A differenza di quanto sostiene Cottarelli, la differenziazione degli indirizzi è una conquista che valorizza i talenti di ogni persona.
Ma la differenziazione degli indirizzi ha valore se slegata dall’etichettamento degli istituti e di chi studia. “Al professionale va chi non vuole studiare” mentre “al liceo va chi ha voglia di studiare”. Quante volte l’abbiamo sentito: etichette che gettano semi di future disuguaglianze sociali.
Cottarelli però fa come quello che dice di aver pulito casa spostando la polvere sotto al divano: la complessità non si risolve evitando di guardarla ma affrontando le cause che indirizzano studentə, docenti, personale ATA e dirigenti verso vite infelici.
Il primo passo per combattere future disuguaglianze sociali e per fare in modo che lə studentə non sentano sin da giovani il peso dell’etichetta, bisogna agire verso nuovi obiettivi.
Che fare?
Possiamo partire da due azioni concrete, una strutturale e una progettuale.
Prima di tutto è necessario stanziare fondi per gli istituti delle nostre periferie perché trasformino spazi fatiscenti e spesso insicuri (l’amianto è ancora presente in oltre 2.400 strutture scolastiche: un problema che grava sulla salute di circa 350 mila studentə e 50 mila docenti e personale ATA) in luoghi funzionali e innovativi dove è bello vivere e lavorare. E’ quello che succede in alcuni territori fortunati della nostra penisola; ma fortuna ed equità non possono coesistere in uno Stato che ha inserito la seconda in Costituzione.
Dal punto di vista progettuale, bisogna ripensare l’orientamento scolastico, trasformando gli open day e le attuali giornate di marketing e acquisizione clienti (modalità perfettamente in linea con la logica della scuola-azienda) in percorsi lenti di esplorazione e scoperta di potenzialità, talenti e passioni personali.
Serve un nuovo paradigma di orientamento, che accolga al suo interno anche docenti e personale ATA: perché l’orientamento di cui c’è bisogno non è solo quello dellə studentə verso una vita futura costellata da scelte consapevoli e sentimenti di autorealizzazione, ma anche quello quotidiano di migliaia di persone che chiedono di essere ascoltate per realizzare un benessere individuale che, sull’altra faccia della stessa medaglia, scopre di essere anche collettivo, comunitario. Finanziare gli istituti perché diventino luoghi belli dove studiare e lavorare e orientare quotidianamente studentə e professionistə sono i primi passi per cancellare le “scuole per la borghesia e quelle per il proletariato”; sono i primi passi per creare autentiche comunità educanti, comunità fatte di persone che possono valorizzare il loro potenziale avendo un obiettivo condiviso: vivere una vita felice nell’ascolto dell’originalità di ognunə. E questo obiettivo, caro Cottarelli, è tanto complesso quanto meraviglioso.