Continuare a consumare suolo esattamente come si è sempre fatto

Il provvedimento esaminato in questi giorni alla Camera non va nella direzione auspicata. Al di là dei proclami del titolo e dei principi generali, è un provvedimento blando che mette nero su bianco obiettivi molto limitati, raggiunge lo scopo del contenimento di suolo in maniera soltanto parziale, è fumoso in alcuni passaggi essenziali ed è talmente farraginoso che la sua applicabilità pratica risulta seriamente a rischio.

Dopo un tra­va­glio di tre anni nel­le com­mis­sio­ni, appro­da in aula la pro­po­sta di leg­ge per il con­te­ni­men­to del con­su­mo di suo­lo.

Samue­le Sego­ni, mem­bro dell’VIII Com­mis­sio­ne (Ambien­te, Ter­ri­to­rio, Lavo­ri Pub­bli­ci) ha segui­to in pri­ma per­so­na l’iter del prov­ve­di­men­to per la com­po­nen­te par­la­men­ta­re Alter­na­ti­va Libe­ra – Possibile.

Appro­fon­dia­mo con lui il pro­ble­ma del con­su­mo di suo­lo da un pun­to di vista tec­ni­co pri­ma di esa­mi­na­re la pro­po­sta di leg­ge in discus­sio­ne e le pro­po­ste di Alter­na­ti­va Libe­ra, alle qua­li sono da affian­ca­re le pro­po­ste emen­da­ti­ve ela­bo­ra­te da Pos­si­bi­le, che muo­vo­no diret­ta­men­te dal­la pro­po­sta di leg­ge a pri­ma fir­ma Civa­ti depo­si­ta­ta nel dicem­bre del 2013.

 

Quanto e quale suolo consumiamo in Italia

In Ita­lia il con­su­mo di suo­lo ha assun­to un’entità a dir poco scon­cer­tan­te: cir­ca 7 metri qua­dra­ti ogni secon­do di suo­lo ver­gi­ne ven­go­no asfal­ta­ti, cemen­ti­fi­ca­ti, esca­va­ti o comun­que com­pro­mes­si. Nel suo ulti­mo rap­por­to, l’ISPRA (Isti­tu­to Supe­rio­re per la Pro­te­zio­ne e Ricer­ca Ambien­ta­le) foto­gra­fa bene que­sta ten­den­za, sia a livel­lo di quan­ti­tà sia in ter­mi­ni di qua­li­tà: attual­men­te, il suo­lo che ci “man­gia­mo” è suo­lo agri­co­lo (ter­re­no per­fet­ta­men­te fer­ti­le sot­trat­to alle col­ti­va­zio­ni per la costru­zio­ne di stra­de, par­cheg­gi, infra­strut­tu­re, edi­fi­ci) oppu­re è suo­lo espo­sto al rischio idro­geo­lo­gi­co. Abbia­mo costrui­to tal­men­te tan­to negli anni pas­sa­ti che sostan­zial­men­te tut­te le aree adat­te le abbia­mo già uti­liz­za­te. Ades­so ci sono rima­ste le aree più disgra­zia­te, che era­no sta­te evi­ta­te per­ché espo­ste a rischi idro­geo­lo­gi­ci, oppu­re le aree più pre­gia­te da un pun­to di vista agricolo.

 

Perché limitare il consumo di suolo

Oltre agli ovvi moti­vi di carat­te­re ambien­ta­le e pae­sag­gi­sti­co, ve ne sono altri più con­tin­gen­ti e “mate­ria­li”, che inve­sto­no diret­ta­men­te o indi­ret­ta­men­te tutti.

