Colleferro, una storia di rifiuti, malaffare e veleni

È la sera del 9 mag­gio: Vir­gi­nia Rag­gi, sin­da­ca di Roma, è ospi­te a “Por­ta a Porta”.

Bru­no Vespa la incal­za sul­la que­stio­ne dei rifiu­ti, le chie­de di illu­stra­re le solu­zio­ni che il Comu­ne di Roma inten­de met­te­re in cam­po per usci­re dal­la cri­si che ha lascia­to immon­di­zia abban­do­na­ta per le stra­de del­le Capitale.

E Vir­gi­nia Rag­gi rispon­de: “A bre­vis­si­mo [ter­mi­ne] qual è la solu­zio­ne? La solu­zio­ne è che la Regio­ne Lazio sbloc­chi tut­te le auto­riz­za­zio­ni che ha già in pie­di. […] C’è già una disca­ri­ca, a Col­le­fer­ro, che è di pro­prie­tà sostan­zial­men­te del­la Regio­ne. La Regio­ne potreb­be con­ti­nua­re lì.

Poco più di un mese dopo, l’annuncio: l’inceneritore di Col­le­fer­ro sarà rimes­so a nuo­vo e sal­ve­rà Roma dall’emergenza, bru­cian­do fino a 220’000 ton­nel­la­te di rifiu­ti pro­ve­nien­ti dal­la Capi­ta­le, gra­zie ad un inve­sti­men­to di 2,5 milio­ni di euro.

Col­le­fer­ro è una cit­ta­di­na di 25mila abi­tan­ti in pro­vin­cia di Roma, a cir­ca 60 chi­lo­me­tri dal­la Capi­ta­le. Un luo­go sco­no­sciu­to, qua­si vir­tua­le, per gli spet­ta­to­ri di Rai Uno e per i let­to­ri dei vari quo­ti­dia­ni, che pren­de sostan­za esclu­si­va­men­te all’interno del discor­so del­la sin­da­ca o dei tra­fi­let­ti giornalistici.
Col­le­fer­ro rap­pre­sen­ta per la Rag­gi un’autentica man­na dal cie­lo: una solu­zio­ne loca­le e mol­to più a buon mer­ca­to rispet­to all’invio di tre­ni e tre­ni di “mon­nez­za” oltre con­fi­ne; la pos­si­bi­li­tà di usci­re dal fuo­co incro­cia­to e spe­gne­re i riflet­to­ri che da tem­po sono pun­ta­ti sul­la giun­ta capitolina.

Eppu­re la “solu­zio­ne Col­le­fer­ro” non è cer­to una novi­tà: sono ormai 25 anni che la cit­ta­di­na è inse­ri­ta a pie­no tito­lo nel busi­ness lazia­le dei rifiu­ti. Col­le­fer­ro, infat­ti, van­ta ben due impian­ti di ince­ne­ri­men­to e un’enorme disca­ri­ca, secon­da solo a Mala­grot­ta in ter­mi­ni di volume.

I cit­ta­di­ni di Col­le­fer­ro e del­la Val­le del Sac­co, però, sono stanchi.
La sto­ria del­la “solu­zio­ne Col­le­fer­ro” è costel­la­ta di disa­stri ambien­ta­li, eco­no­mi­ci e sanitari.

È una sto­ria che va rac­con­ta­ta, per com­pren­de­re a pie­no l’irrazionalità e il cini­smo di chi oggi pro­po­ne di risol­ve­re in pro­vin­cia i pro­ble­mi di Roma.
È una sto­ria che va let­ta, per poter par­te­ci­pa­re in pie­na coscien­za alla mani­fe­sta­zio­ne del pros­si­mo 8 luglio 2017.

Col­le­fer­ro è una cit­tà nata appe­na un cen­ti­na­io di anni fa, che ha cam­bia­to pel­le più e più vol­te. L’ultima tra­sfor­ma­zio­ne, quel­la che met­te oggi Col­le­fer­ro al cen­tro del­la con­te­sa tra Regio­ne e Comu­ne di Roma, risa­le agli ini­zi degli anni ‘90.
Ripar­tia­mo da lì.

Gli anni ’90: nasce la disca­ri­ca di Col­le Fagiolara

Rico­strui­re con pre­ci­sio­ne gli avve­ni­men­ti (e le respon­sa­bi­li­tà) lega­ti alle pri­me fasi del­la disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra non è sem­pli­ce: i docu­men­ti sono dif­fi­ci­li da repe­ri­re e ci sareb­be la neces­si­tà di impe­gnar­si in lun­ghe ricer­che d’archivio (gior­na­li, vec­chie deli­be­re, ecc.).

Ai fini di que­sta rico­stru­zio­ne, tut­ta­via, è suf­fi­cien­te richia­ma­re alcu­ni pun­ti fon­da­men­ta­li: Col­le Fagio­la­ra è un’area sita ai mar­gi­ni del Comu­ne di Col­le­fer­ro che, agli ini­zi degli anni ’90, risul­ta ospi­ta­re una cer­ta quan­ti­tà di rifiu­ti soli­di urba­ni con­fe­ri­ti in modo abusivo.

Il sito va boni­fi­ca­to: i rifiu­ti pre­sen­ti ven­go­no estrat­ti e, anzi­ché con­fe­rir­li pres­so una del­le disca­ri­che atti­ve all’epoca, si sce­glie di ren­de­re Col­le Fagio­la­ra stes­so ido­neo al con­fe­ri­men­to, pre­pa­ran­do il fon­do dell’invaso ad ospi­ta­re quel­la mode­sta quan­ti­tà di rifiu­ti. L’intenzione fina­le era di tumu­la­re il tut­to, come se si trat­tas­se di una disca­ri­ca legit­ti­ma che ha esau­ri­to la pro­pria volu­me­tria, e di lasciar­si alle spal­le l’incidente sen­za dover affron­ta­re spe­se proibitive.

