Decreto Minniti: un testo studiato per ridurre i diritti dei richiedenti asilo

Il nuovo decreto, nel tentativo di raggiungere gli obiettivi prefissati, determina una indubbia compressione dei diritti dei richiedenti protezione internazionale e rappresenta una clamorosa occasione mancata, l'ennesima di questa legislatura. Si sarebbe potuta avviare l'auspicata revisione sistematica del corpus di norme disciplinante la protezione internazionale e, più in generale, le politiche migratorie e la condizione dello straniero nel nostro Paese, come peraltro previsto dall'articolo 7 della legge n. 154 del 2014 (legge di delegazione europea). Si sarebbe dovuto incentivare il sistema di accoglienza diffusa, neanche questo è previsto.

 

Pres­so le com­mis­sio­ni con­giun­te Giu­sti­zia e Affa­ri costi­tu­zio­na­li del Sena­to è recen­te­men­te ini­zia­to l’i­ter di con­ver­sio­ne in leg­ge del decre­to-leg­ge 17 feb­bra­io 2017, recan­te dispo­si­zio­ni per l’ac­ce­le­ra­zio­ne dei pro­ce­di­men­ti in mate­ria di pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le, non­ché per il con­tra­sto del­l’immi­gra­zio­ne ille­ga­le, arti­co­la­to in quat­tro Capi per un tota­le di 23 articoli.

Gli arti­co­li da 1 a 5 pre­ve­do­no l’i­sti­tu­zio­ne pres­so 14 Tri­bu­na­li ordi­na­ri di sezio­ni spe­cia­liz­za­te in mate­ria di immi­gra­zio­ne, pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le e libe­ra cir­co­la­zio­ne dei cit­ta­di­ni del­l’U­nio­ne euro­pea, il tut­to basa­to sul­la clau­so­la di inva­rian­za finan­zia­ria di cui all’ar­ti­co­lo 1, com­ma 1. Que­sta pre­ci­sa­zio­ne mal si con­ci­lia con quan­to dichia­ra­to nel­la rela­zio­ne illu­stra­ti­va, secon­do la qua­le l’i­sti­tu­zio­ne di sezio­ni spe­cia­liz­za­te rispon­de all’e­si­gen­za di assi­cu­ra­re una mag­gio­re cele­ri­tà ai ricor­si giu­ri­sdi­zio­na­li in mate­ria di immi­gra­zio­ne, a fron­te del signi­fi­ca­ti­vo aumen­to di richie­ste di pro­te­zio­ne, con­se­guen­te all’ec­ce­zio­na­le afflus­so di migran­ti, dal qua­le è deri­va­to l’al­tret­tan­to ecce­zio­na­le aumen­to del­le impu­gna­zio­ni. La pos­si­bi­li­tà far fron­te a tut­ti que­sti aumen­ti espo­nen­zia­li, sen­za risor­se aggiun­ti­ve o incre­men­ti di orga­ni­co, in real­tà, si fon­da sul­le dispo­si­zio­ni con­te­nu­te nel capo suc­ces­si­vo. Rile­va in par­ti­co­la­re l’ar­ti­co­lo 6 (com­ma 1, dal­la let­te­ra a alla g), che modi­fi­ca sostan­zial­men­te la pro­ce­du­ra per la richie­sta di pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le in tema di noti­fi­ca­zio­ni, col­lo­quio per­so­na­le e rito del­le con­tro­ver­sie. In meri­to al pri­mo aspet­to, la let­te­ra a) sosti­tui­sce inte­ra­men­te l’ar­ti­co­lo 14 del dlgs n. 25 del 2008, sta­bi­len­do, tra l’altro, che in caso di ini­do­nei­tà del domi­ci­lio dichia­ra­to o comu­ni­ca­to, la noti­fi­ca­zio­ne si inten­de di fat­to ese­gui­ta nel momen­to in cui per­vie­ne alla Com­mis­sio­ne ter­ri­to­ria­le l’av­vi­so di rice­vi­men­to da cui risul­ta l’im­pos­si­bi­li­tà del­la noti­fi­ca­zio­ne; quan­do inve­ce il richie­den­te è accol­to o trat­te­nu­to in uno degli appo­si­ti cen­tri o strut­tu­re, la Com­mis­sio­ne invia gli atti e i prov­ve­di­men­ti tra­mi­te PEC al respon­sa­bi­le del­la strut­tu­ra, che avrà il com­pi­to di con­se­gnar­li al desti­na­ta­rio facen­do fir­ma­re la rice­vu­ta. Se il richie­den­te si rifiu­ta di sot­to­scri­ve­re l’at­to, o la rice­vu­ta, oppu­re risul­ta irre­pe­ri­bi­le, il respon­sa­bi­le del­la strut­tu­ra è tenu­to ad infor­ma­re la Com­mis­sio­ne tra­mi­te PEC. Non ci vuo­le mol­to per capi­re che que­sto nuo­vo regi­me non age­vo­la né il richie­den­te né l’au­to­ri­tà pub­bli­ca competente.

