di Luca La Barbera, Possibile Roma
“È il momento di dare, non di togliere” Sì Draghi, ma a chi diamo?
È recente l’annuncio della nuova manovra di bilancio, la prima del Governo Draghi.
Era il 23 settembre quando il Presidente del Consiglio Mario Draghi, all’Assemblea di Confindustria, dice “Il governo non aumenterà le tasse, è il momento di dare non prendere”.
Quello che viene da chiedersi, guardando la timidissima manovra, è a chi diamo, e soprattutto a chi non diamo.
Dicono “è stato trovato un accordo politico sulla riforma del fisco”. Eccola, la riforma. Nessuna riduzione per l’aliquota IRPEF più bassa, quella per chi ha un reddito fino a 15.000, che rimane al 23%.
Una lieve riduzione e modifica per i due scaglioni successivi — dal 27 al 25% per chi ha un reddito tra i 15.001 e i 28.000 euro e dal 38% al 35% per i redditi tra 28.001 e 50.000 euro — e un accorpamento degli ultimi due scaglioni — 43% per chi ha un reddito superiore ai 55.000 euro. Aumento insignificante per coloro che hanno super stipendi, chiamiamoli con il loro nome, i ricchi.
Nessuna patrimoniale.
E la plastic tax? Rinviata.
Ricordo bene quando venne annunciato il PNRR, si parlava solo di giovani. Ed effettivamente i “giovani” sono uno dei pilastri del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La cosiddetta “Next Generation”.
Cosa troviamo nella manovra di bilancio? Un bonus affitti per i giovani tra i 20 e 30 anni con un reddito non superiore a 15.493,71 euro. Bene, chi a 20 anni non ha un suo personale reddito, un suo stato di famiglia? Quanti giovani in seria difficoltà economica possono davvero usufruire di questo bonus? Si tratta come al solito di elemosina.
Si parla di giovani, sempre. E non ci si rende conto che i giovani di questi bonus non se ne fanno niente, nella maggior parte dei casi. Non solo abbiamo salari bassissimi — in Italia negli ultimi 30 anni sono diminuiti del 2,9% — ma spesso non vediamo neanche l’ombra di un contratto di lavoro (e così anche per l’alloggio).
E come facciamo ad avere un reddito personale?
Forse Draghi lo sa. Addirittura dice (al forum di Save The Children – Onlus) che la «situazione sta migliorando perché piano piano tutti noi grandi abbiamo cominciato a capire che voi siete al primo posto». Sì, come no. « Sognare», ha aggiunto, «fa bene ed è giusto, però quel che conta è oggi, è ora». Parole che subodorano di uno stucchevole paternalismo.
Siamo ancora in stato di emergenza, abbiamo superato una difficilissima fase pandemica, noi “giovani” siamo stati tra i più responsabili a vaccinarsi. Sono tantissime le ragazze e i ragazzi che hanno passato quest’ultimo periodo — quello della piena adolescenza, dello stare con gli amici, della scuola, della socialità — chiusi in casa. Il periodo peggiore è passato. Così dicono.
Ma sono aumentati i casi di ansia, depressione, insonnia. Sono aumentate le richieste di supporto psicologico e non sono aumentate le risorse dei centri di igiene mentale, degli sportelli psicologici nelle scuole, nelle università.
In media, uno studente universitario fuori sede, spende 11.000€ l’anno. Metti l’affitto, il trasporto, il cibo, i libri e il materiale didattico. Una stanza a Milano costa circa 500€ al mese, a Roma 400€. Studiare costa. E sono troppe le persone costrette a fare lavori — sei studente è quasi sempre un lavoro sottopagato e senza contratto — perché le famiglie non possono permettersi gli studi. Perché studiare costa, e ad oggi sono troppe le persone costrette a fare enormi sacrifici per garantire alle proprie figlie e ai propri figli il diritto a costruirsi una formazione culturale.
Vogliamo studiare, lavorare (ed essere pagati il giusto), vogliamo avere una vita dignitosa, vogliamo avere il diritto ad essere felici.
Stiamo chiedendo troppo?
Luca La Barbera,
Possibile Roma