Que­ste ope­ra­zio­ni, stan­do a quan­to si è riu­sci­ti a rico­strui­re, pren­do­no il via duran­te i sei mesi di ammi­ni­stra­zio­ne pre­fet­ti­zia del 1993, segui­ti allo scio­gli­men­to anti­ci­pa­to dell’amministrazione Cola­buc­ci (Demo­cra­zia Cristiana).

Il gros­so del pro­get­to, tut­ta­via, si svol­ge duran­te la pri­ma ammi­ni­stra­zio­ne Moffa.

Vale la pena di dedi­ca­re alla sua figu­ra un paio di pen­nel­la­te velo­ci, vista la cen­tra­li­tà che rico­pre in que­sto tri­ste capi­to­lo di sto­ria col­le­fer­ri­na: Sil­va­no Mof­fa è un gio­va­ne espo­nen­te del­la destra socia­le, impe­gna­to pri­ma nel Movi­men­to Socia­le Ita­lia­no e poi in Allean­za Nazio­na­le, con una sto­ria per­so­na­le a metà tra il gior­na­li­smo e il partito.

Si can­di­da a Sin­da­co di Col­le­fer­ro soste­nu­to da una sola lista civi­ca, “Aria Nuo­va”, e con­qui­sta al pri­mo tur­no il 22,5% dei voti. La sua avver­sa­ria è Ros­sel­la Meni­chel­li, soste­nu­ta dal Par­ti­to Demo­cra­ti­co del­la Sini­stra e da una lista civi­ca, che si aggiu­di­ca il 35,97% dei voti al pri­mo tur­no. Ma sia­mo in pie­na tem­pe­sta Tan­gen­to­po­li e la figu­ra di Sil­va­no Mof­fa, appe­na qua­ran­ten­ne, sem­bra indi­ca­re la stra­da per una svol­ta in una dire­zio­ne ine­splo­ra­ta: strap­pa la vit­to­ria al bal­lot­tag­gio con il 51,09% dei voti; ini­zia per Col­le­fer­ro il ven­ten­nio di gover­no del­le destre.

È pro­prio Mof­fa che sce­glie di dare un nuo­vo indi­riz­zo alla disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra. I lavo­ri di mes­sa in sicu­rez­za ter­mi­na­no nel 1995, ma l’invaso non vie­ne rico­per­to: il Comu­ne di Col­le­fer­ro ini­zia ad uti­liz­zar­la come sito di smal­ti­men­to dei pro­pri rifiu­ti soli­di urbani.

Il fine è chia­ro: rispar­mia­re sui costi di con­fe­ri­men­to, gesten­do in modo auto­no­mo i rifiu­ti pro­dot­ti sul ter­ri­to­rio comu­na­le. Una stra­te­gia di per sé com­pren­si­bi­le, a trat­ti condivisibile.
Se non fos­se che il sal­to dal rispar­mio al gua­da­gno è bre­vis­si­mo: nel 1997 la pos­si­bi­li­tà di con­fe­ri­re a Col­le Fagio­la­ra vie­ne este­sa anche ad alcu­ni comu­ni limi­tro­fi (Arte­na, Val­mon­to­ne, ecc.), garan­ten­do al Comu­ne di Col­le­fer­ro entra­te con­si­sten­ti dal­la tas­sa di con­fe­ri­men­to in discarica.

La rot­ta è defi­ni­ta con chia­rez­za in alcu­ni arti­co­li dell’epoca: Col­le­fer­ro deve entra­re a pie­no tito­lo nel busi­ness dei rifiu­ti, sfrut­tan­do a suo van­tag­gio il caos crea­to dal­le ina­dem­pien­ze del­la Regio­ne Lazio – cer­te vol­te, è pro­prio il caso di dir­lo, l’attualità è vintage!

I rega­li del nuo­vo mil­len­nio: i due inceneritori

Nel­la pri­ma­ve­ra del 1997 Sil­va­no Mof­fa ter­mi­na il suo pri­mo man­da­to e si rican­di­da a sin­da­co di Col­le­fer­ro: vie­ne ricon­fer­ma­to, con il 66,5% dei con­sen­si. Un trion­fo net­to, indiscutibile.
Una vit­to­ria che ren­de la sua figu­ra più che appe­ti­bi­le per il cen­tro­de­stra regio­na­le: l’anno suc­ces­si­vo, il 1998, vede Sil­va­no Mof­fa can­di­dar­si alla Pre­si­den­za del­la Pro­vin­cia di Roma.
Anco­ra una vit­to­ria, seb­be­ne più risi­ca­ta: si impo­ne con il 51,1% dei voti.

È pro­prio nel 1998 che Mof­fa, figu­ra poli­ti­ca in pie­na asce­sa, con­ce­pi­sce il nuo­vo gran­de pro­get­to: costrui­re un impian­to per l’incenerimento dei rifiu­ti nel ter­ri­to­rio del Comu­ne di Colleferro.

Non un’imposizione dall’alto, per­tan­to, ma una scel­ta più e più vol­te riven­di­ca­ta dall’allora ammi­ni­stra­zio­ne comu­na­le: Mof­fa vuo­le gli ince­ne­ri­to­ri e si spen­de in pri­ma per­so­na, sia come Sin­da­co sia come Pre­si­den­te del­la Pro­vin­cia, per assi­cu­rar­si che il pro­get­to vada in porto.

Gli ince­ne­ri­to­ri ven­go­no pre­sen­ta­ti alla cit­ta­di­nan­za come il futu­ro, la nuo­va fron­tie­ra nel­la gestio­ne dei rifiu­ti: un busi­ness che ave­va già frut­ta­to mol­to a Col­le­fer­ro in ter­mi­ni sia occu­pa­zio­na­li che eco­no­mi­ci. Si affer­ma, addi­rit­tu­ra, che i nuo­vi impian­ti avreb­be­ro rapi­da­men­te sop­pian­ta­to la vec­chia disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra, che sareb­be anda­ta incon­tro alla chiu­su­ra nel giro di pochi anni: un’illusione, se non una sfac­cia­ta menzogna.