  • Rischio idro­geo­lo­gi­co. Oltre a quan­to det­to in pre­ce­den­za (se si costrui­sce ades­so, spes­so lo si fa in zone a rischio per­ché sono quel­le che fino ad ora era­no sfug­gi­te alla cemen­ti­fi­ca­zio­ne), con­su­ma­re suo­lo signi­fi­ca imper­mea­bi­liz­zar­lo. E ciò com­por­ta che, quan­do pio­ve, l’acqua pio­va­na non vie­ne trat­te­nu­ta e “imma­gaz­zi­na­ta” dal ter­re­no, né scor­re len­ta­men­te sul­la super­fi­cie natu­ra­le fino ai cor­si d’acqua. Al con­tra­rio, tut­ta la piog­gia fini­sce dal tet­to o dall’asfalto alla gron­da­ia, alle cana­li­ne di sco­lo, alle tuba­tu­re, fino ad arri­va­re in pochi secon­di al cor­so d’acqua. Quin­di tut­ta la piog­gia fini­sce subi­to nei fiu­mi. Ecco spie­ga­to il mito del­le bom­be d’acqua: anche una piog­gia mode­sta può cau­sa­re pie­ne spa­ven­to­se per­ché sen­za suo­lo natu­ra­le tut­ta l’acqua va a fini­re subi­to nei fiu­mi, che non ne pos­so­no smal­ti­re così tan­ta tut­ta insieme.
  • Disa­stri paga­ti dal­la col­let­ti­vi­tà. Se si para­go­na la clas­si­fi­ca del­le regio­ni che negli ulti­mi anni han­no con­su­ma­to più suo­lo con la clas­si­fi­ca del­le regio­ni che han­no subi­to più even­ti cala­mi­to­si in ter­mi­ni di fra­ne e allu­vio­ni, si vede che c’è una cor­ri­spon­den­za impres­sio­nan­te: ai pri­mi posti spic­ca­no Ligu­ria, Cala­bria ed Emi­lia Roma­gna. Tre tra le regio­ni che recen­te­men­te sono sta­te mes­se in ginoc­chio dal mal­tem­po di più e più spes­so. I dati empi­ri­ci quin­di con­fer­ma­no che cer­ti ter­ri­to­ri paga­no a caro prez­zo, oggi, scel­te urba­ni­sti­che scel­le­ra­te com­piu­te negli anni pas­sa­ti. Tut­to que­sto, a livel­lo nazio­na­le, vale 4 miliar­di di euro di dan­ni per il solo bien­nio 2013–2014 (fon­te: Pro­te­zio­ne Civile).
  • Riscal­da­men­to cli­ma­ti­co. Può sem­bra­re stra­no, ma attra­ver­so la vege­ta­zio­ne ed il suo­lo stes­so, la Ter­ra respi­ra, tra­su­da ed abbas­sa la pro­pria tem­pe­ra­tu­ra. Spes­so inve­ce i comu­ni, per ridur­re i costi di manu­ten­zio­ne, eli­mi­na­no par­chi e giar­di­ni instal­lan­do coper­tu­re in pie­tra che imma­gaz­zi­na­no calo­re e riflet­to­no il sole. In defi­ni­ti­va, ridur­re il con­su­mo dei suo­li in ambien­te urba­no ser­ve anche ad abbas­sa­re di qual­che gra­do le tem­pe­ra­tu­re esti­ve e ad evi­ta­re che le cit­tà si tra­sfor­mi­no in “iso­le di calore”.
  • Approv­vi­gio­na­men­to ali­men­ta­re. L’opinione pub­bli­ca si fida mag­gior­men­te se nel piat­to tro­va dei pro­dot­ti “made in ita­ly”. La nostra dipen­den­za ali­men­ta­re dall’estero però è desti­na­ta ad aumen­ta­re sem­pre di più se con­ti­nuia­mo a pun­ta­re su un model­lo eco­no­mi­co in cui il ter­re­no fer­ti­le vie­ne “mone­tiz­za­to” con le lot­tiz­za­zio­ni inve­ce con le coltivazioni.
  • Eco­no­mi­co. Se ci foca­liz­zia­mo sull’edilizia, esi­sto­no stu­di scien­ti­fi­ci che dimo­stra­no mate­ma­ti­ca­men­te che all’aumentare dell’urbanizzazione, la socie­tà trae bene­fi­ci di natu­ra eco­no­mi­ca, ma solo fino ad un cer­to pun­to. Oltre tale pun­to, la rela­zio­ne si inver­te e all’aumentare dell’urbanizzazione, la socie­tà si impo­ve­ri­sce e la qua­li­tà di vita dimi­nui­sce. L’esempio più intui­ti­vo riguar­da il crol­lo dei prez­zi degli immo­bi­li man mano che si con­ti­nua a costruir­ne altri che riman­go­no sfit­ti. In qua­si ogni zona dell’Italia, il “pun­to di rot­tu­ra” è sta­to supe­ra­to ormai da mol­to tempo.

