[vc_row][vc_column][vc_column_text]di Walter Girardi Non è la prima volta che le acque di un fiume, colorate con sfumature non naturali, colpiscono la nostra attenzione. Abbiamo visto quelle del Sarno in Italia, così come di altri fiumi europei e non solo. Le immagini del fiume Ambarnaja, coperto di combustibile diesel e altri oli lubrificanti, sono drammaticamente impressionanti. Siamo nel Circolo Polare Artico, nella zona di Norilsk. Un nome quasi sconosciuto a molti, eppure la zona di Norilsk dovremmo conoscerla e studiarla molto di più, per quello che è stata a partire dagli inizi del 1900, per quello che è oggi e perché rappresenta tutto ciò che non dovremmo costruire per un futuro sostenibile e possibilmente amico. Individuato come campo di lavoro forzato in epoca stalinista, poi, sulla spinta di un sistema economico sbagliato, si è deciso di costruire attorno al più grande giacimento di nichel e palladio del pianeta: una enorme concentrazione di attività estrattive, impianti siderurgici e metallurgici. Oggi ci vivono (o sarebbe meglio dire “ci sopravvivono”) circa 170.000 persone. E stiamo parlando di una delle zone più inquinate e altamente compromesse dal punto di vista ambientale che esistano al mondo. Tutto gravita attorno all’estrazione e lavorazione dei metalli pesanti. Se in Siberia, a quelle latitudini, le condizioni di vita non sono propriamente favorevoli, è l’inquinamento a costituire la più grave minaccia alla vita. Sono le quasi 4 milioni di tonnellate di rame, piombo, cadmio, nichel e altri metalli pesanti e sostanze tossiche che rendono invivibile quella zona. A Norilsk si muore di tumore: l’età media dei suoi abitanti è decisamente inferiore rispetto al resto della popolazione russa. Norilsk è una città chiusa, rinchiusa su sé stessa dal 2001, da quando agli stranieri è impedito l’accesso. Non esiste vegetazione, e quella che riesce a resistere alle freddissime temperature e alle piogge acide che colorano la neve è tossica e immangiabile. Nell’immaginario basato sui principi socialisti sovietici di vita e lavoro, Norilsk era una città ideale. La “qualità della vita” è fondata sul legame economico che vincola gli abitanti-schiavi-lavoratori alle industrie minerarie. Anche questo sistema, oltre alla città, è chiuso: senza connessioni o collegamenti se non per l’esportazione di quanto viene estratto e lavorato. Questa mancanza di connessione con l’esterno è il fallimento di una visione economica, una visione economica fondata sull’egoismo di pochi a scapito dei molti. Un sistema chiuso, come avviene per gli ambienti naturali, nel lungo periodo è destinato a morire o implodere. Le conseguenze dei cambiamenti climatici si trovano nelle tante Norilsk sparse in tutto il mondo ma si ritrovano anche nel modello di sviluppo che le ha fatte sorgere e che ancora oggi viene rilanciato dai vari Bolsonaro, Trump, Putin e le loro imitazioni nostrane. Un modello che semplicemente elimina dal conto i suoi costi sociali e ambientali, presenti e futuri. Quel sistema economico e sociale ha fallito. Ha fatto aumentare le disuguaglianze, se non addirittura creato di nuove, con nuove forme di schiavitù. Ha favorito la perdita di biodiversità, ha aumentato le varie forme di inquinamento e ha contribuito al saccheggio della terra e a consolidare una cultura dello scarto sociale e ambientale. Quel meccanismo ha fallito, ma questo non è ancora evidente per tutti. Non abbiamo un “pianeta b” e siccome stiamo vivendo una crisi con pochi precedenti è necessario fermarsi e riflettere. Siamo di fronte a un bivio: il collasso della nostra società fondata su un sistema ingiusto e sbagliato che si basa sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, oppure la sostenibilità vera e concreta, non solo a parole. Ecco perché in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente che ha come titolo “È il momento della Natura” vogliamo ribadire quanto sia importante sin da subito prendere la strada della sostenibilità e fare sì che l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile diventi la road map da seguire. Interessi economici, interessi sociali e interessi ambientali sono i tre pilastri su cui costruire una società sostenibile. La sostenibilità si realizzerà solo se questi tre parametri avranno uguale dignità e importanza in tutte le decisioni. Nell’esatto momento in cui uno dei tre parametri acquisterà maggiore importanza rispetto agli altri il sistema precipiterà nuovamente. Dare uguale dignità agli interessi economici, sociali e ambientali, tenere insieme la giustizia sociale e quella climatica, è la rivoluzione che dobbiamo fare, senza nessun tentennamento. La rivoluzione dell’uguaglianza non può aspettare.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]
Congresso 2024: regolamento congressuale
Il congresso 2024 di Possibile si apre oggi 5 aprile: diffondiamo in allegato il regolamento congressuale elaborato dal Comitato Organizzativo.