[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il ministro dell’Interno di Tripoli ha emesso una nota con la quale chiede di eseguire un mandato di cattura contro Bija, il capo della cosiddetta Guardia costiera libica, inserito nell’estate del 2017 in un report delle Nazioni Unite che lo inquadra come parte del sistema criminale che controlla la zona di Zawhia. «Un mandato d’arresto per Abdulrahman Al Milad “al Bija” – scrive Avvenire citando fonti di Tripoli – era stato emesso nell’aprile 2019. Continuiamo nella ricerca per la cattura».
Tra pochi giorni verrà rinnovato automaticamente, a meno che qualcuno dal governo italiano si opponga, il memorandum firmato da Italia e Libia all’inizio del 2017 per la gestione dei flussi migratori che prevede, oltre alla creazione di campi di detenzione sotto l’esclusivo controllo libico, una strettissima collaborazione tra la Guardia costiera libica, altri attori istituzionali e il nostro Paese. Che la Guardia costiera libica fosse infiltrata — per non dire “organica” — a organizzazioni criminali che operano in Libia era risaputo già ai tempi della firma del memorandum: le inchieste giornalistiche, così come i report delle agenzie internazionali, non hanno fatto altro che confermare questa realtà. Le stesse inchieste e gli stessi report hanno documentato sistematiche violazioni dei diritti umani fondamentali, tanto in mare (percosse, intimidazioni), quanto a terra nei famosi centri di detenzione (vere e proprie torture e sevizie).
E’ necessario ricordare, infine, che la Libia non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, di fatto rifiutandosi di garantire diritti basilari a richiedenti asilo e rifugiati. Ed è inoltre necessario ricordare che il diritto internazionale vieta categoricamente i respingimenti collettivi di persone verso paesi nei quali rischiano di subire trattamenti inumani e degradanti. Che poi il respingimento venga delegato alla “Guardia costiera libica” è solo un modo per lavarsene giuridicamente le mani.
Mancano pochi giorni al rinnovo “tacito” dell’intesa e, nel frattempo, una imbarcazione di una Ong, la Ocean Viking, ha atteso 11 giorni in mare con a bordo 104 persone prima che le fosse assegnato un porto di sbarco. La Alan Kurdi, in mare da sabato con 90 persone a bordo, attende ancora.
Nei mesi scorsi abbiamo sentito straparlare di “nuovo umanesimo”, è stato tirato in piedi un governo cui aderiscono forze parlamentari che da sempre si oppongono a politiche di questo genere (tra queste c’è chi ha sostenuto con molto impegno la nascita e l’operatività della Ong Mediterranea, per capirci) eppure nulla è cambiato. L’ultima occasione è il 2 novembre.
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