Il pro­get­to di costru­zio­ne dell’impianto vie­ne appro­va­to in pri­ma bat­tu­ta dal­la Pro­vin­cia di Roma e dal­la Regio­ne Lazio, allo­ra pre­sie­du­ta da Pie­ro Bado­lo­ni (Uli­vo), e vie­ne suc­ces­si­va­men­te indet­ta una con­fe­ren­za dei ser­vi­zi da par­te del Mini­ste­ro dell’industria, a cui pren­do­no par­te gli enti interessati.
Il Comu­ne di Col­le­fer­ro è chia­ma­to ad espri­mer­si e l’amministrazione Mof­fa chie­de all’Azienda Sani­ta­ria Loca­le di com­pe­ten­za (ASL RM/G) di pro­dur­re un pare­re a proposito.

La ASL RM/G rispon­de nel feb­bra­io del 1999: «si ritie­ne inop­por­tu­no l’installazione di ulte­rio­ri fon­ti di inqui­na­men­to che pos­sa­no aggra­va­re la già cri­ti­ca situa­zio­ne del­l’a­rea di Col­le­fer­ro Scalo».

Il sito indi­vi­dua­to per la rea­liz­za­zio­ne degli impian­ti, infat­ti, «è ubi­ca­to vici­no ad un agglo­me­ra­to urba­no che per la rela­ti­va distan­za dal cen­tro di Col­le­fer­ro, l’im­me­dia­ta vici­nan­za alla sta­zio­ne fer­ro­via­ria e la con­ti­gui­tà con gli impian­ti del­la Socie­tà Indu­stria Chi­mi­ca Caf­fa­ro, Bdp Dife­sa e Spa­zio ed Ital­ce­men­ti risul­ta esse­re già pena­liz­za­to da un pun­to di vista ambien­ta­le e socia­le» e che «l’a­rea indi­vi­dua­ta per la rea­liz­za­zio­ne di un impian­to […] è con­fi­nan­te con este­se aree uti­liz­za­te per decen­ni come disca­ri­ca incon­trol­la­ta di rifiu­ti industriali».

Eppu­re, l’11 mag­gio 1999, il Comu­ne di Col­le­fer­ro si espri­me a favo­re del­la costru­zio­ne dei due impian­ti igno­ran­do il pare­re espres­so dall’autorità sanitaria.

Un pare­re che rima­ne “nel cas­set­to” dell’Amministrazione Mof­fa e che diven­ta di pub­bli­co domi­nio solo suc­ces­si­va­men­te, men­tre il quar­tie­re inte­res­sa­to dal­la costru­zio­ne degli impian­ti ini­zia una sta­gio­ne di for­te mobilitazione.

Nel­la cit­ta­di­nan­za la coscien­za ambien­ta­li­sta lan­gue, i rischi dell’incenerimento non sono anco­ra noti all’opinione pub­bli­ca: le pro­te­ste si rive­la­no inef­fi­ca­ci e i due ince­ne­ri­to­ri entra­no in fun­zio­ne a caval­lo tra il dicem­bre 2002 e il giu­gno 2003.

Un brut­to risve­glio: l’eredità indu­stria­le, pri­ma o poi, tor­na a galla

Pri­ma­ve­ra del 2005: un con­trol­lo a cam­pio­ne rive­la che il lat­te pro­dot­to in una fat­to­ria di Gavi­gna­no, un pic­co­lo comu­ne a ridos­so di Col­le­fer­ro, è con­ta­mi­na­to da sostan­ze tossiche.

Beta-esa­clo­ro­ci­cloe­sa­no, per la pre­ci­sio­ne: un resi­duo del­la pro­du­zio­ne del lin­da­no, un inset­ti­ci­da abba­stan­za popo­la­re in agri­col­tu­ra fino alla fine degli anni ‘70, che veni­va pro­dot­to dal­le indu­strie chi­mi­che di Colleferro.

Alcu­ni fusti con­te­nen­ti scar­ti indu­stria­li era­no sta­ti inter­ra­ti nel­la cam­pa­gna col­le­fer­ri­na e, anni e anni dopo, ave­va­no fini­to per con­ta­mi­na­re il suo­lo cir­co­stan­te, per poi rag­giun­ge­re il fiu­me e dif­fon­der­si in tut­ta la Val­le del Sacco.
Una con­ta­mi­na­zio­ne su vastis­si­ma sca­la, che ha risa­li­to tut­ti gli anel­li del­la cate­na ali­men­ta­re, fino all’uomo: ven­go­no effet­tua­te del­le ana­li­si del san­gue su un cam­pio­ne di 246 cit­ta­di­ni e in ben 137 di loro si rile­va­no trac­ce del peri­co­lo­so com­po­sto chi­mi­co in una quan­ti­tà supe­rio­re ai limi­ti di leg­ge. Una per­cen­tua­le che è sta­ta poi con­fer­ma­ta da uno stu­dio più este­so su cir­ca 800 individui.

È la pro­ver­bia­le goc­cia che fa tra­boc­ca­re il vaso: era sen­ti­men­to comu­ne che Col­le­fer­ro fos­se una cit­ta­di­na inqui­na­ta, che i mol­ti anni di pie­na occu­pa­zio­ne garan­ti­ti dal for­te svi­lup­po indu­stria­le aves­se­ro lascia­to una pesan­te ere­di­tà ambien­ta­le ma ritro­var­si trac­ce di quel­le pro­du­zio­ni nel san­gue, cer­ti­fi­ca­te dal­le ana­li­si del­le auto­ri­tà sani­ta­rie, si rive­la uno shock. Un bru­sco risve­glio, per così dire.

