Dresda: di nuovo una bufala su uno stupratore assolto perché immigrato — #Antivirus

Una bufala, quindi, la terza identica scovata da Antivirus in pochi mesi. Bufale che seguono tutte lo stesso schema e che - come al solito - spostano il dibattito sulla violenza sulle donne dalla auspicabile revisione di leggi che rischiano di non tutelare abbastanza le vittime a un discorso xenofobo che punta esclusivamente a risvegliare nei lettori un pericoloso mix di indignazione e di razzismo.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]“Stu­pro per­ché noi fac­cia­mo così” (Ita­lia Oggi);

“Immi­gra­ti, il pro­fu­go stu­pra l’assistente socia­le. Assol­to: Noi con le don­ne ci com­por­tia­mo così” (Libe­ro);

“Assol­to il migran­te stu­pra­to­re di Dre­sda. Il giu­di­ce: «Pove­ri­no, non cono­sce le nostre rego­le” (Seco­lo d’Italia).

Que­sti sono i tito­li usa­ti da alcu­ni quo­ti­dia­ni ita­lia­ni per descri­ve­re una vicen­da acca­du­ta a Dre­sda, dove un pro­fu­go ven­ten­ne di ori­gi­ni siria­ne è sta­to assol­to in un pro­ces­so che lo vede­va accu­sa­to di vio­len­za ses­sua­le su un’assistente socia­le, la cui iden­ti­tà è rima­sta ano­ni­ma per ragio­ni di privacy.

La sto­ria era già sta­ta rac­con­ta­ta dai gior­na­li loca­li tede­schi all’epoca dei fat­ti, ma è tor­na­ta in auge nell’ultima set­ti­ma­na dopo un repor­ta­ge del quo­ti­dia­no Welt, che ha cer­ca­to di fare luce sui fatti.

La noti­zia è sta­ta dif­fu­sa in Ita­lia da Ita­lia Oggi, e ripre­sa da alcu­ni quo­ti­dia­ni, tra cui Libe­ro, Il Gior­na­le, Il Seco­lo d’Italia, oltre che da Fran­ce­sca Toto­lo, l’ormai nota col­la­bo­ra­tri­ce di Luca Dona­del e del Pri­ma­to Nazio­na­le che ha twit­ta­to, lin­kan­do l’articolo di Welt (con­sul­ta­bi­le solo a pagamento): 

“#Dre­sda, bru­ta­le stu­pro e pestag­gio di un’assistente socia­le tede­sca: il giu­di­ce tede­sco ‘assol­ve’ l’immigrato siria­no per­ché non era ‘in gra­do di capi­re che nel­la nostra socie­tà i rap­por­ti tra uomo e don­na non sono basa­ti sul­la forza’.”

Le cose, però, come ave­va­mo già docu­men­ta­to nei casi (del tut­to ana­lo­ghi) di Bran­de­bur­go e di Cou­tan­ces, non stan­no esat­ta­men­te come ripor­ta­te dal­la stam­pa ita­lia­na. E, per capir­lo, basta­va leg­ge­re l’articolo di Welt:

“Welt ha fat­to ricer­che per mesi, par­la­to con esper­ti e con le par­ti coin­vol­te nel pro­ces­so per capi­re per qua­le moti­vo la cor­te è arri­va­ta a que­sta con­clu­sio­ne e se gli accu­sa­ti sono sta­ti trat­ta­ti in modo dif­for­me da una cor­te tede­sca a cau­sa del­la loro origine. 

Alla fine del­le ricer­che, solo una cosa è chia­ra: non è così semplice.”

Que­sti i fat­ti: il 26 novem­bre 2017 la poli­zia di Dre­sda dif­fon­de un comu­ni­ca­to stam­pa per annun­cia­re l’arresto di un richie­den­te asi­lo siria­no ven­ten­ne, accu­sa­to da un’assistente socia­le di aver­la vio­len­ta­ta nel suo appar­ta­men­to, tre gior­ni prima. 

A feb­bra­io dell’anno suc­ces­si­vo ini­zia il pro­ces­so: l’accusa, dopo aver visio­na­to le inda­gi­ni svol­te dal­la poli­zia, chie­de la con­dan­na per vio­len­za sessuale. 

Due mesi dopo, tut­ta­via, arri­va la sen­ten­za di assoluzione. 

Com­men­tan­do la sen­ten­za, il rap­pre­sen­tan­te per gli Stra­nie­ri Geert Mac­ken­roth (del­la CDU, il par­ti­to con­ser­va­to­re gui­da­to fino a qual­che set­ti­ma­na fa da Ange­la Mer­kel) ha det­to: “Anche se è una sen­ten­za dif­fi­ci­le da capi­re per la vit­ti­ma, è sta­ta pro­nun­cia­ta a nor­ma di leg­ge.”