 

Un modello nuovo di sviluppo e di edilizia

Stan­te quan­do espo­sto sopra, appa­re evi­den­te che il model­lo eco­no­mi­co basa­to sul con­su­mo di suo­lo e sul­la costru­zio­ne di edi­fi­ci, strut­tu­re ed infra­strut­tu­re per “crea­re” ric­chez­za, non è più soste­ni­bi­le. Né ambien­tal­men­te, né economicamente.

Ma non si deve cade­re nell’eccesso oppo­sto e soste­ne­re che la solu­zio­ne è “smet­te­re di costrui­re” e rot­ta­ma­re tut­to il set­to­re dell’edilizia. Biso­gna tene­re pre­sen­te che l’edilizia è sta­ta uno dei set­to­ri trai­nan­ti per il boom eco­no­mi­co ita­lia­no, in gra­do di gene­ra­re benes­se­re socia­le ed eco­no­mi­co. Oggi gior­no è un set­to­re deci­sa­men­te in cri­si. Ma l’edilizia può dare anco­ra tan­to all’Italia, se si ricon­ver­tis­se ad un model­lo di svi­lup­po diver­so, inno­va­ti­vo, ambien­tal­men­te soste­ni­bi­le: effi­cien­ta­men­to ener­ge­ti­co, rispar­mio idri­co, ammo­der­na­men­to e ricon­ver­sio­ne del patri­mo­nio edi­li­zio, ener­gie rin­no­va­bi­li, rina­tu­ra­liz­za­zio­ne, delo­ca­liz­za­zio­ni (demo­li­zio­ne di edi­fi­ci costrui­ti in aree a rischio e rico­stru­zio­ne in area sicu­ra), inter­ven­ti di inva­rian­za idrau­li­ca… le cose di cui l’Italia ha biso­gno sono tan­te e ci sareb­be da met­te­re le mani dappertutto!

Il pun­to è: la pro­po­sta di leg­ge in discus­sio­ne dà rispo­ste ade­gua­te al feno­me­no del con­su­mo di suo­lo? E cosa abbia­mo pro­po­sto su que­sto tema?

La proposta di legge in discussione

Nono­stan­te qua­si tut­to l’arco par­la­men­ta­re con­cor­di che il con­su­mo di suo­lo è un feno­me­no mol­to serio che neces­si­ta di un con­te­ni­men­to dra­sti­co, fun­zio­na­le anche al rilan­cio di model­li eco­no­mi­ci di svi­lup­po più soste­ni­bi­li (agri­col­tu­ra e edi­li­zia di qua­li­tà in pri­mis), il prov­ve­di­men­to esa­mi­na­to in que­sti gior­ni alla Came­ra non va nel­la dire­zio­ne auspi­ca­ta. Al di là dei pro­cla­mi del tito­lo e dei prin­ci­pi gene­ra­li, è un prov­ve­di­men­to blan­do che met­te nero su bian­co obiet­ti­vi mol­to limi­ta­ti, rag­giun­ge lo sco­po del con­te­ni­men­to di suo­lo in manie­ra sol­tan­to par­zia­le, è fumo­so in alcu­ni pas­sag­gi essen­zia­li ed è tal­men­te far­ra­gi­no­so che la sua appli­ca­bi­li­tà pra­ti­ca risul­ta seria­men­te a rischio.

