Partiamo da Manaus. La capitale dello Stato di Amazonas è stata la prima città a collassare durante la seconda ondata della pandemia dopo le festività di fine anno: è finito l’ossigeno negli ospedali della città causando la morte di molti pazienti in un reparto COVID per asfissia. 235 pazienti sono stati trasferiti, non si sa in quali condizioni, verso ospedali di altri Stati. Non si conosce ancora il numero dei morti.
La mancanza dell’ossigeno era già stata comunicata al governo all’inizio di gennaio, ma il Ministro della Salute, Eduardo Pazzuelo, aveva affermato che non avrebbe potuto fare niente e che la città avrebbe dovuto aspettare. Tutto ciò a danno anche di pazienti non-covid, come i neonati prematuri o quelli con problemi respiratori, che ora vengono sparsi per il Paese.
Questa tragedia, frutto dell’irresponsabilità e della totale mancanza di considerazione del governo federale per il popolo brasiliano, purtroppo era già annunciata e avrebbe potuto essere evitata. Solo dopo qualche giorno il Presidente Jair Bolsonaro e il Ministro della Salute si sono attivati per tentare di rimediare, provando a inviare a Manaus, d’urgenza, l’ossigeno necessario con un aereo delle Forze Armate. Un aereo che, però, si trovava in manutenzione e non poteva volare. Hanno dovuto delegare perciò l’aiuto ad una compagnia aerea privata, che si è offerta di fare il trasporto.
Il mese scorso, quando il Governatore dello Stato di Amazonas Wilson Lima ha decretato la chiusura delle attività non essenziali, ha poi dovuto cedere alla pressione dei bolsonaristi imprenditori, autorizzando la riapertura totale dei negozi il giorno seguente causando il raddoppio del numero di contagi e, di conseguenza, il numero di vittime e funerali. Una situazione tragica, plasticamente rappresentata dall’acquisto di celle frigorifere dei cimiteri per conservare i troppi corpi.
In Brasile non esiste una proposta federale per combattere il virus. Lo stesso Presidente minimizza i suoi effetti, stimola assembramenti, pubblicizza la clorochina come un medicinale efficace, è contrario a misure restrittive, non garantisce supporto finanziario alla lotta contro il Covid, mette in dubbio l’efficacia dei vaccini esistenti, il tutto mentre i governi degli Stati sono costretti ad arrangiarsi come possono, senza una strategia nazionale.
Soltanto dopo la tragedia di Manaus e molta pressione popolare e politica, finalmente, domenica scorsa è stato approvato dall’ANVISA (i cui dirigenti sono nominati dal governo federale) un vaccino realizzato attraverso una collaborazione tra scienziati brasiliani e cinesi – tanto criticato da Bolsonaro, che aveva dichiarato di non volerlo assumere per non “diventare un coccodrillo”.
Tante richieste di impeachment sono state fatte al Presidente della Camera dei Deputati Rodrigo Maia, ma la concretizzazione è difficile per il numero di deputati che attualmente sostengono ancora il governo Bolsonaro.
La dichiarazione del Presidente fatta proprio il 18 Gennaio scorso, inoltre, in questo periodo di tensione per lui, fa vedere i suoi reali intenti: “abbiamo ancora libertà (…) ma tutto può cambiare”, “Le Forze Armate decidono se ci sarà ancora democrazia”.
Considerato tutto quello che succede nella Foresta Amazzonica, considerate le discrepanze economiche e sociali nel Paese considerata i tratti machisti e razzisti di buona parte della società e della politica brasiliana, considerata la situazione catastrofica della pandemia da Covid-19, quanto tempo ci vorrà ancora prima che questo governo venga smantellato?
Quale altro fondo si dovrà toccare prima che chi da mesi urla a gran voce #ForaBolsonaro venga finalmente e urgentemente ascoltato?
Thais Bonini
Nadia Monti
Comitato “Marielle Franco” di Reggio Emilia