Come ormai dovrebbe essere chiaro, occuparsi — come cerchiamo di fare da sempre, con serietà e scrupolo di approfondimento — dei diritti (negati) di migranti e profughi, significa parlare di noi, dello stato di salute della nostra democrazia, della capacità di risposta delle nostre amministrazioni alle emergenze (che ormai non sono più tali), del modo, più o meno efficiente, con cui vengono gestite risorse pubbliche, umane e finanziarie.
La storia delle deportazioni edizione 2016 da Como a Taranto (e ritorno) ne è l’esempio più attuale, drammatico, irragionevole.
La Stampa riprende oggi la vicenda, da noi denunciata con un’interrogazione datata 8 settembre, dei migranti (tra loro richiedenti asilo, donne e persino minori) rifiutati dalla Svizzera e accampati alla stazione di San Giovanni in attesa di riprendere il loro cammino di speranza verso un altrove lontano, caricati in massa su autobus pagati dallo Stato e smistati come pacchi senza mittente e senza destinatario, negli hub meridionali, già pieni all’inverosimile di questa sofferente umanità.
Operazione che con un colpo solo fa strike sul rispetto dei diritti fondamentali della persona (assistenza negata a soggetti vulnerabili, richiedenti asilo e minori non accompagnati in primis), sulla corretta e razionale gestione dei denari pubblici destinati alla gestione del fenomeno migratorio, su una buona e utile gestione dell’accoglienza. Siamo orgogliosi di avere acceso un faro di luce su una vicenda che si consuma sotto gli occhi di tutti ma nella generale distrazione.
Noi continueremo ostinatamente a testimoniare, documentare, denunciare e fare proposte finché non avremo risposte concrete e serie dal Governo, perché ogni diritto calpestato, ogni euro speso male e’ una tossina che avvelena la civiltà e la democrazia di un paese.
Andrea Maestri