Ad esem­pio la defi­ni­zio­ne di suo­lo, quin­di il bene che andia­mo a tute­la­re, ha visto ridur­re sem­pre di più il peri­me­tro di appli­ca­zio­ne del­la leg­ge: in una pri­ma ver­sio­ne si anda­va a con­te­ne­re il con­su­mo di suo­lo in sen­so lato. Poi solo il suo­lo agri­co­lo (inte­so come il suo­lo poten­zial­men­te uti­liz­za­bi­le ai fini agri­co­li), poi il suo­lo effet­ti­va­men­te clas­si­fi­ca­to dagli stru­men­ti urba­ni­sti­ci come agri­co­lo. L’ambito di appli­ca­zio­ne risul­ta ulte­rior­men­te ristret­to da una lun­ga serie di ecce­zio­ni in cui il con­su­mo di suo­lo “non con­ta”: ad esem­pio le infra­strut­tu­re (assur­do visto che come han­no con­fer­ma­to i dati ISPRA e l’Istat, le infra­strut­tu­re sono la cau­sa prin­ci­pa­le di con­su­mo di suo­lo in Ita­lia), ma anche gli spa­zi inter­clu­si (se ho un cam­po com­pre­so tra due lot­ti edi­fi­ca­ti, pos­so edi­fi­ca­re anche quel­lo sen­za con­teg­giar­lo come suo­lo con­su­ma­to) e gli spa­zi desti­na­ti a ser­vi­zi di pub­bli­ca utilità.

Sen­za con­si­de­ra­re alcu­ni obiet­ti­vi deci­sa­men­te mol­to blan­di, come quel­lo di arri­va­re ad un con­su­mo di suo­lo pari a zero nel 2050, che nel lin­guag­gio poli­ti­co signi­fi­ca «mai», sen­za defi­ni­re chia­ra­men­te che limi­ti inter­me­di ci si pone dal 2016 al 2050.

La scel­ta più con­ser­va­ti­va è pro­ba­bil­men­te quel­la di non misu­ra­re il con­su­mo di suo­lo in ter­mi­ni lor­di (cioè in ter­mi­ni asso­lu­ti), ma di con­si­de­ra­re il con­su­mo di suo­lo net­to, ovve­ro al net­to di com­pen­sa­zio­ni e miti­ga­zio­ni. Ciò signi­fi­ca – ed è san­ci­to fin dal­le defi­ni­zio­ni – che in real­tà pos­so con­su­ma­re fat­ti­va­men­te del suo­lo, però, ai fini del­la leg­ge, il suo­lo non risul­ta con­su­ma­to per­ché altro­ve sono anda­ti a fare del­le ope­re di com­pen­sa­zio­ne e di miti­ga­zio­ne non meglio defi­ni­te nel­la pre­sen­te legge.

Occor­re dare rilie­vo anche all’articolo 3, per la far­ra­gi­no­si­tà del­la nor­ma­ti­va pro­prio nell’articolo che dovreb­be defi­ni­re dei cri­te­ri quan­ti­ta­ti­vi di ridu­zio­ne: non vie­ne defi­ni­to nien­te ma si pre­ve­de un inces­san­te rim­pal­lo tra mini­ste­ri diver­si e con­fe­ren­za uni­fi­ca­ta, lascian­do come scap­pa­to­ia la pos­si­bi­li­tà di far deci­de­re tut­to da un inter­ven­to d’imperio del Con­si­glio dei Ministri.

Appa­re chia­ro come que­sta leg­ge più che impri­me­re una svol­ta ed un cam­bia­men­to, foto­gra­fi l’esistente e per­met­ta di con­ti­nua­re a con­su­ma­re suo­lo come si è fat­to fino ad ades­so, sem­pli­ce­men­te cam­bian­do nome agli interventi.

Infat­ti all’articolo 5 si lan­cia il busi­ness del­la rige­ne­ra­zio­ne del­le aree urba­ne e all’articolo 6 quel­lo dei com­pen­di agri­co­li neo­ru­ra­li. Ovve­ro, nuo­ve for­me seman­ti­che per fare lo stes­so busi­ness di pri­ma. Cer­to, sono stai inse­ri­ti dei prin­ci­pi gene­ra­li di eco­com­pa­ti­bi­li­tà, ma anco­ra una vol­ta i palet­ti e le maglie del­la leg­ge sono lar­ghis­si­mi.

