Diranno che gli stanziamenti per la sanità pubblica sono in rialzo. Diranno che si tratta di un miliardo in più dall’anno scorso. Diranno che loro, la spesa pubblica sanitaria, l’hanno aumentata. Diranno, e quelli che invece conoscono la reale portata dei numeri contenuti nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza del 2017, faranno una fatica immensa per farsi sentire.
Prima che cominci il chiasso delle dichiarazioni, lo scriviamo qui, per semplicità di ricerca: la spesa sanitaria, in rapporto al PIL Nominale, scenderà dal 6,6% del 2017 al 6,5% nel 2018, al 6,4% nel 2019, al 6,3% nel 2020. Non ci sono cifre indicate per il 2021 semplicemente perché è fuori del periodo di programmazione. Stiamo parlando di 114 miliardi di euro nel 2017, 115 nel 2018, 116 nel 2019 e forse 119 nel 2020.
Sebbene le previsioni di spesa siano in positivo, con aumento della dotazione di 5 miliardi nei tre anni della programmazione (+1 nel 2018, +1 nel 2019, +3 nel 2020), il livello della stessa rischia di essere drammaticamente al di sotto del limite indicato dall’OMS — il 6,5% del PIL — come soglia oltre la quale la qualità delle cure precipita. E il ricorso al privato potrebbe ulteriormente crescere. Nel 2016, a fronte dei 112 miliardi di euro di spesa pubblica sanitaria, le famiglie italiane hanno dovuto spendere ulteriori 33,9 miliardi nel settore privato, +0.38% rispetto all’anno precedente, +8% dal 2012.
Lo scenario che le statistiche disegnano del nostro paese è quello di un continuo invecchiamento della popolazione. All’inizio del 2017, i cittadini residenti hanno un’età media di 44,9 anni, due decimi in più rispetto al 2016 (corrispondenti a circa due mesi e mezzo) e due anni esatti in più rispetto al 2007. Gli individui con più di 65 anni superano i 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione totale. Erano 11,7 milioni nel 2007, pari al 20,1% (cfr. ISTAT, Marzo 2017). La Ragioneria Generale dello Stato, nel Rapporto n. 18, ha prodotto una serie di valutazioni sulla base di differenti scenari. In uno di questi, definito Pure Ageing Scenario (si ipotizza una relazione diretta fra aumento dell’età media ed aumento dell’accesso alle cure e di conseguenza incremento della spesa pubblica), il rapporto fra spesa sanitaria e PIL, dopo esser sceso al 6,3% nel 2020 (come nella Nota di Aggiornamento del DEF 2017), dovrebbe giocoforza tornare a salire progressivamente sino a superare il 7% nel 2040 e a raggiungere il picco del 7,8% nel 2055. Ma sono previsioni che non tengono conto della decisione politica, ovviamente.
Una decisione politica che non risponde ai reali bisogni di salute della nostra popolazione.
L’auspicabile aumento dell’aspettativa di vita è, almeno in questa fase storica, inevitabilmente legato ad un aumento delle cronicità. In questo quadro, almeno nel breve termine, la spesa sanitaria non può che essere incrementale.
Per garantire il diritto alla salute di tutte e tutti, è necessario operare su tre fronti.
Nel lungo periodo è quindi necessario che le nostre politiche sanitarie siano basate sulla prevenzione e sugli interventi di “habitat”, quindi intervenire su ambiente (inteso anche come ambiente di lavoro), casa, reddito, che sono determinanti di salute di primaria importanza, imprescindibile per produrre ricchezza intesa come assenza di malattia.
Nel medio periodo è necessario mettere finalmente mano a quella riorganizzazione dei servizi che la stessa OMS ritiene indispensabile, quindi un’inversione di coefficienti di spesa tra territorio e ospedale a favore del primo (mentre in Italia è il contrario), e più in generale dare vita a politiche sanitarie fortemente basate sulle cure primarie e sulla presa in carico globale dei cittadini.
Nel breve termine, per rendere possibile tutto questo, è fondamentale rifinanziare il Sistema sanitario nazionale pubblico e universalistico, che non può subire tagli ulteriori. Anche i risparmi ottenuti dalla correzione di sprechi (che pure esistono e continuano ad esistere, indifferenti ai tagli lineari visti in questi anni) vanno reinvestiti nel Ssn.
Il diritto alla salute va garantito pienamente a tutte e tutti, tanto nell’interessa sociale della comunità quanto in quello del reale perseguimento di un equilibrio economico del nostro sistema. L’obiettivo del 6,5% è quindi una soglia minima che solo un governo irresponsabile può pensare di disattendere. Questo sì non possiamo permettercelo.
Davide Serafin
Francesco Foti