[vc_row][vc_column][vc_column_text]Da sei giorni e sei notti i lavoratori del call center Qè di Paternò occupano la sede del Comune. Un atto clamoroso che arriva alla vigilia della scadenza degli ammortizzatori sociali. Dal 6 dicembre, infatti, scade la mobilità e centinaia di lavoratori, dopo un anno di manifestazioni, sit-in di protesta, e incontri con tutti i livelli istituzionali, da quelli locali a quelli nazionali, non avranno più alcun reddito. In questi giorni, nella sede del Comune occupato, in tanti sono arrivati a dare la propria solidarietà, politici, semplici cittadini, lavoratori e rappresentanti sindacali di altre aziende come StMicroelectronics e Almaviva che hanno anche avviato raccolte fondi per sostenere la lotta.
Sabato scorso si è anche riunito il consiglio comunale straordinario, cui hanno partecipato anche molti sindaci del comprensorio, in cui è stato approvato, all’unanimità, da soggetti istituzionali e parti sociali, un documento che impegna tutte le parti a farsi promotrici di azioni che da una parte garantiscano continuità di reddito ai lavoratori cui scadono gli ammortizzatori sociali e dall’altra il rientro nel territorio delle commesse (in particolare quella Inps), “scippate” dopo la chiusura del call center Qè per malagestione imprenditoriale. I lavoratori chiedono che i volumi di lavoro rientrino a Paternò, alla nuova azienda Nethit, nata sulle ceneri di Qè con altro imprenditore, consentendo così il riassorbimento dei lavoratori.
Adesso si attende che la regione si attivi per sollecitare la riapertura del tavolo al ministero dello Sviluppo Economico, così come promesso sabato, nel corso del consiglio comunale, dal governatore della Sicilia, Nello Musumeci. Nel frattempo l’occupazione continua ad oltranza.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]