Nomi­nal­men­te, si dice di favo­ri­re in manie­ra prio­ri­ta­ria la rige­ne­ra­zio­ne, la rina­tu­ra­liz­za­zio­ne, il recu­pe­ro e la ricon­ver­sio­ne del patri­mo­nio edi­li­zio, ma la gra­ve pec­ca di que­sta leg­ge è che non si dan­no stru­men­ti per ren­de­re tut­to que­sto con­ve­nien­te. Coste­rà sem­pre meno con­su­ma­re nuo­vo suo­lo piut­to­sto che anda­re ad inter­ve­ni­re radi­cal­men­te sul patri­mo­nio edi­li­zio esi­sten­te. Non com­pa­io­no incen­ti­vi, defi­sca­liz­za­zio­ni o misu­re di carat­te­re eco­no­mi­co: ogni leva di que­sto tipo è sta­ta tol­ta duran­te l’esame in com­mis­sio­ne per moti­vi di equi­li­brio del­le finan­ze pub­bli­che.

Le proposte di Alternativa Libera

Gli emen­da­men­ti pre­sen­ta­ti da Alter­na­ti­va Libe­ra riguar­da­no scen­do­no pro­fon­da­men­te nel meri­to e riguar­da­no sia i prin­ci­pi gene­ra­li del­la leg­ge, sia gli aspet­ti più tec­ni­ci: voglia­mo una leg­ge che sia effi­ca­ce e coe­ren­te nell’attuazione pra­ti­ca dei pro­pri prin­ci­pi teo­ri­ci. La mag­gior par­te degli emen­da­men­ti è sca­tu­ri­ta dopo un con­fron­to ed una discus­sio­ne con una vasta rete di con­tat­ti alta­men­te qua­li­fi­ca­ti nel settore.

Si pro­pon­go­no misu­re per pro­muo­ve­re la dif­fu­sio­ne di model­li di svi­lup­po ad ele­va­ta soste­ni­bi­li­tà ambien­ta­le nel set­to­re del­l’e­di­li­zia e nel­la e pia­ni­fi­ca­zio­ne gestio­ne del territorio.

Si cor­reg­go­no mol­te enun­cia­zio­ni andan­do a pro­por­re una visio­ne in cui il con­su­mo di suo­lo ed il rischio idro­geo­lo­gi­co ven­go­no con­si­de­ra­ti insie­me, nel con­te­sto più ampio dell’assetto del ter­ri­to­rio. Infat­ti, in que­sto prov­ve­di­men­to, il con­cet­to di rischio idro­geo­lo­gi­co ricor­re rara­men­te: la poli­ti­ca deve smet­te­re di con­si­de­ra­re prov­ve­di­men­ti a com­par­ti sta­gni per­ché tut­to è inter­con­nes­so e l’assetto del ter­ri­to­rio è una mate­ria mol­to gene­ra­le che in que­sto prov­ve­di­men­to deve esse­re trat­ta­ta a 360 gradi.

Si pro­po­ne che si pos­sa con­su­ma­re nuo­vo suo­lo solo dopo che in fase pro­get­tua­le sia dimo­stra­to che non ci sono alter­na­ti­ve al riu­so dell’esistente o alla delo­ca­liz­za­zio­ne di edi­fi­ci in aree a rischio.

Si pro­po­ne di eli­mi­na­re tut­te le ecce­zio­ni elen­ca­te in pre­ce­den­za che con­sen­to­no di con­su­ma­re suo­lo sen­za anda­re a con­teg­giar­lo nomi­nal­men­te (spa­zi inter­clu­si, infra­strut­tu­re, ope­re stra­te­gi­che, eccetera).

Chie­dia­mo o di ragio­na­re in ter­mi­ni di con­su­mo di suo­lo lor­do (cioè effet­ti­vo, sen­za scap­pa­to­ie), e di por­re obiet­ti­vi rea­li­sti­ci di ridu­zio­ne. Per noi lo sco­po del­la leg­ge deve esse­re quel­lo di moni­to­ra­re e risol­ve­re un pro­ble­ma, non inse­ri­re scap­pa­to­ie per igno­rar­lo.

