Il disegno di legge Cirinnà è arrivato alla Camera. Brevissimo riassunto delle puntate precedenti: il disegno di legge, intitolato “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, è stato approvato il 25 febbraio scorso dal Senato, grazie al ricorso a un cosiddetto “maxi-emendamento”, che di fatto riscriveva il testo di partenza sulla base dell’accordo trovato tra Partito Democratico e Nuovo Centro Destra. A detta di molti, si tratta di un testo che contiene degli elementi che di fatto certificano una discriminazione, quella tra coppie eterosessuali e tra coppie omosessuali, disegnando un istituto giuridico ad hoc, differente dal matrimonio e più limitato, per le seconde.
Il disegno di legge approda ora alla Camera. Come potete ben immaginare, i margini di intervento non sono limitati: sono pressoché inesistenti. Il governo delle larghe intese e dei diritti stretti, infatti, può contare su un’ampia maggioranza. Come risultato, il nostro paese avrà finalmente una legge sul tema, la legge più arretrata d’Europa. Un capolavoro che ricorda una folle rincorsa in retromarcia.
Per noi, che crediamo nell’uguaglianza e nei diritti per tutti, resta comunque fondamentale proseguire mantenendo la bussola orientata sulle real issues, perché solo così, prima o poi, uguaglianza e diritti torneranno a essere popolari. Solo insistendo e non facendo passi indietro, nelle aule parlamentari così come nelle piazze.
Abbiamo perciò presentato e co-firmato pochi ma ben precisi emendamenti, che intervengono sugli aspetti che riteniamo assolutamente inadeguati. In primo luogo intervengono sull’istituto in sé, superando le unioni civili e allargando il matrimonio alle coppie dello stesso sesso. Reintroducono l’obbligo alla fedeltà, stralciato dal testo originale perché — come scrive Michela Marzano — «si vuole sottolineare il fatto che l’amore omosessuale è per “natura” promiscuo, meno profondo di quello eterosessuale, e quindi di serie “b”». Introducono l’obbligo alla “collaborazione nell’interesse della famiglia”. Sottolineano che non si tratta di bisogni “comuni”, quelli di una famiglia paritaria (o di un’unione civile, nel caso il testo rimanga invariato…) ma di bisogni della “famiglia”, appunto. Lo stesso per quanto riguarda le tutele legali e quanto previsto dal Codice civile, da equiparare a quanto previste dal matrimonio. Lo stesso discorso vale per la stepchild adoption (adozione del figliastro).