­no imbrac­cia­to le ban­die­re con il logo del­la pro­te­sta e han­no gira­to il cen­tro cit­tà, il “salot­to buo­no” e soprat­tut­to “smart”. Per­ché quan­do è tut­to “smart”, anche la pro­te­sta deve esser­lo: non è sta­to uno scio­pe­ro da brac­cia incro­cia­te, un ten­ta­ti­vo di bloc­ca­re il ser­vi­zio che avreb­be avu­to sen­so come cer­ca­re di svuo­ta­re il mare con un cuc­chiai­no. Chi vole­va (o dove­va) lavo­ra­re, per­ché era il suo pri­mo tur­no, o per­ché non pote­va rinun­cia­re, non ha subi­to nes­su­na pres­sio­ne, né pro­pa­gan­da, nem­me­no quan­do è pas­sa­to a par­la­re con il grup­po che sta­va orga­niz­zan­do i due momen­ti di mobi­li­ta­zio­ne, quel­lo mat­tu­ti­no e quel­lo serale.

La for­za di Foo­do­ra — impre­sa tede­sca che si occu­pa di con­se­gna­re pasti a domi­ci­lio, coor­di­nan­do risto­ran­ti, clien­ti e rider gra­zie a sito e app, e pre­sen­te per ora a Mila­no e Tori­no, ma, come reci­ta il sito, “pre­sto in altre cit­tà” — è l’immagine, ci dice Anto­nio, del mito del­la sha­ring eco­no­my, del ser­vi­zio gio­va­ne, velo­ce, bril­lan­te, “urban”. Un mito nel cui nome le tute­le dei lavo­ra­to­ri, ma anche la loro digni­tà, fini­sco­no in secon­do se non ulti­mo piano.

Quan­do l’immagine con­ta così tan­to, è lì che la pro­te­sta deve insi­ste­re: uno scio­pe­ro che non bloc­ca, ma spiega.

Spie­ga quel­lo che c’è sot­to la super­fi­cie scin­til­lan­te e sor­ri­den­te.

Spie­ga a chi ricor­re al ser­vi­zio per ave­re la cena a casa, che chi fa le con­se­gne pri­ma veni­va paga­to all’ora, e ades­so a con­se­gna (2,70 € cir­ca) e che né le ore né le con­se­gne sono mai abba­stan­za affin­ché la cifra abbia un sen­so; che la bici la devi por­ta­re da casa, e anche il tele­fo­no (smart, ovvio) per ave­re l’app con cui rice­ve­re i tur­ni; che se non ci sei tu, c’è qual­cun altro, tan­to non fa dif­fe­ren­za. Che la libe­ra riu­nio­ne non è poi così libe­ra, visto che chi par­te­ci­pa a quel­le sba­glia­te fini­sce per esse­re taglia­to fuo­ri dal lavo­ro: una puni­zio­ne invi­si­bi­le e non quan­ti­fi­ca­bi­le, visto che le asse­gna­zio­ni dei tur­ni non rispon­do­no a una rota­zio­ne equa e tan­to non c’è un fis­so da cui partire.

Spie­ga ai risto­ra­to­ri le moda­li­tà con cui i loro piat­ti arri­va­no nel­le case del­la gen­te, che lascia­no l’amaro in boc­ca anche quan­do nel box c’è un chi­lo di gela­to: l’arbitrarietà del pre­av­vi­so di chia­ma­ta, il peri­co­lo di muo­ver­si nel traf­fi­co cit­ta­di­no, con solo una assi­cu­ra­zio­ne per gli inci­den­ti sul lavo­ro, ma nien­te malat­tia, ferie, con­tri­bu­ti, acces­so al sus­si­dio di disoc­cu­pa­zio­ne.

Spie­ga a chi voglia ascol­ta­re cosa signi­fi­ca esse­re trat­ta­ti come pedi­ne, da sosti­tui­re e sot­to­por­re a pres­sio­ne sen­za pen­sar­ci due vol­te: se lascia­no die­ci rider, o se ven­go­no mes­si fuo­ri dal giro dei tur­ni (non si trat­ta di licen­zia­re, visto che non sono assun­ti), ce ne sono sicu­ra­men­te altri die­ci che pos­so­no pren­der­ne il posto. Anche duran­te la mani­fe­sta­zio­ne davan­ti a Por­ta Nuo­va a Tori­no, al grup­po si è avvi­ci­na­ta una cop­pia che non ave­va anco­ra sen­ti­to del­la pro­te­sta e vole­va infor­ma­zio­ni su come lavo­ra­re per Foodora.

