Non vi stupiremo con mosse spregiudicate, velocissime, roboanti o polemiche, domani a Bologna. Né parleremo di correnti e correntine.
Possibile è una porta aperta sul cambiamento.
Presenteremo un Patto-non-del-Nazareno con i cittadini, sui principi fondamentali della democrazia e della rappresentanza che sola dà un senso alla politica. Ci occuperemo di riforme, per ribadire la necessità che gli elettori scelgano gli eletti e non siano i politici a farlo, nominando se stessi (Andrea Pertici). Illustreremo il risultato della nostra ricognizione, e scopriremo cosa votano gli elettori di centrosinistra, chi vota il Pd, chi non lo vota più, chi non vota e basta.
Avvieremo un nuovo semestre europeo — dopo quello mancato che sta terminando — per promuovere una grande riflessione, in Italia, con i protagonisti di tutte le sinistre europee e le forze di progresso, sulla questione del debito, della sostenibilità e di una via d’uscita dalla crisi che ancora non si vede e che non si trova certo nelle proposte che l’esecutivo ha sbandierato: verso una conferenza europea sul ‘debito’ e sulle regole che sovrintendono dal punto di vista economico e finanziario l’Unione europea.
Ci confronteremo con le forze del lavoro e della produzione, dopo mesi di polemiche in cui il principale partito di sinistra ha voluto collocarsi sulle tradizionali proposte della destra che ha governato il Paese negli ultimi vent’anni. Discuteremo di licenziamenti e però di partite Iva, di rappresentanza sindacale e di chi non ce l’ha. Da Terni a Taranto, passando per lo sciopero generale di venerdì 12 dicembre.
Insisteremo per l’introduzione di un reddito minimo garantito, cercando una grande coalizione con tutti coloro che sono favorevoli. Avanzeremo una proposta di revisione in senso progressivo delle aliquote delle tasse sul reddito e una revisione della tassa di successione (Rita Castellani e Gianni Principe).
Parleremo di legalità, lanciando il secondo «Giorno legale», in cui portare all’attenzione proposte ancora più precise e impegnative, dopo l’escalation di questi mesi, con le vicende del Mose, dell’Expo, di Mafia Capitale, con soluzioni legislative per superare il «massimo ribasso», perché le gare non siano condizionate e truccate, perché la corruzione sia punita e perché le tante leggi vergogna (talmente vergognose che sono ancora tutte lì) siano finalmente cancellate (Lucrezia Ricchiuti e Salvo Tesoriero).
Presenteremo un percorso culturale (e politico e amministrativo) per un’Expo che non sia solo una parata, ma una grande occasione di conversione ecologica del Paese. Contro la fame, in Italia e nel mondo. Insisteremo su un modello di sviluppo diverso dal tremendo Sblocca-Italia, che muova dall’efficienza energetica e da una mobilità ripensata, dedicandoci all’unica grande opera che serve davvero: quella per rimettere a posto il territorio e per nobilitare il paesaggio (Marco Boschini e Stefano Catone).
Proporremo una campagna europea contro i paradisi fiscali, le delocalizzazioni irresponsabili e interessate, le tasse che le multinazionali pagano dove vogliono (e quindi non pagano) (Elly Schlein).
Presenteremo un pacchetto di proposte per arrivare alla legge di parità sul modello francese, per ribadire la questione della cittadinanza femminile in questo Paese e insisteremo perché ci sia il rispetto della dignità e della sensibilità di tutte, a partire dalla corretta applicazione della legge 194 (Marina Terragni).
Parleremo di povertà e di miseria (si chiamano così, incapienti è parola ipocrita come poche altre), di esclusione e di come non ci siano risposte adeguate per i poveri e per gli esclusi, per via di una vera e propria «rimozione» da parte del governo e in generale della politica italiana.
Scriveremo un progetto di governo che in Italia ancora non c’è, un progetto possibile e insieme ‘necessario’ per cambiare le cose. Le ricette che vediamo in azione non sono risolutive, non riducono le diseguaglianze, non cambiano la struttura delle cose.
Meno promesse-cambiali, meno annunci, meno comunicazione fine a sé stessa e al proprio consenso, più sostanza e più partecipazione.
Non sarà un progetto solo a parole, ma di mobilitazione, perché le azioni proposte si diffondano, siano assunte dagli enti locali, entrino nel dibattito pubblico e si affermino come condizioni del cambiamento, in profondità e chiarezza.