È pro­prio in que­sto fran­gen­te che in cit­tà ini­zia a intra­ve­der­si la for­ma­zio­ne di una coscien­za ambien­ta­li­sta, di una rea­zio­ne: le scuo­le supe­rio­ri di Col­le­fer­ro ini­zia­no a mobi­li­tar­si nell’autunno del­lo stes­so anno, il 2005, e si chie­de a gran voce un’indagine su ampia sca­la per veri­fi­ca­re l’entità del dan­no sani­ta­rio, tem­pi cer­ti per la boni­fi­ca e la pos­si­bi­li­tà di segui­re pas­so pas­so lo sta­to dei lavo­ri di risa­na­men­to. Il 23 novem­bre 2005 nasce il movi­men­to stu­den­te­sco che, nel 2007, darà vita all’Unione Gio­va­ni Indi­pen­den­ti, un’associazione gio­va­ni­le che incon­tre­re­mo anco­ra più e più vol­te in que­sto memo­ran­dum dei veleni.

Le ini­zia­ti­ve di sen­si­bi­liz­za­zio­ne del­la popo­la­zio­ne si sus­se­guo­no, così come altre mani­fe­sta­zio­ni, incon­tri e peti­zio­ni. Qual­che anno più tar­di, nel 2008, nasce anche ReTu­Va­Sa, la Rete per la Tute­la del­la Val­le del Sac­co, un’altra asso­cia­zio­ne che si ren­de­rà pro­ta­go­ni­sta del movi­men­to ambien­ta­li­sta sul ter­ri­to­rio del­la Val­le del Sacco.

Il ger­me ambien­ta­li­sta nasce a Col­le­fer­ro in rispo­sta alla con­ta­mi­na­zio­ne indu­stria­le, ma ai mili­tan­ti non sfug­ge l’analogia tra l’industria chi­mi­ca degli anni ‘80 e il busi­ness dei rifiu­ti in moto dai pri­mi anni ‘90. Non ci sono anco­ra i dati, ven­go­no bol­la­ti come “allar­mi­sti”, ma la pre­oc­cu­pa­zio­ne in cit­tà cre­sce, len­ta ma inesorabile.
Non biso­gna aspet­ta­re mol­to per ave­re le pri­me conferme.

Traf­fi­co ille­ci­to di rifiu­ti: il seque­stro degli ince­ne­ri­to­ri nel 2009

Nel­la not­te dell’8 mar­zo 2009 gli ince­ne­ri­to­ri di Col­le­fer­ro ven­go­no seque­stra­ti dal Nucleo Ope­ra­ti­vo Eco­lo­gi­co (Noe) dei Cara­bi­nie­ri di Roma. Tre­di­ci per­so­ne fini­sco­no in manette.

Tra i prin­ci­pa­li capi d’accusa tro­via­mo: asso­cia­zio­ne per delin­que­re, mano­mis­sio­ne dei dati sul­le emis­sio­ni in atmo­sfe­ra, fal­si­fi­ca­zio­ne dei cer­ti­fi­ca­ti, traf­fi­co ille­ci­to di rifiu­ti tossici.
Le inter­cet­ta­zio­ni lascia­no poco spa­zio all’immaginazione: negli ince­ne­ri­to­ri di Col­le­fer­ro si bru­cia­va di tut­to — pic­co­li radia­to­ri, tubi di rame, fili metal­li­ci, bat­te­rie, mate­ria­le cera­mi­co, pneu­ma­ti­ci e eter­nit (!) — men­tre i dati sul­le emis­sio­ni veni­va­no siste­ma­ti­ca­men­te mano­mes­si e i lavo­ra­to­ri vive­va­no in una situa­zio­ne di ricat­to permanente.
Ecco alcu­ni stral­ci del­le con­ver­sa­zio­ni regi­stra­te dagli inquirenti:

È arri­va­to quel­lo (il cari­co ndr.) di via Sala­ria (impian­to Ama di pre­pa­ra­zio­ne del com­bu­sti­bi­le ndr.), l’hai sapu­to? E ci stan­no pure gom­me del­le mac­chi­ne inte­re eh…”

Eh sì, mi devi sta attento”.

Ope­ra­io: «Ma que­sta è roba tossica…».
Diri­gen­te: «Vale­rià… non mi sta’ a rom­pe’… Lo vuoi fa’…? Se no lasci per­de e lo fac­cio fare a un altro»

Dipen­den­te: «Dot­to­rè… non è roba buo­na… L’ha vista la chiamata?»

Diri­gen­te: «Lo so, non fa nien­te. Se mesco­la se bru­cia… Punto!»

Il pro­ces­so è anco­ra in cor­so, a qua­si die­ci anni di distan­za, e meri­te­reb­be un rac­con­to a sé stan­te. Vale la pena men­zio­na­re che ad oggi, nel 2017, alcu­ni dei diri­gen­ti coin­vol­ti in que­ste inter­cet­ta­zio­ni lavo­ra­no anco­ra negli impian­ti di ince­ne­ri­men­to e nel set­to­re dei rifiu­ti, come se nul­la fos­se successo.

Tor­nan­do al pun­to, gli impian­ti ripren­do­no a lavo­ra­re nel giro di un paio di mesi per garan­ti­re la con­ti­nui­tà del ser­vi­zio, ma la fidu­cia del­la cit­ta­di­nan­za in una cor­ret­ta gestio­ne degli ince­ne­ri­to­ri è defi­ni­ti­va­men­te com­pro­mes­sa. Il cen­tro­de­stra e una por­zio­ne del cen­tro­si­ni­stra con­ti­nua­no a difen­de­re la scel­ta dell’incenerimento e la bon­tà degli impian­ti, sca­ri­can­do le col­pe su un “mero” pro­ble­ma di dirigenza.
Nono­stan­te que­sto le voci dei comi­ta­ti ambien­ta­li­sti ini­zia­no a gua­da­gna­re cre­di­to e in alcu­ni set­to­ri del­la popo­la­zio­ne pene­tra l’idea che un’altra gestio­ne dei rifiu­ti è pos­si­bi­le: un’economia cir­co­la­re, che non abbia al cen­tro disca­ri­che e ince­ne­ri­to­ri, capa­ce di garan­ti­re i ser­vi­zi sen­za met­te­re a rischio la salu­te dei cittadini.