Saba­to la pro­te­sta dei rider ha sfon­da­to un muro: in alcu­ni dei loca­li tori­ne­si sono sta­ti accol­ti con un applau­so dai dipen­den­ti, mol­ti risto­ra­to­ri han­no rinun­cia­to a pren­de­re le richie­ste di con­se­gna a domi­ci­lio del­la sera­ta in segno di soli­da­rie­tà, le per­so­ne con cui han­no par­la­to per stra­da e che han­no let­to del­la pro­te­sta onli­ne han­no dimo­stra­to il loro appog­gio e rac­con­ta­to espe­rien­ze simili.

In mez­zo a tan­te rispo­ste posi­ti­ve, ci sono anche del­le voci discor­dan­ti — soprat­tut­to tra i leo­ni da tastie­ra — di chi accu­sa i rider di esse­re “ragaz­zi­ni” (come se fos­se un insul­to), “uni­ver­si­ta­ri” (idem come sopra), faci­no­ro­si, e altre ame­ni­tà a cui chi por­ta avan­ti del­le riven­di­ca­zio­ni di qual­sia­si tipo, sia su inter­net, sia nel­le piaz­ze, è pur­trop­po ormai abi­tua­to. A que­ste per­so­ne vor­rem­mo dire che o non sono sta­ti in piaz­za con loro, o non han­no osser­va­to con atten­zio­ne: tra i rider ci sono ragaz­zi, che non è una col­pa; ci sono uni­ver­si­ta­ri, che non è un mar­chio di infa­mia; ci sono don­ne e ragaz­ze, ci sono per­so­ne adul­te sia per l’anagrafe sia per le espe­rien­ze, ci sono per­so­ne con un per­cor­so lavo­ra­ti­vo alle spal­le, c’è di tut­to un po’, come in ogni altro posto.

I gior­na­li sono arri­va­ti a inter­vi­star­li, la voce è gira­ta sui social, gra­zie anche agli hash­tag, com­pre­so quel­lo uffi­cia­le di Foo­do­ra che per tut­ta la gior­na­ta è sta­to mono­po­liz­za­to dal­la pro­te­sta (ave­te volu­to la gen­te smart? Non stu­pi­te­vi quan­do capi­ta­no cose così).

L’azienda ha pro­po­sto una trat­ta­ti­va infor­ma­le, qua­lun­que cosa que­sto signi­fi­chi, sen­za la pre­sen­za né dei sin­da­ca­ti né dell’AD di Foo­do­ra, ma già in sera­ta il comu­ni­ca­to dira­ma­to attra­ver­so i cana­li usa­ti dai rider di Foo­do­ra argo­men­ta con fer­mez­za il loro rifiu­to. Loro con­ti­nue­ran­no a spie­ga­re quel­lo che sta suc­ce­den­do e per­ché le con­di­zio­ni non sono accet­ta­bi­li, né nel nome di un mon­do smart, né del­la reto­ri­ca del lavo­ro a qual­sia­si costi.

È noti­zia di que­sti ulti­mi minu­ti che, infi­ne, Foo­do­ra ha accet­ta­to di apri­re un tavo­lo di trat­ta­ti­ve, in segui­to alla mobi­li­ta­zio­ne di saba­to dei rider. Le richie­ste, come annun­cia­te nel comu­ni­ca­to stam­pa, riguar­de­ran­no la for­mu­la­zio­ne di un nuo­vo con­trat­to che com­pren­da le richie­ste soste­nu­te in que­ste ore: una retri­bu­zio­ne ora­ria fis­sa con un bonus per con­se­gna; l’in­qua­dra­men­to in un con­trat­to nazio­na­le per tut­ti i rider e pro­mo­ter; la ces­sa­zio­ne dei prov­ve­di­men­ti disci­pli­na­ri con­tro i lavo­ra­to­ri in protesta.

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