Nei prossimi giorni ripartiranno – pare – le riforme costituzionali. E soltanto in questa legislatura si tratta almeno della terza partenza.
Dopo circa quarant’anni di discussioni e tentativi sulle riforme costituzionali, in realtà, si dubita sia opportuno che a farle sia proprio questo Parlamento, eletto in base ad una legge dichiarata incostituzionale. Questo infatti – come abbiamo già più volte scritto e ieri ha detto anche Pace su Repubblica – determina quantomeno un problema di legittimazione politica (non giuridica) a procedere alla revisione della Costituzione.
Per di più temiamo che sulle riforme costituzionali si faccia un affidamento eccessivo quale chiave di risoluzione della lunga crisi italiana che è, invece, anzitutto una crisi politica.
In ogni caso, se le riforme partono, occorre riflettere molto bene su quali siano gli obiettivi che con esse ci proponiamo, i contenuti essendo poi conseguenti.
Dal nostro punto di vista, le riforme costituzionali devono rispondere in primo luogo all’esigenza di favorire e accrescere la partecipazione dei cittadini, anche attraverso il miglioramento del funzionamento delle istituzioni, mirando, in particolare, a rendere più forti ed efficienti il Parlamento e il Governo e a eliminare organi o enti che risultano superati.
Questi obiettivi risultano contenuti nella proposta di legge di revisione costituzionale a prima firma Civati recentemente presentata alla Camera. Essa interviene, infatti, a superare il bicameralismo perfetto, migliorare l’efficienza del Parlamento e, in particolare, della sua capacità di legiferare e di svolgere la necessaria funzione di controllo sul Governo, cardine di una Repubblica parlamentare come la nostra. La riforma tocca soprattutto il Senato, il suo ruolo e quindi la sua composizione. In questo senso esso assume il ruolo di una Camera alta (e non come talvolta alcune proposte sembrano mirare a fare di una Camera secondaria), con funzioni di riflessione, controllo e garanzia e – come sviluppo di queste, attraverso una corretta lettura del ruolo di una Camera delle autonomie – anche funzioni di coesione territoriale. Queste funzioni vengono ritenute più adeguatamente svolte da un Senato in larga parte elettivo, seppure meglio ancorato al territorio e certamente snellito attraverso una forte riduzione del numero dei suoi componenti che si accompagna ad una significativa riduzione dei deputati. In coerenza con le esigenze di snellimento delle istituzioni e di miglioramento della loro efficienza è prevista la eliminazione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e – in linea con un orientamento ormai diffuso – si porta a compimento, nell’unico modo corretto (quello della revisione costituzionale, appunto), il superamento delle Province. Il titolo V della parte seconda della Costituzione, anche in collegamento con la riforma del Senato, è poi oggetto di (altre) modifiche suggerite dall’esperienza di questi anni, in cui si è registrata una eccessiva conflittualità tra lo Stato e le Regioni in ordine all’esercizio delle competenze legislative (la Corte costituzionale avendo dovuto svolgere una importante opera di ridefinizione dei rispettivi ambiti di intervento). Per questo sono stati apportati importanti aggiustamenti agli elenchi delle materie di competenza esclusiva statale e di quelle concorrenti, precisando meglio – in relazione a queste ultime – il ruolo della legge statale e di quella regionale inserendo il principio di unità giuridica ed economica della Repubblica.