Dopo quarant’anni, silenzio è ancora uguale a morte

Non basta il 1 dicembre ma serve un impegno deciso, strutturato, permanente capace di superare il mero approccio sanitario e di prevenzione e di guardare oltre, anche alla qualità della vita e alla piena inclusione delle persone sierocoinvolte. Per liberarle da uno stigma che viene dato loro da una società che ha ancora paura di affrontare questo tema.

SILENCE = DEATH 

ACT UP (AIDS Coa­li­tion to Unleash Power)

È il 1982 quan­do la malat­tia che, in par­ti­co­la­re negli USA, si è infil­tra­ta nel­la comu­ni­tà LGBTIQ+ ottie­ne un nome vero e pro­prio:  AIDS, Acqui­red Immu­ne Defi­cien­cy Syndrome.

Già da un anno cir­ca, pre­ci­sa­men­te dal 3 Luglio 1981, si par­la di un nume­ro sem­pre mag­gio­re di per­so­ne omo­ses­sua­li si amma­la­no di quel­la che sem­bra esse­re una malat­tia simi­le al can­cro con feno­me­ni autoim­mu­ni. È l’inizio di un incu­bo che segne­rà, e segna anco­ra, la vita di milio­ni di per­so­ne non solo del­la comunità.

Se si tor­na indie­tro a que­gli anni, la rico­stru­zio­ne degli atti­vi­sti e di chi ha vis­su­to gli ‘80s rac­con­ta, spe­cial­men­te nel­le gran­di cit­tà, di quar­tie­ri com­ple­ta­men­te deva­stan­ti dal­la furia dell’HIV e dell’AIDS. Ne è esem­pio il Gree­n­wich Vil­la­ge di New York, che ora­mai dai Moti di Sto­newall del 1969 era uffi­cial­men­te il quar­tie­re gay for­se tra i più famo­si al mon­do. Un luo­go che per anni era sta­to il cen­tro del­la vita e del­la cul­tu­ra queer diven­ne, nel giro di pochis­si­mo, un vero e pro­prio epi­cen­tro, non solo sim­bo­li­co, di que­sto virus. I nume­ri altis­si­mi dei con­ta­gi por­ta­ro­no ad una rapi­da chiu­su­ra dei loca­li gay, ma anche quel­li noti per pra­ti­che ses­sua­li e amo­ro­se, per evi­ta­re la tra­smis­sio­ne lascian­do posto, pro­prio a Chri­sto­pher Street, per la pri­ma casa di acco­glien­za per le per­so­ne con HIV/AIDS, la Bai­ley House.

Di fron­te alla dram­ma­ti­ci­tà dei nume­ri e dell’impeto del­le infe­zio­ni, già nel 1987, gra­zie all’attivismo di Lar­ry Kra­mer e altri, nac­que il movi­men­to del­le per­so­ne sie­ro­coin­vol­te, l’ACT UP, che si è bat­tu­to con for­za, tra l’altro, per la libe­ra­liz­za­zio­ne dei pro­gram­mi far­ma­co­lo­gi­ci per tut­te le per­so­ne HIV+. 

Silen­zio è Mor­te era uno degli slo­gan più for­ti di ACT UP che si accom­pa­gna­va al trian­go­lo rosa, in memo­ria di quel­lo uti­liz­za­to dai nazi­sti nei cam­pi di con­cen­tra­men­to. Era uno stat­ment poli­ti­co a tut­to ton­do e sicu­ra­men­te anche un invi­to alla comu­ni­tà, a con­trol­lar­si, a fare test, a veri­fi­ca­re il pro­prio sta­to di salu­to per poter inter­ve­ni­re quan­to pri­ma. Tace­re o igno­ra­re il pro­prio sta­to signi­fi­ca­va deci­de­re di esse­re desti­na­ti alla morte.

