Il 6 novembre, in Consiglio Comunale a Pisa, Forza Italia ha presentato una mozione per chiedere l’esposizione del Crocifisso nella sala del Consiglio Comunale. La Lega, evidentemente non abbastanza contenta, ha a sua volta presentato un emendamento in cui si estende l’esposizione del Crocifisso nella sala del Sindaco, degli Assessori, della Giunta, del presidente del Consiglio Comunale, nonché (fatto gravissimo!) in tutti gli istituti scolastici di competenza comunale. Inutile dire che la maggioranza di destra ha fatto passare tanto la mozione che l’emendamento.
Che di questi tempi fosse in atto un attacco al principio di laicità dello Stato era già piuttosto chiaro: le mozioni contro la legge 194, presentate in vari consigli comunali, e in certi casi approvate come a Verona, ne erano già un segno. E ne è un segno anche la proposta di legge a primo firmatario il senatore leghista Pillon, su bigenitorialità perfetta, mediazione familiare obbligatoria e quant’altro, che in realtà altro non è che un violento attacco al diritto al divorzio. In sostanza, due dei capisaldi dei diritti laici conquistati con determinazione e fatica negli anni ’70, ossia aborto e divorzio, sono attualmente messi pericolosamente in discussione. Assai opportune, dunque, sono state le tante mobilitazioni svoltesi nella giornata del 10 novembre, in varie città d’Italia, e che hanno respinto senza se e senza ma la proposta di legge Pillon.
In un mirabile articolo di fine agosto, in occasione dell’incontro a Milano tra Matteo Salvini e e il premier nazionalista ungherese Viktor Orban, Giorgia Serughetti rappresenta molto bene i tempi in cui viviamo: “Nell’idea di “popolo” tipica delle ideologie nazionaliste – a cui senz’altro si possono ascrivere sia la retorica orbaniana, sia il “prima gli italiani” di Salvini – la vita del corpo collettivo è assicurata dalla conservazione dei legami di sangue tra i suoi membri, come in una famiglia allargata. Qualunque innesto esterno o mixité determina imbastardimento e degenerazione, mentre la crescita numerica può essere assicurata dalla riproduzione di chi già appartiene, per presunte ragioni di “razza” o “cultura”, al popolo stesso. Da ciò discende l’esigenza del controllo del corpo femminile riproduttivo e della vita familiare, con l’esclusione di tutte le forme ritenute abiette di espressione del genere e della sessualità”.
La mozione presentata a Pisa da Forza Italia e Lega dunque non stupisce. Non stupisce, ma preoccupa. Preoccupa la sostanza, ma anche il linguaggio, carico di oscurantismo, di riferimenti al simbolico, anche mistificatorio, se si fa riguardo al principio di laicità stravolto nella sue essenza. Recita la mozione: “la presenza del Crocifisso nella Sala Consiliare del Comune di Pisa non concerne il principio della laicità dello Stato, giacché autentica e credibile è quella laicità che riconosce il messaggio proveniente dalle antiche e comuni tradizioni spirituali su cui, indiscutibilmente, si fonda l’humus culturale italiano ed europeo ( … )”. Comuni a chi, viene da domandarsi. Indiscutibilmente perché, chi l’ha deciso? E l’Europa, non è la matrigna da respingere secondo lorsignori? Alla bisogna se ne fa uso, evidentemente.
Una mozione con richiami normativi e giurisprudenziali, scritta dagli stessi che al contempo si stanno adoperando in ogni modo per impedire la costruzione della Moschea in città, dimentichi in questo caso della norma per eccellenza che guida lo Stato italiano, ossia la Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3). Pertanto, i richiami alla “solidarietà, tolleranza, fratellanza e giustizia”, presenti nella mozione, suonano come profondamente ipocriti e frutto di mera propaganda, visto che in realtà ciò che si vuole affermare è la supremazia di un unico credo. Ossia la religione di Stato.
E preoccupa molto anche il fatto che, all’indomani della presentazione della mozione, per giustificarne l’approvazione, Forza Italia abbia fatto specifico appello al regio decreto del 1924, che appunto introdusse l’obbligo di esposizione del Crocifisso in tutti gli edifici pubblici. Quel regio decreto fu voluto da Mussolini e come ricordato da Fulvio Conti su Repubblica Firenze del 10 novembre, “fu il pedaggio pagato dal fascismo verso la Chiesa cattolica sulla via che avrebbe portato ai Patti Lateranensi del 1929. Cosa che non impedì a Mussolini, fra un decreto e l’altro, di scatenare gli squadristi contro i cattolici non allineati e di massacrare a bastonate un coraggioso sacerdote antifascista come Don Minzoni”. Insomma, non certo un provvedimento da rivendicare con orgoglio.
Come detto, la mozione è passata. E sorprende davvero che sia passata con un solo voto contrario, quello del consigliere comunale della coalizione Diritti in comune, composta da Una città in comune, Rifondazione comunista e Possibile. Il resto del consiglio si è diviso tra chi ha votato a favore, la maggioranza, e chi, assumendo una posizione da Ponzio Pilato (tanto per rimanere in clima religioso!), si è astenuto o è uscito dall’aula. L’asservimento delle istituzioni a precetti religiosi, anche nella loro simbologia, a cui mai dovrebbe sottostare uno Stato davvero laico, pare quindi non destare particolare attenzione da parte della maggior parte delle forze politiche. “L’italia di oggi ( … ) ha smarrito l’idea della laicità dello Stato. E non sa riconoscere quale prezioso presidio di libertà essa rappresenti per credenti e non credenti”, scrive ancora Fulvio Conti.
Ma una luce in questa nebbia oscurantista c’è ed è la recentissima sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, stabilendo che lo Stato italiano debba recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa, ha di fatto sancito che la laicità è uno dei principi cardine di uno Stato democratico.