Ciro Immobile a sostegno del ddl Zan: qualcosa si muove nel mondo del calcio?

Com’è possibile che nel mondo del calcio non esistano persone gay? Questo succede perché fare coming out è ancora un tabù nel calcio maschile. Per questa ragione la notizia che Ciro Immobile si sia espresso a favore del DDL Zan durante un’intervista per Vanity Fair è di fondamentale importanza.

di Ric­car­do Scarafiocca

Com’è pos­si­bi­le che nel mon­do del cal­cio non esi­sta­no per­so­ne gay? Que­sto suc­ce­de per­ché fare coming out è anco­ra un tabù nel cal­cio maschi­le. Per que­sta ragio­ne la noti­zia che Ciro Immo­bi­le si sia espres­so a favo­re del DDL Zan duran­te un’intervista per Vani­ty Fair è di fon­da­men­ta­le impor­tan­za, poi­ché si trat­ta di un famo­so cal­cia­to­re anco­ra in atti­vi­tà che pren­de aper­ta­men­te posi­zio­ne a soste­gno del­la comu­ni­tà LGBTQIA+ e que­sto rap­pre­sen­ta un pri­mo segna­le che qual­co­sa nel mon­do del cal­cio sta final­men­te cambiando.

Immo­bi­le, però, non è l’unico cal­cia­to­re ita­lia­no che sostie­ne le bat­ta­glie del­la comu­ni­tà LGBTQIA+: anche Clau­dio Mar­chi­sio si è espres­so negli anni scor­si a favo­re del matri­mo­nio egua­li­ta­rio e quest’anno ha par­te­ci­pa­to alla cam­pa­gna nazio­na­le con­tro l’omolesbobitransfobia del­la rete READY. Pur­trop­po sono anco­ra casi iso­la­ti, infat­ti, basti pen­sa­re che in Ita­lia il Caglia­ri è sta­to l’unico club di Serie A a scen­de­re in cam­po con i colo­ri arco­ba­le­no per dire basta all’omolesbobitransfobia nel cal­cio il 17 mag­gio scor­so duran­te la Gior­na­ta inter­na­zio­na­le con­tro l’omotransfobia. Que­sta tota­le man­can­za di sup­por­to da par­te dei club ita­lia­ni più bla­so­na­ti è com­pen­sa­ta dal­la pre­sen­za di squa­dre di cal­cio ama­to­ria­le com­ple­ta­men­te inclu­si­ve dove la diver­si­ty è vista come un valo­re aggiun­to e non un peri­co­lo, come i Romei o la Phoe­nix a Roma e gli Outsi­ders a Mila­no, tut­te squa­dre gay e inclusive.

Nel cor­so degli anni ci sono sta­ti spo­ra­di­ci coming out come quel­li del­lo sta­tu­ni­ten­se Rob­bie Rogers, del­lo sve­de­se Anton Hysén e l’italiano Rosa­rio Coco, che è anche il fon­da­to­re del­la squa­dra gay di cal­cio a 5 Lupi Roma Outsport.

Attual­men­te chi fa coming out o non gio­ca più o sta in cam­pio­na­ti mino­ri. Il cal­cio pro­fes­sio­ni­sti­co dei gran­di club non è anco­ra pron­to, ma la cosa che è anco­ra più pre­oc­cu­pan­te è che tut­ti fan­no fin­ta di nien­te e nes­su­no ne par­la, igno­ran­do in que­sto modo la sof­fe­ren­za di chis­sà quan­ti gio­ca­to­ri costret­ti a vive­re la loro ses­sua­li­tà di nasco­sto qua­si fos­se una col­pa, come se ama­re un altro uomo fos­se banal­men­te una scel­ta sbagliata. 

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Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.