“La parola d’ordine è Accompagnare. Dobbiamo lavorare attivando risorse locali, associative, umane per un solo obiettivo: far sentire italiano chi cresce in Italia, il famoso “popolo dello ius soli”. Ilda Curti, classe ’64, dottoressa in Filosofia, livornese di nascita e crescita, torinese d’adozione. Cittadina del mondo e soprattutto d’Europa, della cui nascita è testimone fedele, negli anni entusiasti che vanno dall’89 al ’94. “Una visione: firmammo il Trattato di Maastricht, avevamo in testa un continente realmente democratico, socialmente coeso. Oggi vedo una sua fredda e brutta copia, appiattita su logiche economicistiche. Scontiamo anni di incultura europea: nelle istituzioni, nei partiti e soprattutto nelle scuole.”
Ilda, da assistente al Parlamento Europeo, impara a maneggiare con cura e costruttività la cosiddetta Europrogettazione. Quando torna “a casa”, “riparte” e non si ferma più: costruisce ponti, reinventa quartieri, cura le relazioni internazionali della città di Torino. Fino a quando Chiamparino non la chiama per diventare Assessore nel 2006. Dopo 5 anni di lavoro sarà rieletta nel 2011 con Fassino sindaco.
“La parola d’ordine è Accompagnare. Torino, oltre ad essere una città praticamente “pugliese” grazie all’emigrazione industriale del dopoguerra, è RICCA del “popolo dello ius soli”. Dobbiamo lavorare attivando risorse locali, associative, umane per un solo obiettivo: far sentire italiano chi cresce in Italia.” Ilda, in una realtà torinese che definisce “multietnica, multiculturale, multireligiosa, plurale”, si è occupata del delicato tema dell’integrazione: “Per i bambini a scuola è normale trovarsi accanto a quelli che gli adulti penserebbero come “diverso”. Spesso sono i genitori italiani a porre il problema, a dare giudizi positivi o negativi condizionando i figli, mentre è facile fare un patto con le famiglie di immigrati, che capiscono cosa devono affrontare i loro figli.” Ilda è chiara: “Smettiamola con la logica dell’assimilazione e passiamo a quella della pluralità come valore. Pur cercando di risolvere differenze sociali e materiali, nessuno deve rinunciare a sé stesso: è proprio vero che le differenze sono un valore. Dobbiamo recuperare il tema dell’inclusione sociale, della solidarietà giusta senza assistenzialismo. E poi il merito non ha senso senza uguaglianza d’accesso nell’istruzione e nel lavoro.”
Ilda entra nel difficile ma avvincente campo del Partito Democratico solo nel 2009, senza però rinunciare ad essere la libera “eretica” che e è sin dai tempi del PCI. “Eppure ho in me, anch’io, il famoso ‘corpaccione’. L’ho sentito tutto, pesantemente, addosso, quel 19 Aprile.” “Si è rotto l’incantesimo della Fata Dispettosa: ci siamo finalmente liberati da questa patologia psicosociale. Restano macerie, orfani che vagano piangendo sulle rovine. Case distrutte, sofferenza, rabbia”, scrive prorprio quel giorno sul suo sito.
“L’organizzazione di un partito è ancora un tema primario, merita rispetto la politica intesa come servizio. Ma serve essere indipendenti: la vita di chi ci si dedica deve prescindere dalla politica. E poi: vogliamo o no recupare una funzione pedagogica alla politica, la capacità di sognare il cambiamento, di mostrarlo possibile leggendo la società del futuro? Si può fare solo in un partito dove si imparano imparano anche delle cose. Il grillismo è la reazione scomposto della scomparsa della moralità dal panorama dei valori della politica: quando gestisco i soldi dell’amministrazione faccio due volte attenzione, proprio perché non sono miei, ma di tutti.”
E continua: “Certo che serve una leadership! Ma anche una rete di persone competenti che sviluppano temi condivisi e rappresentativi. Civati mi piace anche perché è un antidivo: va controcorrente rispetto ad una personalizzazione eccessiva della politica. Ci vuole un grosso lavoro culturale che vada a scavare dove sono giacimenti di intelligenza e senso critico, senza paura.”
Ma come invitiamo ancora le persone ad una sfida come il Congresso del Pd? “Quando vado a pranzo a casa dei miei, che mi hanno cresciuto autenticamente di sinistra, faccio la parte di D’Alema: mi prendo tutto le colpe e le infamie. Poi però scatta la minaccia: o entrate e ci date una mano, o a cena non ci vengo più.” Noi speriamo nella prossima cena. Primo piatto: rinnovato entusiasmo.
#Civoti 04: Ilda Curti