Dal cratere sismico, un appello per rimettere in piedi il paese

Sono tra­scor­si due anni.
Due anni da quan­do una lun­ga feri­ta sul­la cro­sta ter­re­stre ha por­ta­to deva­sta­zio­ne e mor­te in 140 Comu­ni del Cen­tro Ita­lia.
Due anni di paro­le, di pro­mes­se, di passerelle.
Due anni di tan­ta gene­ro­si­tà e soli­da­rie­tà, alle qua­li però non ha sapu­to cor­ri­spon­de­re un’azione isti­tu­zio­na­le all’altezza.

In que­sti due anni Pos­si­bi­le ha pro­va­to sem­pre a fare la sua par­te, por­tan­do aiu­ti, atten­zio­ne, lavo­ro poli­ti­co e uma­ni­ta­rio. Quel­lo che un par­ti­to dovreb­be fare, quel­lo che sap­pia­mo fare. Ma dopo due anni le paro­le che più ci ripe­to­no quan­do andia­mo in quei luo­ghi sono anco­ra: “deso­la­zio­ne e abban­do­no”.
È sot­to gli occhi di tut­ti come, in due anni, i pas­si avan­ti sia­no sta­ti mini­mi. Se qual­cu­no è riu­sci­to a rial­zar­si l’ha fat­to da solo con i pro­pri mez­zi, ma tan­ti, tan­tis­si­mi non ce l’hanno fat­ta. Mol­ti comin­cia­no a cede­re e tut­ti guar­da­no al futu­ro con angoscia.

Dopo due anni, è incre­di­bi­le dir­lo, non è anco­ra ter­mi­na­ta la fase di emergenza.
In un momen­to in cui ogni gior­no ci si inven­ta una nuo­va emer­gen­za fin­ta, l’emergenza vera non l’affronta nes­su­no.
Dopo due anni ci sono anco­ra mol­te per­so­ne che vivo­no in roulotte.
Dopo due anni sono anco­ra miglia­ia gli sfollati.

Dopo due anni è del tut­to evi­den­te che que­sto Pae­se non è sta­to e non è all’altezza di quel­lo che è suc­ces­so, che non c’è una visio­ne di insie­me e di pro­spet­ti­va, che for­se non c’è una rea­le volon­tà di rico­stru­zio­ne, che l’abbandono e lo spo­po­la­men­to di lar­ga par­te dell’Appennino sono ogni gior­no di più dram­ma­ti­che real­tà e il malaf­fa­re tro­va uno spa­zio di azio­ne sem­pre più ampio.

E tut­to que­sto, secon­do noi, non riguar­da “sol­tan­to” i 140 comu­ni del cra­te­re, ma ha a che vede­re con l’intero Pae­se e tut­ti noi. Per­ché è l’Italia tut­ta ad esse­re spa­ven­ta­ta e bloc­ca­ta dal­la pau­ra. Per­ché è tut­to il Pae­se che ha biso­gno di una radi­ca­le ricostruzione.

E allo­ra, sic­co­me tra un dibat­ti­to sull’inesistenza del­la sini­stra e l’altro da qual­che par­te biso­gna rico­min­cia­re, noi rico­min­cia­mo da qui.
Non tra altri due anni, ma a fine set­tem­bre. Nel­le Mar­che, nel cuo­re del cra­te­re che con­ta il mag­gior nume­ro dei comu­ni col­pi­ti e di cui non si par­la mai, che qua­si nes­su­no cono­sce. Non fare­mo una pas­se­rel­la, non ci lasce­re­mo anda­re alla con­tem­pla­zio­ne del dolo­re, non fare­mo acco­ra­ti appel­li, ma comin­ce­re­mo a rico­strui­re sul serio. Un mat­to­ne per vol­ta. Non sarà un even­to fine a se stes­so ma una vera e pro­pria comu­ni­ca­zio­ne di ini­zio lavo­ri. Sarà l’occasione per dare un appun­ta­men­to a tut­ti quel­li che han­no voglia di rim­boc­car­si le mani­che e fare la pro­pria par­te, a chi ha una pro­po­sta rima­sta ina­scol­ta­ta, a chi ha qual­co­sa da dire, a chi vuo­le ascol­ta­re, a chi ha un pro­get­to da rea­liz­za­re, a chi ha una sto­ria da far cono­sce­re, una visio­ne da con­di­vi­de­re, un esem­pio da dif­fon­de­re, un’esperienza da mutuare.

Stia­mo coin­vol­gen­do le isti­tu­zio­ni loca­li e un grup­po di pri­va­ti dispo­sti dar­ci una mano. Abbia­mo un pro­get­to con­cre­to e lo por­te­re­mo avan­ti dal­le fon­da­men­ta al tet­to per dimo­stra­re che la pau­ra si bat­te sol­tan­to con il corag­gio, che la sta­si si vin­ce con l’azione e che la sini­stra avrà un futu­ro sol­tan­to se smet­te­rà di chiac­chie­ra­re e comin­ce­rà a fare sul serio.

Que­sto è un appel­lo a chi vuo­le par­te­ci­pa­re con noi a rimet­te­re in pie­di que­sto Pae­se. Mol­to pre­sto vi fare­mo sape­re il luo­go e la data di ini­zio lavo­ri. Ci tro­ve­re­te lì, sarà faci­le rico­no­scer­ci, sia­mo quel­li che han­no ini­zia­to a fare ciò che non si può più rimandare.
Vi aspet­tia­mo, per­ché c’è biso­gno di teste e di brac­cia per tira­re fuo­ri l’Italia dal­la deso­la­zio­ne e dall’abbandono.

 

 

 

 

 

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