L’intervento al “Climate Moment” di New York di una settimana fa, del Premier Draghi mi ha sorpreso soprattutto per le parole che sono state usate e le modalità e il tono con cui è intervenuto.
Devo dire che in prima lettura ho esclamato “S’è svejatooo!” come annunciava Ricciotto nel film “Il Marchese del Grillo” e quindi mi sarei aspettato delle decisioni di conseguenza. Ma forse, come per il Marchese del Grillo, era solo uno scherzo.
Passati i minuti (pochi) di euforia iniziale, ecco che le immagini dei tornado di Carpi e di Modena (definiti dalla narrazione tossica ancora come eventi eccezionali), così come i nubifragi nel varesotto ci riportano immediatamente alla drammatica e triste realtà.
E quindi le parole di Draghi mi sorprendono, ma in negativo, perché quelle parole presuppongono che chi le pronunci si sia già attivato nella direzione auspicata. Invece no: in Italia Draghi e il suo Governo si sono posti nella continuità dei predecessori deliberando però in direzione completamente opposta.
A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca. Ecco che allora riprendendo riflessioni e ragionamenti rispetto a una serie di provvedimenti presi nel corso di queste ultime legislature emerge un quadro decisamente preoccupante.
La semplificazione amministrativa a scapito di chi dovrebbe tutelare l’ambiente, le sovrintendenze e i Parchi sottoposti a vincoli amministrativi assurdi, le colate di cemento e la realizzazione di infrastrutture inutili sempre con il mantra delle “grandi opere” a dettare i tempi, le piccole ma importanti opere per contrastare il dissesto idrogeologico ferme… e poi c’è tutta la partita di contrasto al Climate Change su cui a parole abbiamo fatto passi enormi ma nei fatti stiamo deliberando in direzione contraria.
Ecco perché basterebbero i risultati e le delibere prese dal Governo o dall’inadeguato ministro della Transizione Ecologica per rendersi conto che le condivisibili parole del Premier non rappresentano quello che lui e il suo Governo stanno facendo.
Basterebbe riascoltare l’intervento dello stesso Draghi all’Assemblea di Confindustria dove le questioni relative al contrasto dei cambiamenti climatici e all’abbattimento delle emissioni climalteranti ha trovato pochissimo spazio.
Eppure questa è la grande sfida che dobbiamo con forza affrontare perché non abbiamo più tempo e l’attuale la politica italiana e non solo, lo sta ulteriormente sprecando tentennando e parlando, mentre la scienza, come ci ricordava qualche tempo fa Chiara Bertogalli ci sta indicando la via.
Sono le decisioni coerenti con le dichiarazioni a mancare, mentre quelle prese sono talmente soft che i risultati forse non si vedranno mai, cannibalizzate dai danni dei cambiamenti climatici.
La COP26 sarà dunque il momento decisivo dove dalle parole si passerà ai fatti e le decisioni, finalmente, diventeranno vincolanti per gli Stati?
Sì, perché, nel lungo elenco di dichiarazioni, tutti parlano di quanto stanno facendo bene nel loro paese, mentre sono gli altri quelli in ritardo. Ma anche questo gioco ha perso di credibilità!
Il Clima entri nelle decisioni della Politica e la Politica si comporti in maniera coscienziosa, non guardando i sondaggi e pensando al prossimo appuntamento elettorale, ma guardi al futuro, alle generazioni future e a chi verrà dopo di loro.
Greta Thunberg, tra le tante cose positive che sta facendo, ha contribuito a mettere in evidenza come la “questione temporale” nell’affrontare la crisi socio climatica ambientale che stiamo vivendo.
Il momento storico che stiamo vivendo ci conferma che il “fattore tempo” ha cambiato radicalmente faccia, prendendo le sembianze di tante ragazze e tanti ragazzi. Giovani che in tutte le parti della Terra scendono in piazza per rivendicare il loro diritto ad avere voce in capitolo rispetto al loro futuro.
In antitesi con una generazione di “baroni” che aveva ed ha una prospettiva temporale di vita completamente diversa. In gioco ci sono il futuro appunto e le prospettive di vita, i desideri e le giuste richieste dei giovani di oggi che non possono coincidere con le istanze di chi oggi non solo è vecchio anagraficamente ma è “vecchio” dentro.