In Sicilia il trasformismo politico ha ormai raggiunto dimensioni epocali: più di 43 su 90 deputati all’assemblea regionale siciliana hanno cambiato casacca dall’inizio della legislatura ad oggi, il Partito Democratico governa stabilmente con l’UDC e il segretario regionale del PD Raciti ritiene ormai prossima – e invoca, addirittura – un’alleanza solida con il Nuovo Centrodestra di Alfano in Sicilia.
La riproposizione in salsa siciliana del Patto del Nazareno, insomma.
Il “fu” partito di Enrico Berlinguer tira dritto verso le tappe conclusive della sua mutazione genetica: da partito attento ai valori della solidarietà, dei diritti dei lavoratori e delle classi più disagiate a partito della Nazione. Un carrozzone dei vincitori dove chiunque può, aderendo all’opa su ricordata, dimenticare il passato da cuffariano/ lombardiano / forzista e ottenere il lasciapassare necessario per una riabilitazione politica istantanea finalizzata all’elezione al prossimo turno elettorale.
Esponenti che fino a ieri affermavano “il PD mi fa schifo”, fieri della loro militanza forzista, ed oggi aderiscono al Partito Democratico con estrema nonchalance.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, se potesse, troverebbe spunti per una trilogia intera, altro che Gattopardo.
In questo desolante contesto, il dissenso interno al Centro-Sinistra – o quel che ne rimane – siciliano si fa sempre più intenso. I militanti e gli elettori sono insofferenti, disillusi e amareggiati da una classe dirigente che antepone gli interessi di bottega agli interessi dei cittadini e da un governo regionale che ha dimostrato ormai ampiamente la propria inadeguatezza.
Ed è qui che si inserisce il progetto di Possibile. Intendiamo ridare voce ai cittadini, ricreare spazi aperti, plurali, di confronto, in cui il dissenso non venga liquidato con una battuta al vetriolo, ma ascoltato, capito, affrontato.
Vogliamo ritornare ai valori che contraddistinguono la nostra azione politica: non gli inceneritori e le trivelle, non l’abbattimento dello Statuto dei lavoratori e l’accentramento del potere nelle mani dei Presidi, non una politica fatta da pochi e per pochi, ma un progetto di governo condiviso, puntuale, imperniato sul rilancio del Sud, sul sostegno alle aziende agricole e alle imprese, su una nuova politica energetica sostenibile e moderna, sul riconoscimento dei diritti, a qualsiasi latitudine. E’ per questo che lanciamo un appello ai militanti e agli elettori delusi dal Partito Democratico, a quanti hanno convogliato il voto di protesta indirizzandolo verso altri movimenti, a quanti non trovano più una rappresentanza politica valida e si rifugiano nell’astensionismo e a tutti coloro che, come noi, hanno a cuore le sorti del Mezzogiorno: “non dobbiamo sperare, possiamo.”