Con le modi­fi­che pre­vi­ste alla let­te­ra c), il col­lo­quio indi­vi­dua­le pres­so la Com­mis­sio­ne ter­ri­to­ria­le è sem­pre video­re­gi­stra­to con mez­zi audio­vi­si­vi ed è tra­dot­to in ita­lia­no tra­mi­te stru­men­ti auto­ma­ti­ci di rico­no­sci­men­to voca­le. Il richie­den­te non rice­ve più una copia del ver­ba­le, ma gli vie­ne data let­tu­ra del­la tra­scri­zio­ne del col­lo­quio in una lin­gua a lui com­pren­si­bi­le o tra­mi­te l’au­si­lio di un inter­pre­te, il qua­le, subi­to dopo la fine del col­lo­quio veri­fi­ca la cor­ret­tez­za del­la tra­scri­zio­ne ed appor­ta le neces­sa­rie modi­fi­che, anche tenen­do con­to del­le osser­va­zio­ni del­l’in­te­res­sa­to. Il ver­ba­le del­la tra­scri­zio­ne è sot­to­scrit­to dal pre­si­den­te e dal­l’in­ter­pre­te, men­tre il richie­den­te sot­to­scri­ve solo even­tua­li osser­va­zio­ni. La reda­zio­ne del ver­ba­le del­l’au­di­zio­ne è un’i­po­te­si resi­dua­le (impos­si­bi­li­tà tec­ni­ca di regi­stra­re il col­lo­quio) e solo in que­sto caso il richie­den­te ha la pos­si­bi­li­tà di sot­to­scri­ve­re ed è spe­ci­fi­ca­to che un even­tua­le rifiu­to non impe­di­rà alla Com­mis­sio­ne di adot­ta­re comun­que una deci­sio­ne.

La suc­ces­si­va let­te­ra g), intro­du­cen­do l’ar­ti­co­lo 35-bis al dlgs n. 25 del 2008, riscri­ve la disci­pli­na del­le con­tro­ver­sie in mate­ria di rico­no­sci­men­to del­la pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le. L’o­biet­ti­vo dichia­ra­to è quel­lo di ridur­re la dura­ta dei pro­ce­di­men­ti, la solu­zio­ne esco­gi­ta­ta è l’ap­pli­ca­zio­ne a tali con­tro­ver­sie del rito came­ra­le. Per­tan­to, l’u­dien­za è fis­sa­ta solo quan­do è neces­sa­rio pro­ce­de­re a spe­ci­fi­ci adem­pi­men­ti, il con­trad­dit­to­rio è scrit­to e, infi­ne, il pro­ce­di­men­to è defi­ni­to con decre­to non recla­ma­bi­le, ma esclu­si­va­men­te ricor­ri­bi­le per Cas­sa­zio­ne entro il ter­mi­ne ordi­na­rio (eli­mi­nan­do così un gra­do di appel­lo). Con­si­de­ra­ta la par­ti­co­la­re deli­ca­tez­za e al con­tem­po l’e­te­ro­ge­nei­tà dei casi sot­to­po­sti al vaglio del­la Com­mis­sio­ne, non­ché i dirit­ti e gli inte­res­si coin­vol­ti, la scel­ta del legi­sla­to­re in que­sta cir­co­stan­za appa­re non del tut­to ragio­ne­vo­le, anche per­ché la pos­si­bi­li­tà di pre­sen­zia­re all’udienza è impre­scin­di­bi­le per cate­go­rie par­ti­co­lar­men­te vul­ne­ra­bi­li, come don­ne incin­te o per­so­ne che han­no subi­to tor­tu­re, stu­pri o altre for­me gra­vi di violenza.

In defi­ni­ti­va l’onere del­la ridu­zio­ne dei tem­pi dei pro­ce­di­men­ti rica­de inte­ra­men­te sul­le spal­le dei richie­den­ti pro­te­zio­ne e non solo, per­ché l’ar­ti­co­lo 7 esten­de l’ap­pli­ca­zio­ne del rito som­ma­rio di cogni­zio­ne anche alle con­tro­ver­sie in mate­ria di accer­ta­men­to del­lo sta­to di apo­li­dia.

