«120 licenziati dal decreto Salvini», è questo il titolo di un articolo uscito nei giorni scorsi su Repubblica e che racconta l’assurdità del primo decreto Salvini che, con la abrogazione della protezione umanitaria (sostituita da delle protezioni “speciali”, più deboli e precarie), ha avuto gravi ripercussioni sul percorso che conduce le persone a costruirsi una propria autonomia, dopo essere state prese in carico dal nostro sistema di accoglienza. L’esempio della Number 1 logistic di Parma calza a pennello. La società, insieme a Caritas e Ciac, ha voluto investire su un progetto di inserimento lavorativo che ha permesso a 160 richiedenti asilo, provenienti da 22 paesi differenti, di accedere a tre cicli di formazione. Per 120 di loro è arrivata l’assunzione. Ora, per molti di loro, si sta avvicinando la scure del decreto Salvini e, quindi, l’ingresso nell’irregolarità, nonostante un percorso verso l’autonomia già saldamente impostato. Ecco perché, rispetto a tutto ciò e alle cifre che abbiamo citato in un precedente post, appare alquanto ridicola la proposta di sanatoria, avanzata ieri dalla ministra Lamorgese, destinata alle persone che soggiornano nel nostro paese irregolarmente. Far emergere dall’irregolarità lavoratori che hanno la sola colpa di essere nati in un altro continente è sempre cosa buona e giusta, ma risulta del tutto evidente che senza intervenire alle radici tanto del decreto Salvini (ripristinando la protezione umanitaria) quanto della Bossi-Fini (garantendo permessi di soggiorno per ricerca lavoro e percorsi ordinari di regolarizzazione) l’unico effetto sarà quello di mettere temporaneamente una pezza, così come le regolarizzazioni hanno sempre fatto e così come, a queste condizioni, faranno sempre.