La cop27 è finita da poco ed è quasi sicuro che passerà alla storia come una delle peggiori e più inconcludenti. E proprio in un momento in cui invece c’è bisogno di prendere decisioni serie e soprattutto vincolanti.
La prima amara considerazione porta a pensare che stiamo dando retta alle persone sbagliate. I big delle fonti fossili a Sharm el Sheik erano i grandi invitati, quelli a cui si sta dando ancora troppo peso decisionale e politico. Sono quelli che da una parte continuano a negare l’esistenza della crisi climatica e dall’altra parte stanno continuando a negoziare il nostro futuro. Eppure sono loro che ci hanno portati dentro alla crisi climatica.
Perdiamo tempo dietro a chi non ha nulla di positivo da offrire o da proporre per il futuro della terra. I giovani dei Fridays For Future – quelli che avrebbero tutto il diritto di dire la loro sul loro futuro – vengono zittiti e messi in un angolo per non urtare la sensibilità dei padroni di casa.
L’obiettivo — paradossale che serva ripeterlo — è contrastare la crisi climatica, mentre sembra che in questa Cop si sia fatto di tutto per accelerare ulteriormente la corsa distruttiva in cui siamo lanciati.
Stiamo rimandando da troppo tempo le decisioni vincolanti, balbettiamo di fronte allo stop delle fonti fossili o addirittura le rilanciamo come sta facendo il nero Governo italiano.
In zona cesarini poi è arrivata la buona notizia sull’istituzione di un Fondo dedicato ai danni dei cambiamenti climatici a favore dei paesi più poveri. Forse!
Il condizionale è d’obbligo perché non sappiamo ancora quali saranno i contenuti precisi per la creazione e la gestione del fondo.
Certo il fondo “Loss and damage” a livello teorico sarebbe un grande strumento di climate justice, soprattutto se visto come mezzo per permette agli stati meno responsabili delle emissioni in atmosfera ma più vulnerabili nelle conseguenze di avere un budget da cui attingere per il ripristino dei danni e le azioni di mitigazione.
Emblematici sono stati gli interventi dei leader dei paesi che stanno lottando contro carestie, inondazioni sempre più violente. Così come altrettanto emblematici, ma in senso negativo, sono stati gli interventi di chi oggi preferisce indirizzare soldi per rimediare alle conseguenze economiche causate dalla Guerra.
La teoria però si scontra con una pratica che è ben lontana dal mettere nero su bianco la gestione del fondo.
L’amara considerazione è che questo accordo in extremis sia servito solo per salvare la faccia.
Il mantra che Giuseppe Civati sta ripetendo da parecchio tempo — “clima, progressività e patrimoniale” — potrebbe tranquillamente diventare la road map internazionale.
Chi ha emesso di più, metta più fondi, e soprattutto si vadano a recuperare i fondi tassando i profitti delle grandi aziende produttrici di combustibili fossili.
Un secondo aspetto riguarda i giovani, le Ong, gli Stakeholder, le Associazioni che seppur presenti all’interno dei padiglioni della Cop27 non hanno voce nei processi decisionali.
Immaginare di accogliere le proposte e le richieste che arrivano dal mondo dell’associazionismo e dal mondo scientifico a favore di investimenti seri e concreti “in Natura” sono ben lontani dall’essere compresi.
Investire in Natura, in progetti a miglioramento della biodiversità, in progetti di riforestazione per il potenziamento delle reti ecologiche così come la tutela di siti unici e particolari rimane ancora un tabù.
Questo perché è abbastanza evidente che la “Natura” è ancora vista come un ostacolo allo sviluppo illimitato che ancora governa i meccanismi economici che sovrintendono alle decisioni.
Indirettamente ci stanno dicendo che “hanno bisogno ancora di saccheggiare e distruggere, di inquinare e sterminare” e se ci pensate è profondamente “preistorico” e “masochistico” questo atteggiamento.
Nel suo intervento di apertura il Segretario delle Nazioni Unite António Guterres ha ribadito alcuni aspetti fondamentali: “Le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare. La temperatura globale continua a salire. E il nostro Pianeta si sta avvicinando rapidamente a dei tipping point che renderanno la catastrofe climatica irreversibile. Siamo su un’autostrada diretti verso l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore.”
E ancora: “l’attività umana è la causa del problema climatico. L’azione umana deve essere la soluzione. Azione per rilanciare l’ambizione. E azione per ricostruire la fiducia, in particolare tra Nord e Sud del mondo. La scienza è chiara: qualsiasi speranza di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi significa azzerare le emissioni nette globali entro il 2050. Ma quell’obiettivo di 1,5 gradi è tenuto in vita artificialmente, e le macchine stanno suonando l’allarme. Ci stiamo pericolosamente avvicinando al punto di non ritorno.”
La battaglia si vince in questo decennio. Lo avevamo già scritto e riscritto altre volte.
I tempi della crisi climatica non sono quelli della politica internazionale, europea o italiana.
La transizione energetica ed ecologica va fatta seriamente, non possiamo permetterci di perdere ulteriore tempo.
Affrontare gli aspetti socio – economici così come individuare una governance più snella sono sicuramente due ostacoli non da poco, soprattutto perché in primis si era convinti che i meccanismi dello sviluppo illimitato non comportassero crisi climatiche e in più la partecipazione dei cittadini a questi percorsi decisionali è sempre vista come un grande ostacolo.
Ma questa è la strada da seguire.
Parlando con altre persone che si occupano delle vicende ambientali è evidente inoltre l’amarezza per quello che con l’andar del tempo sono diventate le Cop.
Eventi con “ricchi premi e cotillon” con l’aggiunta di una gestione poco rispettosa dell’ambiente stesso. Lustrini, sfilate sul red carpet e passeggiate sulla spiaggia.
Come quelle che ha fatto il neo ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Fratin, visto che negli appuntamenti importanti, nei bilaterali e nei summit importanti era assente.
Abbiamo un ministro che fa il turista. Poteva andarci peggio di così? Dall’inadeguato Cingolani al turista Fratin.
Eppure queste kermesse vedono la partecipazione di persone veramente e seriamente impegnate nel contrasto ai cambiamenti climatici. Persone che quotidianamente si impegnano, studiano, progettano e lavorano nei progetti di cooperazione internazionale, nei progetti per abbattere il divario tra i paesi ricchi e quelli poveri del mondo.
Persone impegnate a costruire relazioni, nell’abbattere muri fisici e mentali, nel rilanciare la parità di genere, nel difendere habitat naturali e costruire un mondo più giusto. Con loro e per le generazioni future dobbiamo lavorare. Insieme.