Governo, Civati: Salvini liberi la sedia, è buonsenso minimo

Le dimis­sio­ni di Sal­vi­ni sono il mini­mo sin­da­ca­le di buon­sen­so in que­sta deli­ran­te ‘non cri­si di gover­no’ esti­va, che for­se doma­ni sarà uffi­cia­liz­za­ta al Sena­to. Il com­por­ta­men­to di Sal­vi­ni sta andan­do oltre la pan­to­mi­ma: è a tut­ti gli effet­ti vice­pre­si­den­te e mini­stro del­l’In­ter­no di un ese­cu­ti­vo che vuo­le sfi­du­cia­re. O alme­no così dice­va l’8 ago­sto, giran­do di spiag­gia in spiag­gia. Ora, chis­sà, non si capi­sce mol­to. Una cosa, però, è cer­ta: non vuo­le libe­ra­re la sedia del Vimi­na­le su cui peral­tro è sta­to sedu­to poche vol­te, giu­sto il tem­po di qual­che diret­ta Face­book, visto che nei mesi tra­scor­si al gover­no ha por­ta­to avan­ti un’in­ter­mi­na­bi­le cam­pa­gna elet­to­ra­le”. Lo dichia­ra Giu­sep­pe Civa­ti, fon­da­to­re di Pos­si­bi­le, alla vigi­lia del­le comu­ni­ca­zio­ni del pre­si­den­te del Con­si­glio, Giu­sep­pe Con­te, al Senato.

“Insom­ma — aggiun­ge Civa­ti — Sal­vi­ni ci rispar­mi altre 24 ore del suo show di pes­si­ma qua­li­tà: pri­ma del­l’in­ter­ven­to di Con­te al Sena­to, ras­se­gni le dimis­sio­ni. Tra l’al­tro di moti­vi per far­lo ce ne sono mol­ti, dal­la gestio­ne disu­ma­na del­le poli­ti­che sul­l’im­mi­gra­zio­ne alla fuga del­l’in­chie­sta sul­la Diciot­ti, sen­za tace­re del­la reti­cen­za su cosa abbia fat­to il 17 otto­bre del­lo scor­so anno a Mosca. A que­ste più che vali­de ragio­ni se ne aggiun­ge un’al­tra: la sfi­du­cia, con tan­to di mozio­ne pre­sen­ta­ta dal­la sua Lega al Sena­to, ver­so il gover­no di cui fa par­te”.

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500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

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La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.