I referendum possibili, per cui è in corso la raccolta firme, anche se sono abrogativi (non essendo stata accolta la proposta Civati di introdurne anche di propositivi) puntano a costruire con il voto popolare – con 8 sì – una società molto diversa da quella che la politica degli ultimi vent’anni ci ha propinato, con progressiva esclusione dei cittadini dalle decisioni pubbliche.
Insomma, l’idea è sempre quella: la partecipazione dei cittadini, sulla quale abbiamo insistito in sede pubblica e parlamentare (anche attraverso la presentazione di proposte di legge), e che abbiamo cercato di illustrare più diffusamente Appartiene al popolo (Melampo, 2014).
Per questo dei quattro temi oggetto degli otto referendum: democrazia, ambiente, lavoro, scuola è proprio il primo quello che tutti li tiene insieme. I cittadini – in quanto sovrani ai sensi dell’articolo 1 della Costituzione – devono essere gli autori delle decisioni che li riguardano. E questo si può fare, in alcune occasioni, come questa, attraverso il ricorso alla democrazia diretta, ma soprattutto passa attraverso la possibilità di decidere davvero da chi essere rappresentati e quindi attraverso la legge elettorale.
Ecco, l’Italicum è una legge piena di difetti: dalla sua entrata in vigore differita alla sua applicabilità a una sola Camera anche se ne continueranno a essere elette due, senza considerare il premio di maggioranza e le sue modalità di attribuzione, i capilista bloccati, le candidature plurime ecc. Tutti aspetti che ci hanno portato a chiedere la abrogazione anzitutto dell’intera legge (rimanendo applicabile il consultellum) o almeno i suoi aspetti di negativi come i capilista bloccati e le loro candidature plurime.
Ma chi vuole abrogare l’Italicum o le sue maggiori strutture vuol dire solo no? Certamente non è così: anzitutto – come abbiamo spiegato – con il referendum si dice Sì… ma soprattutto i referendum che abbiamo proposto intervengono su questioni su cui la nostra proposta c’è. E da tempo.
Questo vale anzitutto per la riforma elettorale, in relazione alla quale proponiamo sin dall’autunno 2013 che si torni ad un sistema – come il Mattarellum (magari nella versione del Senato per non rimanere ostaggio di listini bloccati previsti per la Camera) – basato sul collegio uninominale, che consente un reale rapporto elettore-eletto e una migliore qualità di questi ultimi che devono essere capaci di reggere una sfida con altri contendenti quel seggio parlamentare. Secondo l’esempio del Mattarellum – sulla quale in questo Parlamento ci sarebbe stata da subito una maggioranza se non si fosse voluto che di questa facesse necessariamente parte anche il vecchio PdL – una quota di seggi sarebbero assegnati con un recupero proporzionale (essenzialmente dei migliori perdenti) che stimolerebbe tutti a fare una bella campagna di confronto e partecipazione.
Si tratta di un sistema che dovrebbe essere accompagnato – ai fini della attribuzione della candidature nel collegio – con elezioni primarie.
Questa proposta, chiara, lineare, facilmente intellegibile da tutti e sicuramente in linea con la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 potrebbe essere a portata di mano, ma soltanto una volta eliminato l’italicum. E questo ormai è possibile soltanto attraverso la partecipazione ai referendum, all’indomani dello svolgimento dei quali – in attesa di approvare la nuova legge – rimarrebbe comunque il consultellum: cioè il porcellum ripulito dalla Corte costituzionale. La legge con la quale si voterebbe anche oggi e che certamente non presenta le distorsioni dell’italicum.
Questo per dire che diciamo proprio sempre Sì, non solo con il voto al referendum (otto Sì), ma – come sempre – anche con proposte precise e concrete.