“Esaminare meno, esaminare tutti”, il principio alla base del concetto di appropriatezza in campo sanitario sembra in fondo voler rivisitare il celebre motto della campagna per le 35 ore.
Secondo un celebre studio pubblicato nel maggio del 2012 sul New England Journal of Medicine, infatti, ben il 30% della spesa sanitaria viene destinato a prestazioni che non portano alcun beneficio al paziente. Quindi, se ne ricava, intervenire sui cosiddetti “esami inutili” è tanto urgente quanto necessario, specie in un periodo di difficoltà economiche come quello che attraversa il nostro Paese.
Il Decreto “Lorenzin” del 9 dicembre 2015, che tratta appunto l’appropriatezza prescrittiva, ha suscitato però da un lato la preoccupazione dei medici, dall’altro la protesta dei cittadini. Allarmismo? Interessi lobbistici da parte della classe medica? A nostro avviso, no. La verità è che il decreto sta mettendo in luce, giorno dopo giorno, le sue molteplici lacune e i suoi aspetti negativi, minando inoltre la fiducia tra medico e paziente.
Ciò che non convince riguarda tanto la questione dell’appropriatezza in sé, quanto il quadro generale organizzativo del nostro Sistema Sanitario Nazionale.
Se l’appropriatezza è sicuramente un fine da perseguire per l’ottimizzazione delle spese, per evitare esami inutili ai pazienti, per accorciare le liste d’attesa, per orientarsi verso una medicina basata sulle evidenze, questo decreto di appropriato ha ben poco:
- L’appropriatezza in una medicina basata sulle evidenze dovrebbe tenere conto dell’evidenza scientifica, dell’esperienza del clinico e della preferenza del paziente. Ed è sempre bene ricordare che se col senno di poi è facile stabilire se una prestazione sia appropriata o meno, molto più difficile è farlo nel momento in cui la decisione clinica viene presa. Questa non è che la prima delle principali obiezioni che sono state poste nel dibattito sull’appropriatezza che ancora divide la comunità medica.
- L’introduzione di una sanzione pecuniaria a carico del medico che non effettua una prescrizione appropriata, provvedimento attualmente sospeso, è un metodo che di certo non farà diminuire il numero di esami non necessari prescritti, anzi, andrà ad aumentare solamente il fenomeno del “delegare ad altri” la prescrizione, nel timore di sanzioni. Tutto questo con un evidente danno per il paziente che si troverà spesso a dover ricorrere a specialisti per ottenere prescrizioni che prima poteva effettuare il MMG, questo anche perché alcuni esami necessitano da decreto di prescrizione specialistica: una visita specialistica corrisponde ad un ulteriore ticket da pagare per il cittadino, e viste le lunghe liste di attesa è un incentivo a ricorrere al privato, con un grande vantaggio per le assicurazioni. Il dover maggiormente ricorrere a specialisti non farà altro che aumentare le liste d’attesa e i costi per i cittadini a tutto vantaggio delle assicurazioni, le uniche per cui questo decreto pare appropriato.
- Il decreto non sembra chiarire in maniera efficace e precisa i meccanismi di controllo e i principi alla base degli stessi.
- Il meccanismo incerto messo in atto risulterà inoltre in un aumento delle ricette “bianche” che i medici di medicina generale, nell’incertezza, preferiranno a quelle del SSN. Questo porterà a un’ennesima disparità di trattamento, che in alcuni casi paradossalmente andrà a svantaggiare il cittadino con ricetta del SSN, che si troverà a pagare di più di quello con ricetta bianca.
Pensare, poi, che il problema della gestione economica del nostro Sistema Sanitario Nazionale si risolva intervenendo unicamente (e come abbiamo visto in maniera già poco accurata) sulla questione dell’appropriatezza, appare quantomeno un’illusione.
La crescente spesa sanitaria nei paesi occidentali ha tra le sue principali cause l’aumento dell’aspettativa di vita, e di conseguenza l’aumento della popolazione affetta da una o più malattie croniche. E’ questa popolazione, il cui numero è in costante crescita, ad assorbire la gran parte delle prescrizioni mediche. Ed è bene ricordare che si tratta proprio delle persone che maggiormente soffrono i disservizi di un Sistema Sanitario malfunzionante, sofferenza che si somma e moltiplica con le sofferenze dovute alle diseguaglianze sociali.
La prima azione, a nostro avviso, che andrebbe messa in atto per rispondere a questo quadro, è quella di rafforzare e migliorare le cure primarie, soprattutto negli aspetti relativi al coordinamento e continuità delle cure e della facilità nell’accesso ai servizi.
La seconda riguarda l’efficienza dei sistemi informativi. Il coordinamento dell’assistenza e la gestione della spesa dipendono molto dal poter disporre in tempo reale di informazioni accurate e aggiornate sulla situazione dei pazienti nel punto dove vengono prese le decisioni.
Qualunque intervento che non prenda in considerazione questi aspetti non può che essere parziale e scarsamente risolutivo.
Il decreto Lorenzin è perciò l’ennesima risposta insoddisfacente ai bisogni di salute della popolazione e allo stesso tempo alla necessità di un miglior controllo e allocazione della spesa sanitaria, mascherato da grande e rivoluzionario intervento, come abitudine di questo governo.
Fosca Benne
Franz Foti