Men­tre i cit­ta­di­ni si orga­niz­za­no, tut­ta­via, lo sce­na­rio con­ti­nua ad evol­ver­si (in sen­so nega­ti­vo): nel 2008 il pia­no rifiu­ti regio­na­le del­la giun­ta Mar­raz­zo aumen­ta ad un milio­ne e mez­zo di metri cubi il volu­me di rifiu­ti che può acco­glie­re la disca­ri­ca di Col­le Fagiolara.
Col­le­fer­ro può van­ta­re la secon­da disca­ri­ca più impor­tan­te del Lazio, subi­to dopo Malagrotta.

Arri­va­no i pri­mi dati sani­ta­ri e il fron­te del­la pro­te­sta si allarga

Nel dicem­bre del 2011 vie­ne pub­bli­ca­to lo stu­dio S.E.N.T.I.E.R.I. (Sor­ve­glian­za epi­de­mio­lo­gi­ca di popo­la­zio­ni resi­den­ti in siti con­ta­mi­na­ti) del Mini­ste­ro del­la Salute.
Nel­le con­clu­sio­ni, a pagi­na 51, si affer­ma che “nel […] Baci­no Idro­gra­fi­co del Fiu­me Sac­co si è osser­va­to un ecces­so di mor­ta­li­tà per tut­te le cau­se. È sta­to inol­tre osser­va­to tra gli uomi­ni un ecces­so di mor­ta­li­tà per i tumo­ri, per il tumo­re del­lo sto­ma­co e le malat­tie dell’apparato dige­ren­te, e tra le don­ne per malat­tie dell’apparato cir­co­la­to­rio, men­tre si è osser­va­to un com­ples­si­vo difet­to del­la mor­ta­li­tà per tumo­re tra le don­ne. Gli ecces­si osser­va­ti tra gli uomi­ni per tumo­re del­lo sto­ma­co e per malat­tie dell’apparato dige­ren­te pos­so­no esse­re ricon­du­ci­bi­li a espo­si­zio­ni di tipo occu­pa­zio­na­le.”

Il dito è pun­ta­to sull’eredità indu­stria­le, ma vie­ne mes­so per la pri­ma vol­ta nero su bian­co che a Col­le­fer­ro e negli altri comu­ni del­la Val­le del Sac­co per­si­ste una situa­zio­ne di emer­gen­za sanitaria.

Meno di un mese dopo, il 6 gen­na­io 2012, il Com­mis­sa­rio Dele­ga­to per l’Emergenza Ambien­ta­le (rifiu­ti) del­la Pro­vin­cia di Roma annun­cia di aver rice­vu­to una pro­po­sta di Acea e AMA per la rea­liz­za­zio­ne di un impian­to di Trat­ta­men­to Mec­ca­ni­co Bio­lo­gi­co (TMB) a Castel­lac­cio, un’area all’interno del comu­ne di Palia­no, imme­dia­ta­men­te con­fi­nan­te con Colleferro.
L’impianto in que­stio­ne è pro­get­ta­to per trat­ta­re 300’000 ton­nel­la­te di rifiu­ti l’anno, desti­nan­do­ne par­te all’incenerimento negli impian­ti di Col­le­fer­ro e par­te al con­fe­ri­men­to nell’adiacente disca­ri­ca di Col­le Fagiolara.
L’intento è chia­ris­si­mo: risol­ve­re a Col­le­fer­ro la (peren­ne) emer­gen­za rifiu­ti roma­na – è un ritor­nel­lo che vi ha già stan­ca­to, pro­ba­bil­men­te, eppu­re è la real­tà quo­ti­dia­na del­la Val­le del Sac­co degli ulti­mi 15 anni, ripe­tu­ta fino alla nausea.

Le dimen­sio­ni dell’impianto sono impres­sio­nan­ti e il rischio di tra­sfor­ma­re defi­ni­ti­va­men­te Col­le­fer­ro e din­tor­ni nel­la disca­ri­ca del­la capi­ta­le per il pros­si­mo decen­nio è sot­to gli occhi di tutti.

Tut­te le real­tà ambien­ta­li­ste e civi­che del­la Val­le del Sac­co si riu­ni­sco­no in un coor­di­na­men­to e con­vo­ca­no per il 6 otto­bre 2012 una gran­de mani­fe­sta­zio­ne a Col­le­fer­ro, dal tito­lo “E tu, sei uno zero?” (6/10, la data del corteo).
Si chie­de ai cit­ta­di­ni uno scat­to di digni­tà, una rea­zio­ne di fron­te all’ennesimo sopru­so, all’ennesima vio­la­zio­ne del dirit­to alla salu­te, del dirit­to ad un futu­ro diver­so per sé e per il pro­prio territorio.

La rispo­sta del­la popo­la­zio­ne è tra­vol­gen­te: più di quat­tro­mi­la per­so­ne han­no par­te­ci­pa­to al cor­teo al gri­do di “que­sta Val­le non si ven­de, que­sta Val­le si difen­de”“chi non ha il corag­gio di ribel­lar­si non ha il dirit­to di lamen­tar­si” e “voglia­mo lavo­ra­re sen­za far­ci avvelenare”.
Cit­ta­di­ni di Col­le­fer­ro, Palia­no, Ana­gni, Sgur­go­la, Labi­co, Val­mon­to­ne, Genaz­za­no, Cec­ca­no, Feren­ti­no, Mon­te­la­ni­co, Segni, Car­pi­ne­to, Ole­va­no, Bel­le­gra, San Vito, Ser­ro­ne, Piglio e mol­ti altri pro­ve­nien­ti anche dal resto del Lazio.
Un mese dopo, il 9 novem­bre 2012, il Dott. Gof­fre­do Sot­ti­le, Com­mis­sa­rio per l’emergenza rifiu­ti nel Lazio, affer­ma in una nota che “ogni ini­zia­ti­va al riguar­do [del TMB] è momen­ta­nea­men­te sospe­sa”.

