Mercoledì sera, dopo l’ultima consegna, con Giuseppe Civati ed Elly Schlein abbiamo incontrato alcuni riders di Bologna. L’appuntamento è intorno ad un tavolo, davanti a una birra. Stiamo monitorando ciò che si muove tra piattaforme, ruote e piatti consegnati. In seguito agli incidenti delle scorse settimane abbiamo chiesto, a nome di Possibile, di incontrarli e parlarne di persona.
Generalmente si tende a uniformare la condizione dei fattorini, ma non appena si scende nel dettaglio, si scopre che moltissime sono le differenze tra le diverse piattaforme, da quelle dal “software” più umano a quelle che estremizzano la competizione tra i vari riders. Non faremo qui la classifica dei buoni e dei cattivi, ma tenteremo di organizzare un monitoraggio puntuale e preciso delle diverse applicazioni, impegnandoci a farlo per i clienti e per i lavoratori. Pare che sia prevalente la tendenza all’uniformazione, ovviamente verso il basso, specie per quanto riguarda le condizioni lavorative: disponibilità a lavorare pagati a cottimo, turnazione altissima, estrema frammentazione dei lavoratori.
Fin qui abbiamo solo sollevato l’angolo del tappeto, la cui trama è fatta di pubblicità con caschi sgargianti, zaini catarifrangenti, motorini appena usciti dall’autolavaggio, fattorini contentissimi di consegnare — con qualsiasi condizione meteo — la cena alle famiglie italiane. Abbiamo però riscontrato tanti elementi che ricondurrebbero il lavoro svolto dai rider ad un vero e proprio lavoro subordinato. Per ora non abbiamo notizie di inchieste dell’Ispettorato del Lavoro, ma sappiamo che sia in Spagna che in Belgio i lavoratori stanno sollecitando questo tipo di controlli ottenendo qualche risultato. In Italia, qualche singolo caso è passato dalle pagine di giornale alla aule di tribunale. A Torino si attende una sentenza (chiave) l’11 di Aprile.
La consegna a domicilio della cena non è certo una novità, ma la rivoluzione che i colossi del food-delivery hanno portato nei termini di ampliamento del mercato (si parla di 400 milioni di euro solo in Italia) ha condotto ad una mutazione velocissima dei rapporti di forza tra chi produce il cibo (i ristoratori), chi consegna (i riders), chi consuma (probabilmente tu che stai leggendo) e le applicazioni web che vengono usate per distribuire gli ordini e le consegne. Ovviamente sono gli ultimi due soggetti ad aver avuto la meglio, per ora. Stiamo parlando di piattaforme web che incassano senza avere mai fatto o consegnato una pizza e di clienti che hanno maggiore scelta ma soprattutto prezzi più concorrenziali. Continueremo questo lavoro di monitoraggio con Davide Serafin ( www.giustapaga.it) per chiedere maggiori tutele per chi lavora e garantire maggiore trasparenza e maggiore consapevolezza nei consumatori.