Domenica 17 aprile si voterà il referendum sulle trivellazioni nei mari italiani. Abbiamo 12 buoni motivi per andare a votare, mentre il Presidente del Consiglio ci invita ad andare al mare, rinnovando l’invito di un suo poco illustre predecessore.
E mentre Greenpeace ha chiesto a dodici artisti (Ficarra e Picone, Nino Frassica, Claudia Gerini, Elio Germano, Valeria Golino, Flavio Insinna, Noemi, Piero Pelù, Isabella Ragonese, Claudio Santamaria e Pietro Sermonti), di sostenere la campagna per il Sì, Giuseppe Civati ha elencato i 12 motivi per andare a votare, domenica 17 aprile.
Per le ragioni legate al referendum, che sono certo parziali rispetto alle richieste referendarie avanzate inizialmente, ma conservano un significato tutt’altro che banale: nel merito del quesito, nella scelta del modello di sviluppo, nella dialettica tra chi vuole investire sul futuro e chi invece scommette ancora sul passato.
Perché il governo non dice la verità: ha trivellato con lo Sblocca Italia, ha rimediato in parte con la legge di stabilità, ma in realtà – come ha detto il premier dagli Usa – continua a ritenere necessaria l’attività estrattiva.
Perché a chiedere di non votare è il presidente del Consiglio, cosa abbastanza inedita e che secondo una legge del 1957 è un comportamento da sanzionare, perché chi lo chiede insieme a lui ha partecipato a mobilitazioni contro le trivelle in passato, senza un minimo riguardo al senso del pudore. Perché tutti parlano di energia pulita e rinnovabile, fino a prova contraria. E la prova ce la mettono loro.
Perché la scelta deliberata di boicottare il referendum collocandolo lontano dalle Amministrative è inaccettabile se vogliamo contrastare il disamore, l’astensionismo e la sfiducia: il Pd, invece, le promuove, baldanzoso.
Perché la scelta dell’astensione, poi, è una furbizia sul piano politico: chi si astiene si somma a chi a votare non ci va mai e a chi non è stato informato. Come è accaduto in passato. Avesse avuto coraggio il Pd sarebbe andato a votare e avrebbe votato no, come hanno fatto governo e Parlamento (con un voto di fiducia che porta alla sfiducia).
Per condannare lo spreco di più di 300 milioni (una cifra che corrisponde alla metà di quanto il governo si impegna a spendere per la povertà).
Perché troppe volte (ultimamente, quasi sempre) le decisioni sono state prese senza la tua partecipazione e senza il tuo consenso.
Perché il programma elettorale è stato tradito dalla maggioranza più e più volte, in particolare proprio in materia ambientale.
Per rompere il nesso stretto tra chi governa, le lobby, i poteri più o meno occulti, le ‘logge’ con le virgolette e anche senza.
Per dare dignità alla nostra Costituzione: perché la sovranità appartiene al popolo.
Perché non ci si può solo lamentare: il modo migliore per farlo e per cambiare le cose, è proprio quello di votare. Che con i partiti messi in questo modo, è anche l’unico strumento democratico che ci rimane.
Perché così gira il mondo, e il potere, e i soldi, ma dovrebbe girare in un altro modo. E sta a noi deciderlo. Con una matita. Che può levare di torno, con un Sì, tutto quanto abbiamo denunciato.
Sembra un piccolo referendum ma con un piccolo sforzo, appunto, può diventare un fatto politico importante. Contro l’arroganza del potere, contro le oligarchie, per ribadire ancora una volta che solo i molti, se partecipano, possono cambiare gli equilibri dettati dai pochi. I soliti.