Una pri­ma gran­de vit­to­ria, anche se il bri­vi­do del trion­fo dura poco: vie­ne pub­bli­ca­to in quei gior­ni lo stu­dio epi­de­mio­lo­gi­co ERAS, rea­liz­za­to Agen­zia Regio­na­le per la Pro­te­zio­ne dell’Ambiente (ARPA) del­la Regio­ne Lazio.
L’Unione Gio­va­ni Indi­pen­den­ti e l’Associazione Mam­me Col­le­fer­ro pre­sen­ta­no i risul­ta­ti alla cit­ta­di­nan­za il 30 novem­bre 2012, in un’aula con­si­lia­re gre­mi­ta – ma non c’è nien­te da festeg­gia­re e lo si capi­sce già dal tito­lo dell’incontro: “I cri­mi­ni con­tro la vita li chia­ma­no errori”.

Dal­le ana­li­si si riscon­tra un peg­gio­ra­men­to del­lo sta­to di salu­te del­la popo­la­zio­ne dopo l’attivazione degli impian­ti di ince­ne­ri­men­to, con pic­chi dram­ma­ti­ci: +79% di rico­ve­ri per malat­tie pol­mo­na­ri cro­ni­co ostrut­ti­ve, +31% per malat­tie dell’apparato respi­ra­to­rio e +78% di infe­zio­ni acu­te dell’apparato respi­ra­to­rio nei bambini.

Per la pri­ma vol­ta il lega­me tra busi­ness dei rifiu­ti e peg­gio­ra­men­to del­la salu­te dei cit­ta­di­ni è scrit­to nero su bian­co, cer­ti­fi­ca­to da un’autorità alle dipen­den­ze del­la stes­sa Regio­ne Lazio.

C’è volu­to del tem­po per dimo­strar­lo, alle auto­ri­tà e alla cit­ta­di­nan­za, ma quei gio­va­not­ti allar­mi­sti ave­va­no ragio­ne da vendere.

Gli attac­chi con­ti­nua­no, la Val­le strin­ge i denti

L’opinione pub­bli­ca è ormai sen­si­bi­le alle tema­ti­che ambien­ta­li, ma non si può abbas­sa­re la guardia.
A ini­zio 2013 l’Italcementi, pre­sen­te a Col­le­fer­ro con un cemen­ti­fi­cio, chie­de alla Regio­ne Lazio l’autorizzazione per bru­cia­re rifiu­ti non peri­co­lo­si come com­bu­sti­bi­le soli­do secon­da­rio, in par­zia­le sosti­tu­zio­ne dei com­bu­sti­bi­li fos­si­li tra­di­zio­na­li, prin­ci­pal­men­te pet­co­ke di petro­lio. Una stra­da resa pos­si­bi­le dal decre­to Cli­ni, uno dei tan­ti rega­li scia­gu­ra­ti dell’allora gover­no Monti.
Le asso­cia­zio­ni pren­do­no in mano le car­te del pro­get­to, ne stu­dia­no le cri­ti­ci­tà e si oppon­go­no in fase di auto­riz­za­zio­ne pre­sen­tan­do del­le osser­va­zio­ni tec­ni­che: il 27 giu­gno 2013 la Regio­ne acco­glie le istan­ze dei comi­ta­ti e sta­bi­li­sce che il pro­get­to deve sot­to­por­si alla pro­ce­du­ra di Valu­ta­zio­ne di Impat­to Ambien­ta­le (V.I.A.). La que­stio­ne, con una serie di svi­lup­pi suc­ces­si­vi, si con­clu­de­rà con il riti­ro del pro­get­to da par­te di Italcementi.

La linea degli ambien­ta­li­sti è chia­ra: oppo­si­zio­ne all’incenerimento, in tut­te le sue for­me e diramazioni.

Nel frat­tem­po si sus­se­guo­no gli inci­den­ti: il 23 giu­gno 2013 si veri­fi­ca un incen­dio pres­so l’impianto di pro­du­zio­ne di CDR (com­bu­sti­bi­le deri­va­to da rifiu­ti) di Palia­no, men­tre il 23 luglio 2013 pren­de fuo­co un nastro tra­spor­ta­to­re pres­so uno dei due ince­ne­ri­to­ri di Colleferro.

La disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra, nel men­tre, è al cen­tro di un con­ten­zio­so in meri­to al con­fe­ri­men­to del rifiu­to non trat­ta­to (cosid­det­to “tal qua­le”), con una pale­se vio­la­zio­ne del­le nor­me euro­pee in mate­ria. La stes­sa disca­ri­ca sarà inte­res­sa­ta da un incen­dio di discre­te pro­por­zio­ni poco tem­po dopo, l’11 giu­gno 2014.

Il 5 mag­gio 2014 l’ennesima bef­fa: a qua­si due anni di distan­za dal­la gran­de mani­fe­sta­zio­ne del 6 otto­bre 2012 la Regio­ne Lazio auto­riz­za l’impianto di Trat­ta­men­to Mec­ca­ni­co Bio­lo­gi­co a Palia­no, con un iter ammi­ni­stra­ti­vo dura­to qua­si quat­tro anni.

Sem­pre nel set­tem­bre del 2014 arri­va un altro pugno sui den­ti per i movi­men­ti ambien­ta­li­sti ita­lia­ni: il decre­to Sbloc­ca Ita­lia, il bigliet­to da visi­ta del Gover­no Ren­zi. Lo Sbloc­ca Ita­lia tra­sfor­ma gli ince­ne­ri­to­ri in “infra­strut­tu­re stra­te­gi­che di pre­mi­nen­te inte­res­se nazio­na­le” e deci­ma a col­pi di mache­te tut­ti i mec­ca­ni­smi di sal­va­guar­dia e gli spa­zi di oppo­si­zio­ne a dispo­si­zio­ne dei cit­ta­di­ni e dei comi­ta­ti, arri­van­do a dimez­za­re i tem­pi per tut­ti i pro­ce­di­men­ti ammi­ni­stra­ti­vi che li riguar­da­no, come l’Autorizzazione Inte­gra­ta Ambien­ta­le (A.I.A.), neces­sa­ria per l’esercizio e la mes­sa in pro­du­zio­ne degli impian­ti di incenerimento.

