Clausole IVA, un dito puntato contro il futuro

Sarà dif­fi­ci­le scon­giu­ra­re l’aumento del­le clau­so­le IVA, dice il pre­si­den­te del Con­si­glio, Con­te. È come se aves­se appe­na sco­per­to che la Ter­ra non è piat­ta.

Ma i suoi vice-pre­mier stan­no gio­can­do in cor­ti­le. Uno dei due ha nuo­va­men­te evo­ca­to il supe­ra­men­to del rap­por­to del 3% tra defi­cit e PIL. Ogni vol­ta che apre boc­ca cau­sa note­vo­li scon­quas­si sui con­ti pub­bli­ci. Più sale lo spread, più sale la spe­sa per inte­res­si sul debi­to pub­bli­co (che quest’anno toc­ca i 303 miliar­di di euro, +1,1% rispet­to al 2018), più scen­do­no le pro­spet­ti­ve di un risa­na­men­to di que­sto pae­se.

La Leg­ge di Bilan­cio 2019 ha paga­to il dazio del­le neces­si­tà pro­pa­gan­di­sti­che ed elet­to­ra­li dei due vice-pre­mier le cui pro­po­ste — pur dimez­za­te rispet­to alle pro­mes­se — sono sta­te appro­va­te facen­do mag­gio­re defi­cit. L’equilibrio nei con­ti è sta­to tro­va­to solo con un ‘paghe­rò’ (anzi, un ‘paghe­ran­no’, gli altri, noi cit­ta­di­ni), con nuo­ve ed ingen­ti clau­so­le di sal­va­guar­dia che ammon­ta­no a 23 miliar­di di euro di aumen­ti dell’IVA e del­le accise.
Un dito pun­ta­to con­tro il futu­ro di que­sto paese.

Gli aumen­ti col­pi­ran­no a stra­sci­co, spe­cial­men­te chi può affron­ta­re il caro vita con meno spen­sie­ra­tez­za. I due vice-pre­mier non se lo imma­gi­na­no nean­che il gelo che pro­dur­ran­no le mag­gio­ri ali­quo­te IVA sugli acqui­sti di car­ne, pesce, ener­gia elet­tri­ca per uso dome­sti­co, gas meta­no per uso dome­sti­co, abbi­glia­men­to. Altro che cre­sci­ta.

Con­te, però, sta stu­dian­do. Sta «stu­dian­do una pro­fon­da azio­ne di spen­ding review, che rior­di­ni la giun­gla di tax expen­di­tu­res». Sape­te cosa signi­fi­ca? Mino­ri detra­zio­ni e mino­ri dedu­zio­ni, quin­di mag­gior pre­lie­vo fisca­le, che è diver­so da una revi­sio­ne del­la spe­sa come inve­ce fareb­be sup­por­re l’uso del ter­mi­ne ‘spen­ding review’. Cer­ta­men­te le tax expen­di­tu­res sono tan­te e tali da met­te­re in cri­si la stes­sa resi­dua strut­tu­ra del­la pro­gres­si­vi­tà fisca­le che la nostra impo­sta sul red­di­to pos­sie­de. Pec­ca­to anco­ra una vol­ta non sen­tir par­la­re di mag­gio­re pro­gres­si­vi­tà, di recu­pe­ro dell’evasione: sareb­be un pas­so obbli­ga­to, nel­le con­di­zio­ni in cui ver­sa il pae­se. Eppu­re si navi­ga a vista, sen­za scor­ge­re l’iceberg dinan­zi a noi.

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