Oggi, for­tu­na­ta­men­te, la scien­za e i pro­gres­si in cam­po far­ma­co­lo­gi­co per­met­to­no di con­vi­ve­re con sere­ni­tà con l’HIV e que­sto ha radi­cal­men­te cam­bia­to la vita del­le per­so­ne sie­ro­coin­vol­te. È cre­sciu­ta la con­sa­pe­vo­lez­za, è aumen­ta­to il tas­so di per­so­ne che anche dopo aver con­trat­to il virus seguo­no cure che per­met­to­no valo­ri sta­bi­li e in alcu­ni casi anche di arri­va­re alla soglia U=U (Unde­tec­ta­ble – Untra­smit­ta­ble). In altre paro­le, come ricor­da la Lila sul suo sito, “se la cari­ca vira­le non è rile­va­bi­le, il rischio di tra­smis­sio­ne ses­sua­le dell’Hiv è nul­lo. La ricer­ca scien­ti­fi­ca ha infat­ti dimo­stra­to che una per­so­na con Hiv, che segue rego­lar­men­te la tera­pia e ha una cari­ca vira­le sta­bil­men­te non rile­va­bi­le, non tra­smet­te il virus ai part­ner e alle part­ner con cui ha rap­por­ti ses­sua­li non pro­tet­ti dal profilattico”.

La vita per le per­so­ne sie­ro­cion­vol­te oggi può esse­re affron­ta­ta con natu­ra­lez­za, per­ché col virus oggi si con­vi­ve. Ce lo ha rac­con­ta­to anche Enor­ma Jean, drag queen par­te­ci­pan­te alla pri­ma edi­zio­ne di Dra­gRa­ce Ita­lia, in un com­mo­ven­te e toc­can­te rac­con­to del­la sua sto­ria per­so­na­le dichia­ran­do­si gra­ta alla scien­za per i pro­gres­si fat­ti nel­la lot­ta con­tro l’HIV

Eppu­re il virus non è anco­ra sta­to scon­fit­to. Tutt’altro, vive, pur­trop­po, anco­ra in mez­zo a noi.

Se ne par­la pochis­si­mo, come si par­la pochis­si­mo di edu­ca­zio­ne ses­sua­le, pre­ven­zio­ne e inclu­sio­ne del­le per­so­ne sie­ro­coin­vol­te. È que­sto è un pro­ble­ma per tut­ti non solo per chi è sie­ro­coin­vol­to e trop­po spes­so vive anco­ra in una situa­zio­ne di stig­ma e pregiudizio.

Una gran par­te di respon­sa­bi­li­tà è sul­le spal­le del­la poli­ti­ca che trop­po spes­so aggi­ra que­sto tema e se ne ricor­da, a vol­te, solo il 1 dicem­bre, gior­na­ta inter­na­zio­na­le di lot­ta all’AIDS. Man­ca­no le cam­pa­gne di sen­si­bi­liz­za­zio­ne sce­vre di pre­giu­di­zi e ste­ro­ti­pi, man­ca­no gli inter­ven­ti nel­le scuo­le, man­ca il coin­vol­gi­men­to del­le strut­tu­re sani­ta­rie ter­ri­to­ria­li. Il tema dell’accesso ano­ni­mo e gra­tui­to ai test HIV è anco­ra enor­me per­ché trop­po spes­so non vie­ne garan­ti­to o assi­cu­ra­to men­tre ad oggi il test è una del­le gran­di arme per vin­ce­re il virus.

Di fron­te a tut­to que­sto sem­bra nuo­va­men­te attua­le quel Silen­ce = Death lan­cia­to tan­ti anni fa da ACT UP e che è anco­ra un gri­do di bat­ta­glia for­tis­si­mo. Non par­la­re di HIV e AIDS non con­tri­bui­rà in nes­sun modo a fare pre­ven­zio­ne o a fer­ma­re la dif­fu­sio­ne. Anzi, pro­vo­che­rà l’effetto contrario.

Per par­lar­ne, però, non basta il 1 dicem­bre ma ser­ve un impe­gno deci­so, strut­tu­ra­to, per­ma­nen­te capa­ce di supe­ra­re il mero approc­cio sani­ta­rio e di pre­ven­zio­ne e di guar­da­re oltre, anche alla qua­li­tà del­la vita e alla pie­na inclu­sio­ne del­le per­so­ne sie­ro­coin­vol­te. Per libe­rar­le da uno stig­ma che vie­ne dato loro da una socie­tà che ha anco­ra pau­ra di affron­ta­re que­sto tema.

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