Quando Andrea Pertici, professore Ordinario di diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa e Avvocato, sale sul palco dell’Estragon, a Bologna, comincia a descrivere la sua idea di un PD diverso, di un Pd “che la pensa come te”, un partito che deve recuperare quella vocazione ad unire che era nello spirito dell’Ulivo. Unire sistema politico e cittadini è possibile attraverso gli strumenti della democrazia orizzontale, opposti al verticalismo della forma presidenziale, che in questo paese viene declinata nella forma dei personalismi. La partecipazione invece viene regolarmente dimenticata, specie quando si tratta di decidere sulle questioni fondamentali della nostra comunità.
Lo incontro nel backstage per questa intervista e immediatamente penso a quanto la nostra politica abbia inventato vie tortuose e cervellotiche per non cambiare nulla. Gli chiedo che cosa lo avesse colpito del percorso di Giuseppe Civati, perché ha deciso di far parte di questa squadra. La sua risposta è semplice ma significativa: “la sintonia”, la “simpatia” – aggiunge – “nel senso proprio del termine, come affinità ideale, nell’approccio e nei contenuti”. Nell’approccio, per la capacità di parlare con chiarezza e determinazione, ancorché con toni garbati, e nei contenuti, per l’idea di cambiare punto di vista e ricostruire i rapporti sociali oggi deteriorati, anche avendo riguardo ai temi di suo più specifico interesse professionale: i temi costituzionali ed elettorali, della partecipazione, del conflitto d’interessi e dei diritti civili.
Appunto, parliamo di riforme costituzionali e più precisamente di riforma dell’articolo 138 della Costituzione. “La riforma dell’articolo 138 è servita, per ora, a rinviare le riforme costituzionali necessarie, che sarebbero limitate e da fare subito: penso, in particolare, alla riforma del bicameralismo paritario e alla riduzione del numero dei parlamentari. Per approvare queste riforme non serve cambiare il 138, anzi, la procedura di revisione costituzionale dovrebbe essere mantenuta inalterata. E utilizzando questa, oggi potremmo già avere una riforma costituzionale in questo senso”.
È stato detto che questa riforma costituisce un attacco al 138. “Appunto, sarei più cauto nei toni, forse non lo definirei un attacco vero e proprio. Si tratta di una deroga che varrebbe soltanto per una volta come se questa volta si dovesse seguire – chissà perché – una procedura diversa. Certamente nella modifica ci sono cose che non mi piacciono: anche la possibilità di proporre un referendum comunque può essere solo apparentemente una spinta verso una maggiore democratizzazione del procedimento, ma soprattutto l’impressione che continuo a trarne è che tutto questo servisse soprattutto ad allungare i tempi delle Larghe Intese, che – si sa – aspirano ad una certa lunghezza”.
Ma ormai le Larghe Intese sono diventate Strette Intese. Il progetto è fallito?“Il progetto di legge non è fallito, è ancora in corsa. Dobbiamo attendere dopo il 15 Dicembre quando la Camera dovrebbe deliberare il testo in seconda lettura, decorsi i tre mesi dalla precedente approvazione. A questo punto bisogna vedere se il testo è approvato a maggioranza dei due terzi, che senza Forza Italia non ci sono, o a maggioranza assoluta, poiché in questo secondo caso può essere richiesto il referendum popolare che potrebbe rimettere tutto in discussione. A fronte di questo rischio il Governo e la nuova maggioranza (senza Forza Italia) potrebbero decidere di procedere con una riforma più snella senza procedure particolari. Quella riforma che, se fosse stata proposta a maggio, oggi sarebbe in vigore”.
Nel suo discorso, lei ha citato la riforma della Legge Elettorale fra le riforme non più rimandabili, ma il Porcellum è ancora al suo posto. “Non è stata trovata ancora una soluzione nella attuale maggioranza. Sono falliti quasi tutti i tentativi di mediazione al Senato. L’unica convergenza possibile è sulla legge Mattarella ma l’unico che la sostiene veramente è Giuseppe Civati, che è sempre rimasto su questa posizione. Anche altri leader politici convergono su tale soluzione, ma a giorni alterni e con significative variazioni. Domani (2 dicembre, ndr.) in calendario vi è la riunione della Commissione Affari Costituzionali con in programma il seguito dell’esame delle proposte di legge in merito vediamo cosa succederà. Il 3 dicembre invece la Corte costituzionale potrebbe dichiarare incostituzionale, almeno in parte, la legge vigente, quella che è appunto nota come Porcellum”.
Alcune di queste proposte riprendono la cosiddetta Bozza Violante del doppio turno di coalizione. “Quello cui lei si riferisce è un progetto di riforma della legge elettorale vigente che cambia il criterio di attribuzione del premio di maggioranza, stabilendo due ipotesi: se la coalizione raggiunge almeno al 40%, l’attribuzione avviene direttamente al primo turno; altrimenti avviene il ballottaggio fra le due coalizioni più votate. Non è il doppio turno di collegio ma di premio, e come oggi finisce per attribuire comunque un grande numero di seggi – tutti insieme – a chi vince anche per un voto”.
Dal palco ha parlato di una prossima proposta di legge che Civati presenterà in Parlamento sul Conflitto di Interesse. Di cosa si tratta? “La proposta di legge si ispira al modello adottato nel sistema americano, nel quale si predilige la via della prevenzione contro quella della repressione che arriva dopo e quindi troppo tardi (soluzione che ha sinora ispirato le diverse proposte di legge in Italia, poi rimaste sulla carta, ndr). Si compone di diversi istituti a seconda delle caratteristiche del conflitto che intende prevenire, ovvero l’incompatibilità, l’astensione, l’obbligo del blind trust, fatta salva la possibilità per il titolare di dismettere le sue proprietà. La Commissione di Venezia è stata chiara, del resto, nel dire che fare politica è una scelta che comporta determinati oneri”.
Infine, parliamo di Giustizia. C’è stata una volontà riformatrice che si è rivelata troppo spesso punitiva nei confronti del Terzo Potere dello Stato.“Il problema giustizia ha – come noto — subito un forte condizionamento. Non a caso, il disegno di legge di riforma costituzionale che passa per la modifica del 138 non riguarda il Titolo IV (sulla Giustizia) per il timore di dover metter mano al dettato costituzionale insieme a chi sostiene certe posizioni, come quelle secondo cui la persona eletta dal popolo non è assoggettabile alla legge e alla magistratura. Ma il problema giustizia è più ampio, investe il penale, il civile ed è particolarmente grave, ad esempio, in relazione alla durata dei processi. L’Italia ha ricevuto ripetute condanne dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e sinora non sono state messe in campo soluzioni davvero efficaci”.
Cambiare questo atteggiamento significherebbe molto, per il Partito Democratico. Significherebbe, in un colpo, riaprire la porta al criterio dell’uguaglianza dinanzi alla legge, che abbiamo troppo spesso dimenticato.
#Civoti 31: Andrea Pertici
P.S. Mentre questa intervista viene trascritta, la Commissione Affari Costituzionali al Senato ha annullato la seduta del 2 dicembre, quella in cui si sarebbe dovuto discutere l’Ordine del Giorno di Calderoli volto a reintrodurre la legge Mattarella. Ogni mediazione sulla Legge Elettorale è fallita, quindi, e la strada per il giudizio di legittimità costituzionale sul Porcellum è definitivamente spianata.