Ti rendi conto dell’importanza delle cose quando vengono a mancare, è proprio vero. L’esempio più clamoroso degli ultimi tempi è quello di Angelino Alfano. Su queste pagine non abbiamo mai risparmiato critiche al già ministro della Giustizia e dell’Interno, ora promosso agli Esteri. Critiche che riguardavano l’impianto politico degli ultimi governi di cui ha fatto parte, che ritenevano e ritengono la presenza di Alfano un fatto strutturale e politico, tanto che con sempre minori imbarazzi c’è chi parla di un nuovo Ulivo contenente Alfano, appunto. Critiche che riguardavano, però, soprattutto le scelte politiche da lui promosse.
Eppure ora ci manchi tanto, Angelino.
Ora che non occupa più le cronache di tutti i giorni, ci mancano tanto le sue parole irresponsabili sulla gestione dei flussi migratori.
Ricordate, ad esempio, quando tutti ridevamo indignati di fronte alla proposta di costruire hotspot galleggianti? E che ridere (amaro) quando l’allora ministro degli interni parlava di estendere l’accordo vigente con la Turchia (finalizzato a bloccare i migranti) alla Libia, un paese nel caos istituzionale che storicamente si è contraddistinto per le violenze inflitte ai migranti. O quando, spalleggiato dal collega Andrea Orlando, proponeva di eliminare un grado di giudizio per le richieste d’asilo. Criticavamo, certo, ma con la consapevolezza che mai nessun governo potesse fare peggio del governo Berlusconi in materia migratoria.
Poi è arrivato Minniti, a farci rimpiangere la genuina incoscienza e spavalderia di Alfano, spesso inutile all’atto pratico. Ed è così che nel giro di poche settimane ci ritroviamo con:
- Accordo con la Libia come ai tempi di Berlusconi, condannando chi scappa da guerre, persecuzioni e sofferenze a: guerre, persecuzioni e sofferenze;
- Riapertura dei CIE, strutture che ai tempi di Berlusconi il centrosinistra aveva sempre criticato. Ma ora gli cambiamo nome, non più CIE ma CPR, e allora tutt’appost;
- Eliminazione di un grado di giudizio per le richieste d’asilo, negandolo perciò specificatamente a una categoria di persone che dovrebbe avere gli stessi diritti costituzionali di tutti;
- Negoziazione di accordi di rimpatrio con paesi non così sicuri e democratici, diciamo.
Il paradosso per cui un ministro di sinistra fa cose più di destra di un ministro di destra è indicativo, per l’ennesima volta, del mutamento genetico che questa legislatura ha imposto non solo al Partito Democratico, ma a gran parte dell’intero scenario politico italiano. Siamo tutti in attesa della travolgente cavalcata con la quale Giuliano Pisapia cambierà tutto ciò (forte di nessuna proposta: cosa pensa Pisapia del piano Minniti, ad esempio?), ma se per cacciare Alfano ci ritroviamo Minniti, beh, forse era meglio tenersi l’originale.