Defi­nia­mo in manie­ra net­ta e uni­vo­ca il siste­ma del­le com­pen­sa­zio­ni e del­le miti­ga­zio­ni, in modo che real­men­te com­pen­si­no com­ple­ta­men­te l’intervento di con­su­mo di suo­lo in ter­mi­ni idrau­li­ci e biologici.

Cor­reg­gia­mo la defi­ni­zio­ne di “imper­mea­bi­liz­za­zio­ne”, che da un pun­to di vista tec­ni­co-scien­ti­fi­co lascia mol­to a desiderare.

Chie­dia­mo dati del moni­to­rag­gio di con­su­mo di suo­lo in for­ma­to aper­to, pie­na­men­te utilizzabili.

Chie­dia­mo che le map­pa­tu­re ed i moni­to­rag­gi inte­res­si­no anche un altro aspet­to: il bilan­cio ali­men­ta­re. Deve risul­ta­re chia­ro cosa per­dia­mo e cosa gua­da­gnia­mo in ter­mi­ni di sovra­ni­tà ali­men­ta­re ogni vol­ta che fac­cia­mo un nuo­vo intervento.

Chie­dia­mo di impor­re che la costru­zio­ne di edi­fi­ci pos­sa avve­ni­re sol­tan­to se essi rien­tra­no nel­le clas­si ener­ge­ti­che mas­si­me.

Chie­dia­mo di favo­ri­re la crea­zio­ne di iso­le di suo­lo ver­gi­ne e vege­ta­to nei cen­tri urba­ni (la filo­so­fia attua­le inve­ce è che se un ter­re­no è inter­clu­so tra aree edi­fi­ca­te, è natu­ral­men­te e voca­to ad esse­re edi­fi­ca­to anch’esso).

Chie­dia­mo che il cen­si­men­to degli edi­fi­ci sfit­ti sia este­so anche a quel­li che sor­go­no in aree a rischio e che “map­pi” tut­te le carat­te­ri­sti­che tec­ni­che e urba­ni­sti­che dell’immobile.

Defi­nia­mo dei disin­cen­ti­vi per le ammi­ni­stra­zio­ni ina­dem­pien­ti.

Pro­po­nia­mo l’introduzione del “fasci­co­lo del fab­bri­ca­to”, un docu­men­to tec­ni­co con­te­nen­te tut­te le infor­ma­zio­ni di tipo pro­get­tua­le, strut­tu­ra­le, impian­ti­sti­co e geo­lo­gi­co di un edi­fi­cio, che è richie­sto a gran voce da anni da mol­te cate­go­rie (geo­lo­gi, archi­tet­ti, inge­gne­ri, ecc..).

Ponia­mo una mag­gio­re atten­zio­ne sui bor­ghi rura­li (men­tre la leg­ge si con­cen­tra prin­ci­pal­men­te sui cen­tri sto­ri­ci) ed incen­ti­via­mo il pas­sag­gio da ter­re­no edi­fi­ca­bi­le a ter­re­no agricolo.

Ponia­mo limi­ti più strin­gen­ti al con­su­mo del suo­lo: pro­po­nia­mo di scen­de­re fin da subi­to al 20% del rit­mo attua­le e soprat­tut­to inse­ria­mo vin­co­li per evi­ta­re che que­ste per­cen­tua­li pos­sa­no esse­re aggi­ra­te con arti­fi­ci mate­ma­ti­ci o urbanistici.

Spin­gia­mo anche per una più net­ta ten­den­za alla rina­tu­ra­liz­za­zio­ne e alla delo­ca­liz­za­zio­ne degli edi­fi­ci (demo­li­zio­ne e rico­stru­zio­ne in aree più sicu­re e più opportune).

