Da molti anni quando si parla dello stato di salute delle democrazie tutta l’enfasi è posta sulla governabilità. Come se la partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche fosse un aspetto secondario. Eppure, la crisi di consenso delle classi dirigenti in molte democrazie occidentali è legata allo scollamento fra rappresentanti e rappresentati e all’insoddisfazione dei cittadini verso l’operato di chi li dovrebbe rappresentare. Tale scollamento si è aggravato con la crisi economica che dal 2007 colpisce le nostre società e con le politiche di austerità con cui si è cercato di tenerla sotto controllo. Da tutto ciò trae linfa un potente sentimento di critica verso le classi dirigenti che colpisce le forze politiche tradizionali in modo diverso nei diversi paesi.
Colpisce la destra popolare e conservatrice, che si trova esposta alla concorrenza di una destra più radicale e aggressiva, la quale mobilita l’elettorato su questioni quali l’immigrazione e il protezionismo economico. Colpisce la sinistra , indebolendo l’egemonia della “terza via”, affermatasi con Clinton, Blair e Schroeder negli anni Novanta. Di fronte al mutamento di scenario, all’interno dei partiti socialisti le leadership “centriste”, legate alla “terza via”, sono state scalzate da proposte più radicali, come in Inghilterra e Francia. Solo in alcuni casi, in alcuni paesi del Sud Europa, si sono affermate neoformazioni di sinistra più radicali, ma non estremiste, che hanno contestato i partiti tradizionali , compresi quelli appartenenti all’Internazionale socialista, accusati di non saper dare risposte efficaci alla crisi. Podemos e Syriza sono forze che raccolgono la protesta contro le classi dirigenti tradizionali, ma a differenza della destra radicale, sono più disponibili verso l’immigrazione e non sono antieuropeiste. Esse criticano le politiche di austerità e sostengono proposte orientate a coniugare il tema tipicamente socialdemocratico della salvaguardia dello Stato sociale con maggiori forme di coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni che li riguardano.
E in Italia? I conflitti interni di questi anni e poi la scissione di questi giorni del PD sono da iscriversi in tale contesto. Ma la critica delle classi dirigenti e delle politiche di austerità ha premiato soprattutto una neoformazione quale il Movimento Cinque Stelle e ha ampliato lo spazio dell’astensione.
Eppure, questo allontanamento dai partiti tradizionali non deve essere confuso con l’apatia o il disinteresse verso la politica — come anche la straordinaria affluenza per il referendum istituzionale del 4 dicembre ci ha ricordato.
Solo per fare un esempio, un valente sociologo politico quale Giovanni Moro ci ricorda che, proprio mentre la crisi dei partiti si acuisce, crescono le esperienze di attivismo civico che si svolgono fuori dai tradizionali canali di rappresentanza. Nel nostro paese queste esperienze coinvolgono ormai milioni di persone che si mobilitano a sostegno di questioni concrete, concernenti il welfare, l’ambiente, il consumo critico, l’immigrazione, i soggetti in difficoltà. Essi hanno il merito di “politicizzare le politiche pubbliche” consentendo l’emergere di punti di vista altrimenti trascurati. Senza il contributo di queste persone le nostre città sarebbero più povere, insicure e meno solidali. È solo un esempio, ma ci serve a ricordare che esistono forme di partecipazione politica innovative, che certo non possono essere ricondotte ai concetti, molto “stiracchiati” del populismo o dell’antipolitica.
Come ricreare connessioni con i cittadini attivi? La sinistra ha ancora delle possibilità da offrire ai cittadini o deve rassegnarsi a cedere la rappresentanza, soprattutto del ceto medio e delle classi popolari più colpite dalla crisi, al Movimento Cinque Stelle e ai partiti di destra?
A tal proposito, potremmo ricordare che il rafforzamento nei rispettivi paesi di forze quali Podemos e Syriza è connesso anche alle forme di prossimità che esse hanno saputo costruire con i cittadini, soprattutto con quelli appartenenti alle classi più deboli. In Italia, invece, l’implosione del sistema partitico agli inizi degli anni Novanta ha reciso le connessioni dei partiti stessi con i propri referenti sociali. La mediatizzazione e la personalizzazione della politica sono fenomeni diffusi ovunque, ma in Italia si sono accompagnati a una particolare delegittimazione degli attori intermedi che ha corroso i legami di rappresentanza e impoverito le culture politiche di riferimento. Non è un caso che un movimento lanciato quale geniale provocazione da una popolare trasmissione di Rai 3 (l’ottima “Gazebo”), denominato “Movimento Arturo”, abbia raccolto in pochi giorni più di 45.500 follower su Twitter e quasi 44.000 like su Facebook, dando vita ad un giornale on line “L’Arturita’” e a circoli “Arturo” sparsi in tutta Italia. Come spesso accade, le dimensioni giocose dell’esistenza ci dicono molto di noi. In questo caso, ci indicano una richiesta di appartenenza e condivisione che i partiti di sinistra hanno sottovalutato troppo a lungo.
Come potremmo procedere per provare a non mortificare una volta ancora le richieste dei cittadini che si riconoscono nei valori della sinistra? Servono luoghi di confronto pacato e costruttivo, in cui condividere idee e dove la leadership sia una delle questioni in discussione e non la finalità di ogni discussione. Questa è una sfida difficile che riguarda tutti. A me sembra che Possibile, con la Costituente delle idee organizzata a Roma il 24–26 di febbraio, abbia fatto un primo passo importante. Altri dovranno seguire e altri luoghi dovranno essere edificati al fine di costruire politiche all’altezza della situazione difficile (per molti spaventevole) che caratterizza i nostri giorni.
I nostri “compagni” saranno coloro che hanno voglia di essere i nostri compagni di strada. Pertanto, l’invito deve essere rivolto agli attori sociali e anche alle altre forze politiche che condividono valori e ideali di solidarietà e uguaglianza.
Questa settimana Possibile ha deciso di unire il proprio gruppo parlamentare con Sinistra Italiana. Ieri, il segretario di Possibile, Pippo Civati, ha invitato Pierluigi Bersani a condividere questo percorso. È la strada giusta. Possibile può offrire al confronto le numerose proposte politiche presentate alla Costituente delle idee. E può aggiungere pane, salame e lambrusco, la convivialità e la semplicità che stanno caratterizzando questa comunità politica, con la sua voglia di confrontarsi e condividere idee ed esperienze per migliorare il nostro Paese. È il momento giusto per farlo. Perdere questa occasione sarebbe peggio di un errore. Sarebbe perdere noi stessi.