Qua­le leg­ge? Quel­la tede­sca sul­lo stu­pro, di cui ave­va­mo già par­la­to:

“La leg­ge sul­lo stu­pro in Ger­ma­nia fino al 2016 pre­ve­de­va che “una vio­len­za ses­sua­le pote­va esse­re defi­ni­ta stu­pro se chi l’aveva subi­ta ave­va pro­va­to fisi­ca­men­te a difen­der­si e pote­va dimo­strar­lo in tri­bu­na­le”. Anche dopo la rifor­ma del 2016, basa­ta sul prin­ci­pio del “no signi­fi­ca no”, sono rima­sti mol­ti pun­ti d’ombra, poi­ché rima­ne deci­si­vo il com­por­ta­men­to (e la testi­mo­nian­za) del­la per­so­na dan­neg­gia­ta e non del col­pe­vo­le.”

Pro­prio la testi­mo­nian­za dell’operatrice socia­le, come spie­ga Welt, è sta­ta deci­si­va per la sentenza: 

“L’accusato, davan­ti alla cor­te, ha dichia­ra­to che il rap­por­to era con­sen­sua­le”, ha affer­ma­to il por­ta­vo­ce Haase. 

Le paro­le del­la testi­mo­ne, a quel pun­to, diven­ta­va­no di cru­cia­le impor­tan­za, e la don­na ha det­to al giu­di­ce che non pote­va affer­ma­re con cer­tez­za se l’accusato si era accor­to o meno del fat­to che lei non sta­va dan­do il suo con­sen­so al rapporto.

A quel pun­to, il Pub­bli­co Mini­ste­ro ha richie­sto l’archiviazione e la cor­te ha deci­so di conseguenza.

I tito­li e il tweet che abbia­mo cita­to, quin­di, sono del tut­to ine­sat­ti, e strumentali. 

Da una par­te abbia­mo quel­li secon­do cui la dife­sa del ven­ten­ne si era basa­ta su giu­sti­fi­ca­zio­ni culturali: 

 

  • “Stu­pro per­ché fac­cia­mo così”; 
  • “Immi­gra­ti, il pro­fu­go stu­pra l’assistente socia­le. Assol­to: Noi con le don­ne ci com­por­tia­mo così”;

 

Eppu­re, come rico­strui­to da Welt, il rifu­gia­to siria­no, duran­te il pro­ces­so, non ha mai ammes­so lo stu­pro. Al con­tra­rio, ha sem­pre dichia­ra­to di esse­re inno­cen­te, soste­nen­do che il rap­por­to fos­se consensuale.

Dall’altra, abbia­mo il tweet di Toto­lo (che peral­tro, uti­liz­zan­do le vir­go­let­te e lin­kan­do Der Welt, lascia­va inten­de­re che la cita­zio­ne fos­se pre­sa dal sito tede­sco, men­tre la fra­se vir­go­let­ta­ta era nel­la sin­te­si fat­ta da Ita­lia Oggi) e il tito­lo del Seco­lo d’Italia, secon­do cui il fat­to­re cul­tu­ra­le era sta­to deci­si­vo per il giudice. 

  • “#Dre­sda, bru­ta­le stu­pro e pestag­gio di un’assistente socia­le tede­sca: il giu­di­ce tede­sco ‘assol­ve’ l’immigrato siria­no per­ché non era ‘in gra­do di capi­re che nel­la nostra socie­tà i rap­por­ti tra uomo e don­na non sono basa­ti sul­la forza’.”
  • “Assol­to il migran­te stu­pra­to­re di Dre­sda. Il giu­di­ce: «Pove­ri­no, non cono­sce le nostre rego­le” (Seco­lo d’Italia).

Eppu­re, come abbia­mo visto, le moti­va­zio­ni del­la sen­ten­za non fan­no leva su fat­to­ri cul­tu­ra­li ma sul­la testi­mo­nian­za dell’operatrice. Il giu­di­ce, peral­tro, nono­stan­te le vir­go­let­te uti­liz­za­te dal Seco­lo d’Italia, non ha mai dato del “pove­ri­no” all’accusato.

Una bufa­la, quin­di, la ter­za iden­ti­ca sco­va­ta da Anti­vi­rus in pochi mesi. Bufa­le che seguo­no tut­te lo stes­so sche­ma e che — come al soli­to — spo­sta­no il dibat­ti­to sul­la vio­len­za sul­le don­ne dal­la auspi­ca­bi­le revi­sio­ne di leg­gi che rischia­no di non tute­la­re abba­stan­za le vit­ti­me a un discor­so xeno­fo­bo che pun­ta esclu­si­va­men­te a risve­glia­re nei let­to­ri un peri­co­lo­so mix di indi­gna­zio­ne e di razzismo. 

Un discor­so tos­si­co, che con­ti­nue­re­mo a docu­men­ta­re e a contrastare.

www.facebook.com/antiviruspossibile

www.twitter.com/antivirustweet

t.me/antiviruspossibile [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.