Che cosa sta succedendo in Colombia?
A causa dell’emergenza sanitaria Covid-19, il PIL colombiano nel 2020 è sceso del 6,8%: il peggior risultato degli ultimi 70 anni, data la generale solidità dell’economia colombiana una tra le più costanti dell’America Latina.
Secondo il DANE (Istituto di Statistica colombiano), nel 2020 il tasso d’inflazione è stato del 1,61%, contro il 3,8% del 2019, mentre il tasso di disoccupazione ha chiuso l’anno al 15,9%, contro il 9,7% del 2019. In un momento così difficile per il paese che conta circa 75000 morti a causa della pandemia, il presidente in carica Iván Duque Márquez ha preteso di istituire delle riforme: in campo sanitario, fiscale, lavorativo e delle pensioni. In particolare, la riforma tributaria mira ad aumentare le tasse sui redditi e l’IVA, imposta principalmente su consumi, prodotti di pima necessità (come anche beni alimentari) e servizi pubblici. Il 28 Aprile, i cittadini colombiani contrari alla riforma hanno dato vita a manifestazioni pacifiche.
Il discorso pronunciato dal presidente, il quale ha dichiarato: “La riforma non è un capriccio, ma una necessità. La questione importante non è se ritirarla o meno. La priorità è poter garantire la continuità dei programmi sociali”, è stato motivo di grande indignazione pubblica poiché recentemente lo Stato colombiano ha speso 9.700.000.000 pesos per l’acquisto di auto blindate ad uso personale. La spesa pubblica colombiana sostenuta durante la pandemia, si è dunque maggiormente incentrata nell’acquisizione di nuove armi, mentre sanità ed istruzione sono rimaste in secondo piano.
A seguito delle affermazioni avvenute il 30 Aprile secondo cui la riforma proposta sarebbe stata rivista per rimuovere alcuni dei suoi punti più controversi, l’ex presidente ed ex membro del Congresso Álvaro Uribe Vélez ha emesso un tweet, dando sostegno e ordini chiari alle forze militari, alla polizia nazionale e all’ESMAD, di usare le loro armi senza alcun tipo di restrizione nei confronti dei manifestanti. Oltre a Bogotà e Cali, le proteste hanno coinvolto altre grandi città come Medellin, Barranquilla e Cartagena e in diverse zone del Paese hanno iniziato così a circolare carri armati.
La polizia nazionale sta utilizzando contro i manifestanti armi a lungo raggio, fucili e altri equipaggiamenti non con lo scopo di disperdere le folle, bensì di uccidere. In rete girano purtroppo video di vere e proprie esecuzioni, blindati che lanciano gas lacrimogeni scaduti da anni e di conseguenza nocivi se inalati. #nosestanmatando (ci stanno ammazzando) e #SOSColombia sono gli hashtag che dal giorno 2 Maggio circolano sui social, un grido di aiuto silenzioso, che cela una situazione di grande tensione e violenza.
Da diversi giorni nel tentativo di non far trapelare notizie di ciò che sta accadendo nel paese si sono verificate molteplici censure. Twitter e Facebook hanno rimosso post e dirette su tutto ciò che riguarda la situazione nella città di Cali, Internet e le reti elettriche sono state interrotte in modo che non vi siano prove degli omicidi a sangue freddo.
Finora sono stati denunciati 21 morti civili, 940 casi di violenza da parte della polizia, 84 sparizioni, 4 abusi sessuali da parte di ESMAD e la detenzione senza giusta causa di un difensore dei diritti umani.
Ancora una volta, i diritti umani vengono calpestati e il resto del mondo fa finta di non vedere.
Sara Barbato