Tutte le imprese, dalle industrie fino al commercio passando per gli altri settori economici, stanno invocando la sospensione dei versamenti delle imposte. La misura viene disposta per la scadenza del 16 marzo e si dovrebbe applicare entro certi limiti di fatturato, 400mila euro per il settore Servizi e 700mila euro per il settore Commercio.
Naturalmente, quando si fissano limiti di questo genere, si creano discriminazioni difficilmente comprensibili, specie in un momento terribile come questo.
Inoltre, già si vocifera di una estensione del blocco, sebbene secondo altri criteri, ovvero correlando l’entità del posticipo alla riduzione di fatturato subita a causa della crisi sanitaria. Nel tentativo di orientare il beneficio verso chi sta soffrendo di più, il governo sta scegliendo però un parametro difficilmente verificabile: chi sarà in grado effettivamente di autenticare le informazioni, ovvero di distinguere fra cali di fatturato pregressi e attuali? Anziché impiegare la mole di dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate (ammesso che siano dati utilizzabili, ma questo è un altro discorso), il governo si affida alle dichiarazioni delle singole imprese. Perché invece non impiegare il criterio della regolarità contributiva o fiscale? Perché non premiare il contribuente onesto e distinguere chi invece si nasconde al fisco, chi applica strategie di elusione e evasione fiscale?
La crisi sanitaria per alcuni sta diventando una ghiotta opportunità.