In questi giorni con la chiusura del bando per il concorso della scuola, si sta consumando l’ultimo atto di quanto previsto nella pessima legge 107/15, più famosa con il nome di “Buona Scuola”.
Tra le richieste inattese, che il vasto movimento della scuola della scorsa primavera aveva presentato, c’era quella di prevedere un piano pluriennale di assunzioni. Chi conosce la complessità del precariato scolastico, infatti, ha ben presente che quanto lo stesso Renzi andava affermando, “risolveremo il problema dei precari della scuola”, non era altro che l’ennesimo slogan e l’ulteriore bandierina da sventolare di fronte all’opinione pubblica. Se da un lato è vero che le assunzioni ci sono state – ma molto si potrebbe dire anche sulle modalità con cui sono avvenute –, dall’altro è mancata la più totale considerazione nei confronti dei precari esclusi dal piano di assunzioni. Tra questi si trovano docenti abilitati, secondo i più recenti percorsi previsti (TFA e PAS) a cui è, teoricamente, destinato il concorso e docenti che, pur privi di abilitazione, da anni sono impegnati nelle scuole. Questi ultimi, esclusi dal concorso, hanno presentato in 20mila il ricorso per partecipare e già i primi non abilitati sono stati ammessi. Pertanto il paradigma del governo per cui d’ora in poi si entrerà a scuola solo attraverso concorsi riservati agli abilitati sta cadendo. Sfugge inoltre il senso di sottoporre nuovamente ad un concorso i docenti abilitati, già sottoposti a verifica durante il percorso abilitante fatto di corsi ed esami e addirittura ad accesso mediante tre prove selettive nel caso del tirocinio formativo attivo (TFA). Se ha senso un concorso aperto a tutti, abilitati e non, prevedendo un giusto punteggio per i titoli conseguiti, di conseguenza gli abilitati devono avere la possibilità di un doppio canale, ossia di una graduatoria a scorrimento da cui essere assunti, così come è avvenuto per i loro colleghi abilitati attraverso i percorsi SISS.
Ecco, quindi, che risulta chiaro come il governo intende risolvere il problema del precariato: mandando a casa decine di migliaia di insegnanti. Questo sistema così strutturato, combinato con il comma 131 della 107/15, che prevede che i contratti a tempo determinato non possano superare i 36 mesi, porterà nei prossimi anni ad un ricambio continuo degli insegnanti secondo una visione usa-e-getta di una professionalità tanto importante e delicata per il futuro del paese.
E’ innegabile, tuttavia, che alla base di tutto ciò ci deve essere un ragionamento serio su quali e quanti siano gli insegnanti di cui la scuola ha bisogno, anche se è il governo stesso che, ponendosi come unico obiettivo la chiusura delle graduatorie ad esaurimento, ha impostato in modo sbagliato questo ragionamento. Gli insegnanti servono, sono una risorsa imprescindibile nella società di oggi. Ma gli insegnanti devono anche essere messi nelle condizioni di lavorare al massimo del loro potenziale, in scuole rinnovate nella sostanza e nello spirito, in classi con un numero di alunni adeguato a poter finalmente praticare una didattica rinnovata e adatta ai tempi attuali. Per recuperare lo spirito cooperativo, completamente assente nella visione aziendalistica della scuola che permea tutta la legge 107/15, ci vogliono strutture scolastiche che favoriscano la crescita di una comunità, ci vuole allo stesso tempo un cambiamento culturale per permettere di dare alla scuola un peso centrale nella società.
La politica del governo Renzi è ben lontana dal realizzare tutto questo, perché l’unica cosa che conta è la narrazione: si aumenta la burocrazia per mascherare l’assenza di contenuti realmente innovativi. Non si cerca una soluzione adatta al nostro peculiare sistema scolastico, ma si tenta di copiare soluzioni standardizzate già messe in discussione in altri paesi, come quelli anglosassoni, dove invece proprio in tempi più recenti è ripreso un vivace dibattito sull’istruzione.
Senza un reale investimento di risorse nel settore strategico dell’istruzione, è impossibile credere ad un’inversione di tendenza che permetta di risolvere le tante criticità del sistema scolastico evidenziate con forza da più parti. Invece, si risparmia ancora sulle spalle dei più dei deboli, siano essi i bambini e i ragazzi che si trovano nelle zone più disagiate, sul cui diritto allo studio non si investe, o gli insegnanti del futuro.
Situazioni complesse richiedono soluzioni articolate, ma da qualche parte bisogna iniziare. Per quanto riguarda il reclutamento degli insegnanti, basta un semplice provvedimento che il Pd, piuttosto che andare avanti ostinatamente, dovrebbe adottare: istituire una graduatoria provinciale a scorrimento per gli abilitati e assumere direttamente da essa così come dalla graduatoria dei vincitori del concorso. Questa soluzione, insieme ad una programmazione rigorosa del personale, permetterebbe finalmente di dare al sistema stabilità e alla scuola gli insegnanti di cui ha bisogno, molti dei quali in questi anni hanno permesso alla scuola di continuare, nonostante tutto, ad andare avanti.