L’ar­ti­co­lo 17 intro­du­ce l’ar­ti­co­lo 10-ter al Testo uni­co sul­l’im­mi­gra­zio­ne e fis­sa nuo­ve dispo­si­zio­ni per l’i­den­ti­fi­ca­zio­ne dei cit­ta­di­ni stra­nie­ri rin­trac­cia­ti in posi­zio­ne di irre­go­la­ri­tà. In par­ti­co­la­re il com­ma 3 sta­bi­li­sce che il rifiu­to rei­te­ra­to del­lo stra­nie­ro di sot­to­por­si ai rilie­vi foto­dat­ti­lo­sco­pi­ci e segna­le­ti­ci con­fi­gu­ra il rischio di fuga ai fini del trat­te­ni­men­to nei CIE. Tale dispo­si­zio­ne andreb­be eli­mi­na­ta anche in con­si­de­ra­zio­ne del fat­to che, in assen­za di una pro­fon­da revi­sio­ne del cosid­det­to “siste­ma di Dubli­no”, mol­ti poten­zia­li richie­den­ti pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le si rifiu­ta­no di esse­re iden­ti­fi­ca­ti nel pae­se di pri­mo appro­do per­ché desi­de­ro­si di rag­giun­ge­re altri Sta­ti del­l’U­nio­ne.

Ebbe­ne, pro­prio in rife­ri­men­to ai CIE, il com­ma 1 dell’articolo 19 cam­bia la deno­mi­na­zio­ne in “Cen­tri di per­ma­nen­za per i rim­pa­tri”, men­tre il com­ma 3 li ripor­ta defi­ni­ti­va­men­te in auge pre­ve­den­do­ne un amplia­men­to ed una “distri­bu­zio­ne sul­l’in­te­ro ter­ri­to­rio nazio­na­le”. La rela­zio­ne tec­ni­ca del prov­ve­di­men­to spe­ci­fi­ca che l’incremento del­la capien­za sarà di 1.240 posti, per una spe­sa com­ples­si­va di 13 milio­ni di euro. Per con­tro nes­su­na del­le nuo­ve dispo­si­zio­ni pre­ve­de incen­ti­vi per il siste­ma di acco­glien­za dif­fu­sa o misu­re a soste­gno degli ammi­ni­stra­to­ri loca­li che han­no assun­to l’im­pe­gno di imple­men­tar­lo. Si segna­la infi­ne che nono­stan­te le cri­ti­ci­tà e le cen­su­re da tem­po mos­se a que­ste strut­tu­re, evi­den­zia­te anche dal­la riso­lu­zio­ne del­la Com­mis­sio­ne straor­di­na­ria per la tute­la e la pro­mo­zio­ne dei dirit­ti uma­ni, appro­va­ta il 5 mar­zo 2014, il decre­to non appor­ta sostan­zia­li modi­fi­che nel meri­to, se non il vago rife­ri­men­to al fat­to che le strut­tu­re dovran­no esse­re di capien­za limi­ta­ta (evi­tan­do così di indi­ca­re il nume­ro di posti per strut­tu­ra) e alla pre­sen­za del Garan­te dei dirit­ti del­le per­so­ne detenute.

È pos­si­bi­le dun­que affer­ma­re che il nuo­vo decre­to, nel ten­ta­ti­vo di rag­giun­ge­re gli obiet­ti­vi pre­fis­sa­ti, deter­mi­na una indub­bia com­pres­sio­ne dei dirit­ti dei richie­den­ti pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le e rap­pre­sen­ta una cla­mo­ro­sa occa­sio­ne man­ca­ta, l’en­ne­si­ma di que­sta legi­sla­tu­ra. Si sareb­be potu­ta avvia­re l’au­spi­ca­ta revi­sio­ne siste­ma­ti­ca del cor­pus di nor­me disci­pli­nan­te la pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le e, più in gene­ra­le, le poli­ti­che migra­to­rie e la con­di­zio­ne del­lo stra­nie­ro nel nostro Pae­se, come peral­tro pre­vi­sto dal­l’ar­ti­co­lo 7 del­la leg­ge n. 154 del 2014 (leg­ge di dele­ga­zio­ne euro­pea). Si sareb­be dovu­to incen­ti­va­re il siste­ma di acco­glien­za dif­fu­sa, nean­che que­sto è previsto.

L’i­ter per l’ap­pro­va­zio­ne è appe­na ini­zia­to, la spe­ran­za è che il Gover­no duran­te l’e­sa­me in Par­la­men­to appor­ti al testo i cor­ret­ti­vi neces­sa­ri per offri­re una rispo­sta dav­ve­ro effi­ca­ce al pro­ble­ma dell’immigrazione.

Chia­ra Arseni

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