Il fron­te ambien­ta­li­sta entra nuo­va­men­te in mobi­li­ta­zio­ne, con­vo­can­do una mani­fe­sta­zio­ne per il 29 novem­bre 2014. Non c’è tregua.

Il nuo­vo impian­to di TMB, com­pli­ci anche le dif­fi­col­tà finan­zia­rie di Lazio Ambien­te (socie­tà suben­tra­ta al con­sor­zio Gaia per la gestio­ne dei rifiu­ti), resta su carta.

Ele­zio­ni 2015: il Comu­ne di Col­le­fer­ro cam­bia timoniere

Il Comu­ne di Col­le­fer­ro è sta­to, dal 1993 ai pri­mi anni 2000, il prin­ci­pa­le pro­mo­to­re del busi­ness dei rifiu­ti. Pri­ma con la disca­ri­ca, poi con i due inceneritori.
Da lì in avan­ti, inve­ce, la spin­ta e le deci­sio­ni sono pas­sa­te prin­ci­pal­men­te nel­le mani del­la Regio­ne Lazio e del Comu­ne di Roma, com­pli­ce un pro­gres­si­vo svuo­ta­men­to del­le pre­ro­ga­ti­ve degli enti comu­na­li, ma il Comu­ne di Col­le­fer­ro non ha mai smes­so di soste­ne­re la stra­te­gia di fon­do e non si è mai oppo­sto, in nes­su­na sede, alle poli­ti­che che si vole­va­no met­te­re in cam­po su que­sto territorio.

Nell’inverno del 2015, a cau­sa di dis­si­di poli­ti­ci e per­so­na­li incon­ci­lia­bi­li, cade l’amministrazione di cen­tro­de­stra di Mario Cac­ciot­ti, già alla secon­da consiliatura.

La sfi­da che si pro­fi­la alle ammi­ni­stra­ti­ve ha il sapo­re del­la resa dei con­ti: da un lato Sil­va­no Mof­fa, ritor­na­to a Col­le­fer­ro dopo sva­ria­ti anni pas­sa­ti in Par­la­men­to, dall’altro Pier­lui­gi San­na, un gio­va­nis­si­mo indi­pen­den­te di 27 anni.

Si affron­ta­no due visio­ni e due espe­rien­ze poli­ti­che radi­cal­men­te antitetiche.

Mof­fa è il prin­ci­pa­le respon­sa­bi­le poli­ti­co del­la ricon­ver­sio­ne di Col­le­fer­ro in cit­tà dei rifiu­ti e riven­di­ca con for­za tut­te le scel­te mes­se in cam­po in quel­la dire­zio­ne, impu­tan­do le dif­fi­col­tà solo ad un pro­ble­ma di gestio­ne dell’esistente.

San­na, inve­ce, è uno dei gio­va­ni che nel 2005 ha dato vita, for­za e gam­be al movi­men­to ambien­ta­li­sta; pro­po­ne una radi­ca­le inver­sio­ne di ten­den­za nel­la gestio­ne dei rifiu­ti in cit­tà, avvian­do una rac­col­ta dif­fe­ren­zia­ta por­ta a por­ta spin­ta, con l’obiettivo di chiu­de­re entro la fine del­la con­si­lia­tu­ra la disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra e lavo­ra­re in tut­te le sedi per la chiu­su­ra dei due ince­ne­ri­to­ri (scel­ta che esu­la, pur­trop­po, dal­le com­pe­ten­ze del pri­mo cit­ta­di­no, spe­cie dopo il decre­to Sbloc­ca Italia).

I cit­ta­di­ni sono davan­ti a una scel­ta, inequivocabile.

E l’esito del­le urne non lascia spa­zio a discus­sio­ni: al pri­mo tur­no San­na con­qui­sta il 42,71% dei voti, men­tre Mof­fa si fer­ma al 31,41%; al bal­lot­tag­gio San­na ottie­ne il 69,42% dei con­sen­si – Col­le­fer­ro ha scel­to di vol­ta­re pagina.

Chi ti è nemi­co non dor­me mai

Le sfi­de che la nuo­va ammi­ni­stra­zio­ne si tro­va a fron­teg­gia­re sono nume­ro­se, così come gli osta­co­li lun­go il per­cor­so. Il Comu­ne di Col­le­fer­ro, oltre ad una cri­si ambien­ta­le e sani­ta­ria, si tro­va a dover fron­teg­gia­re una situa­zio­ne debi­to­ria piut­to­sto con­si­sten­te, con il rischio di default dell’ente più con­cre­to che mai.
Par­te del pro­ble­ma è da impu­tar­si pro­prio all’incepparsi del busi­ness dei rifiu­ti: l’aumento del­la per­cen­tua­le di rac­col­ta dif­fe­ren­zia­ta nei comu­ni del com­pren­so­rio ha ridot­to di mol­to la quan­ti­tà di rifiu­ti con­fe­ri­ti nel­la disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra, con il con­se­guen­te calo di una del­le entra­te eco­no­mi­che più signi­fi­ca­ti­ve per il bilan­cio del Comu­ne di Col­le­fer­ro, su cui pog­gia­va la gran par­te degli impe­gni di spe­sa (anche strut­tu­ra­li) – par­lia­mo di qua­si 3 milio­ni di euro, tra risto­ro ambien­ta­le e tas­sa di conferimento.