Ci augu­ria­mo che, cor­reg­gen­do le stor­tu­re espo­ste in pre­mes­sa e inter­ve­nen­do con cor­ret­ti­vi di que­sto tipo, si pos­sa otte­ne­re un prov­ve­di­men­to capa­ce di rilan­cia­re il com­par­to dell’edilizia, in modo che si pos­sa coniu­ga­re la com­pa­ti­bi­li­tà ambien­ta­le e la qua­li­tà degli inter­ven­ti e del­la mano­do­pe­ra. Ritor­nan­do ad ave­re un’edilizia che sia il ner­bo por­tan­te dell’economia ita­lia­na ma tra­sfor­man­do­la in manie­ra più com­pa­ti­bi­le da un pun­to di vista ambien­ta­le ed eco­no­mi­co.

Come è andata a finire

Come è anda­ta a fini­re? Tut­to è anda­to come dove­va anda­re: nel peg­gio­re dei modi, secon­do lo sti­le ren­zia­no. Se nel testo usci­to dal­le com­mis­sio­ni c’erano dei pun­ti d’ombra, dei pas­sag­gi vaghi, l’aula ha dis­si­pa­to ogni dub­bio ed ha spo­sta­to con deci­sio­ne la rot­ta poli­ti­ca ver­so la visio­ne anti­qua­ta, il model­lo arcai­co dei palaz­zi­na­ri e dei lot­tiz­za­to­ri del seco­lo scor­so. D’altronde ci si pote­va aspet­ta­re dal gover­no Ren­zi e da que­sta mag­gio­raa­za che un prov­ve­di­men­to che nel­le fina­li­tà ave­va il con­te­ni­men­to al con­su­mo del suo­lo, potes­se dav­ve­ro con­te­ne­re il con­su­mo di suo­lo? Cer­to che no. Abbia­mo sba­glia­to tut­to anche noi oppo­si­zio­ni: dove­va­mo chia­mar­lo “nor­me per la cemen­ti­fi­ca­zio­ne indi­scri­mi­na­ta, l’aggressione ai ter­re­ni anco­ra ine­di­fi­ca­ti e il con­tem­po­ra­neo rista­gno del com­par­to edi­li­zio”. For­se in que­sto modo avrem­mo avu­to qual­che chan­ce di rag­giun­ge­re l’obiettivo ori­gi­na­rio di que­sto atto. Che ricor­dia­mo­lo: dove­va fer­ma­re il con­su­mo di suo­lo agri­co­lo e rilan­cia­re il com­par­to dell’edilizia impri­men­do­gli un miglio­ra­men­to qua­li­ta­ti­vo orien­ta­to all’ecosostenibilità. Insom­ma si pote­va uti­liz­za­re que­sta leg­ge per costrui­re meno ma costrui­re meglio (dan­do lavo­ro a mano­do­pe­ra alta­men­te spe­cia­liz­za­ta) e per col­ti­va­re di più per man­gia­re meglio (sal­va­guar­dan­do la nostra sovra­ni­tà alimentare).

Inve­ce, in clas­si­co sti­le ren­zia­no, inve­ce di supe­ra­re le cri­si inno­van­do con deci­sio­ne, ci si inte­star­di­sce a tro­va­re degli arti­fi­ci nor­ma­ti­vi per pro­va­re a tene­re a gal­la com­par­ti pro­dut­ti­vi vec­chi e stan­tii. Che se sono entra­ti in cri­si, è per­ché han­no biso­gno di esse­re rilan­cia­ti attra­ver­so un pro­fon­do rin­no­va­men­to, che in que­sta leg­ge non c’è. Non si met­te nes­su­na leva eco­no­mi­ca (né come disin­cen­ti­vo del­le pra­ti­che nega­ti­ve né come incen­ti­vo per le pra­ti­che vir­tuo­se). E si tro­va­no arti­fi­ci seman­ti­ci per cam­bia­re nome alle vec­chie abi­tu­di­ni. Con que­sta leg­ge si andrà a con­su­ma­re suo­lo per costrui­re come pri­ma, più di pri­ma, edi­fi­ci desti­na­ti a rima­ne­re sfit­ti.

 

Samue­le Segoni

Geo­lo­go, Depu­ta­to in Com­mis­sio­ne VIII (Ambien­te Ter­ri­to­rio e Lavo­ri Pubblici)

Alter­na­ti­va Libe­ra — Possibile

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Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

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500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

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Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.