Arriva alla Camera la ratifica della Convenzione fiscale tra Italia e Vaticano, raccontata dalla maggioranza alfarenziana come una tardiva applicazione dei Patti lateranensi e come un passo in avanti nella trasparenza e nella collaborazione per la lotta ad evasione e riciclaggio.
Dal 1929 ad oggi, però, lo Stato italiano ha avuto poco tempo per pensarci e così ha partorito, tra le altre, una norma, diciamo così, frettolosa! L’abbiamo scovata e denunciata noi per primi, anche in occasione della conferenza stampa con i giornalisti Nuzzi e Fittipaldi, tuttora sotto processo dentro le mura vaticane nel silenzio assordante delle istituzioni (laiche?) repubblicane.
Questa norma è contenuta nell’art. 6 e dice così: gli immobili di proprietà della Santa Sede, elencati altrove, sono esentati da tutti i tributi, ordinari e straordinari, presenti e futuri e questa benevola esenzione si applica anche agli immobili oggetto di contenzioso tuttora pendente e non definito con sentenza passata in giudicato.
Un vero e proprio condono tombale, che chiude persino le cause tuttora in corso. Ora noi chiediamo al Governo di spiegarci quanti e quali tributi vengono abbonati al Vaticano ( e alle sue spesso opache propaggini finanziarie, leggere Via Crucis e Avarizia per credere!) e soprattutto qual è l’entità del minor gettito fiscale perché togliere dal bilancio del Comune di Roma o da quello statale ICI, IMU, TASI, TARI ecc. significa aggravare pesantemente bilanci già esangui.
Dove sta l’interesse pubblico di una simile operazione partita in sordina e da noi disvelata? Cui prodest? Con i potenti mezzi che il diritto parlamentare riserva ai deputati dell’opposizione, abbiamo depositato un ordine del giorno e un emendamento con i quali chiediamo di chiarire l’entità della posta in gioco e soprattutto assegnamo alla Corte dei Conti un fondamentale ruolo di vigilanza e monitoraggio. Fuori dal Parlamento è bene che di questa faccenda si sappia e si discuta perché riguarda temi importanti e delicati, come quello della responsabilità ed equità fiscale e quello, sempre attuale e fondamentale, della laicità.
Pippo Civati e Andrea Maestri