Sul­la chiu­su­ra del­la disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra, tut­ta­via, pesa un dub­bio atro­ce: chi garan­ti­rà i fon­di neces­sa­ri alla gestio­ne post mortem?
Le disca­ri­che, una vol­ta esau­ri­ta la volu­me­tria dedi­ca­ta al con­fe­ri­men­to dei rifiu­ti, devo­no esse­re mes­se in sicu­rez­za e moni­to­ra­te per un perio­do di tem­po tren­ten­na­le, con tut­ti i costi che que­ste ope­ra­zio­ni com­por­ta­no. È dove­re del gesto­re prov­ve­de­re all’accantonamento, nel tem­po, dei fon­di neces­sa­ri alla gestio­ne suc­ces­si­va alla chiu­su­ra ma, a cau­sa del fal­li­men­to del con­sor­zio Gaia, i sol­di neces­sa­ri a garan­ti­re una mor­te “sere­na” alla disca­ri­ca di Col­le Fagio­la­ra sono spa­ri­ti, se non per i pochi spic­ci mes­si da par­te da Lazio Ambien­te negli ulti­mi anni di gestio­ne. Il Comu­ne di Col­le­fer­ro chie­de garan­zie alla Regio­ne Lazio di Zin­ga­ret­ti, ma per ora non ci sono rispo­ste. L’obiettivo del Comu­ne di Col­le­fer­ro rima­ne la chiu­su­ra nel 2019.

Le pro­spet­ti­ve sono anco­ra più cupe per i due ince­ne­ri­to­ri: da alcu­ni anni, infat­ti, gli impian­ti sono tal­men­te vec­chi e mal­ri­dot­ti da pas­sa­re la mag­gior par­te del tem­po fer­mi e in manu­ten­zio­ne. Si avvi­ci­na il momen­to del­la scel­ta: chiu­der­li, ricon­ver­tir­li o effet­tua­re il cosid­det­to “revam­ping”, ossia inve­sti­re per rimet­te­re gli impian­ti in con­di­zio­ne di bru­cia­re rifiuti.

Il Comu­ne di Col­le­fer­ro e le asso­cia­zio­ni ambien­ta­li­ste chie­do­no la chiu­su­ra o la ricon­ver­sio­ne in un impian­to fun­zio­na­le alla stra­te­gia rifiu­ti zero.
La Regio­ne Lazio, com­pli­ce l’ennesima emer­gen­za di rifiu­ti a Roma (e la chiu­su­ra, qual­che anno fa, del­la disca­ri­ca di Mala­grot­ta), vuo­le il revam­ping degli ince­ne­ri­to­ri. Nel bilan­cio di pre­vi­sio­ne di Lazio Ambien­te per il 2017–2019 la Regio­ne Lazio ha stan­zia­to 12,6 milio­ni di euro per la rica­pi­ta­liz­za­zio­ne del­la socie­tà, di cui 3,5 milio­ni sareb­be­ro desti­na­ti all’inceneritore di pro­prie­tà al 100% di Lazio Ambien­te e altri 3,5 milio­ni per l’inceneritore di EP Siste­mi (par­te­ci­pa­ta da Ama al 40% e da Lazio Ambien­te al 60%).

Il tema, nell’aria da tem­po, ha assun­to straor­di­na­ria con­cre­tez­za lo scor­so 19 giu­gno 2017, quan­do l’assemblea dei soci di EP ha deli­be­ra­to lo stan­zia­men­to di 2,5 milio­ni per il poten­zia­men­to dell’impianto di ince­ne­ri­men­to, in sin­to­nia con gli inten­ti del­la Regio­ne Lazio.

Il revam­ping, oltre a get­ta­re le basi per altri 10 o 20 anni di ince­ne­ri­men­to, suo­na come una pre­sa in giro nei con­fron­ti dei cit­ta­di­ni di Col­le­fer­ro che da un paio di mesi han­no ini­zia­to una rac­col­ta por­ta a por­ta spin­ta, por­tan­do la per­cen­tua­le di dif­fe­ren­zia­ta sopra il 70%, stan­do ai pri­mi dati.

Ora o mai più: 8 luglio 2017

I comi­ta­ti e le asso­cia­zio­ni ambien­ta­li­ste han­no con­vo­ca­to una gior­na­ta di mobi­li­ta­zio­ne per saba­to 8 luglio.

Col­le­fer­ro è davan­ti a un bivio: la scel­ta di far­ne ‘la cit­tà del­la mon­nez­za’ ha deter­mi­na­to 20 anni di pro­gres­si­vo deca­di­men­to, chiu­den­do tut­te le stra­de per uno svi­lup­po alternativo.

Nuo­ve stra­de si devo­no apri­re, ma le vec­chie stra­de van­no sbar­ra­te: biso­gna met­te­re un pun­to alla stra­te­gia che vede la pro­vin­cia come disca­ri­ca del­la Capi­ta­le, la Val­le del Sac­co come il distret­to dei rifiuti.

L’8 luglio 2017 non è la data in cui una cit­tà si ribel­la al gri­do di “non met­te­te i rifiu­ti nel mio giar­di­no!”. Que­sta bat­ta­glia ha una sto­ria, lun­ga più di 10 anni. Una sto­ria che ho cer­ca­to di rac­con­tar­vi, un pas­sa­to tren­ten­na­le che ho cer­ca­to di rico­strui­re in que­ste poche pagine.
L’8 luglio è mol­to di più.

L’8 luglio è la data in cui una cit­tà riba­di­sce che ne ha avu­to abbastanza.

L’8 luglio è la data in cui una Val­le gri­da a gran voce “abbia­mo già dato”.

L’8 luglio è la data in cui, al di là del­le sim­pa­tie poli­ti­che e degli schie­ra­men­ti, una popo­la­zio­ne inte­ra è chia­ma­ta a scen­de­re in stra­da per ripren­der­si la pro­pria digni­tà e por­ta­re a ter­mi­ne un per­cor­so di riscat­to lun­go 10 anni.

L’8 luglio è la data in cui, tut­ti insie­me, si gri­da a gran voce “non pas­se­rà nean­che un camion”.

 

Luca Pal­mie­ri

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Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.