Spiace, spiace davvero che nel nostro paese ci siano costituzionalisti che scivolano nella retorica governativa arrivando ad affermare — testualmente — che «sarà un Senato in realtà eletto direttamente dai cittadini». E’ sufficiente l’analisi logica per rendersi conto che non è così, dato che l’art. 57, così come riformato dalla proposta che voteremo domenica, recita che «I Consigli regionali […] eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti».
Per scrupolo, sono andato a cercare le benedette definizioni sul dizionario Treccani, e ho trovato:
Elèggere 1. Elevare a un grado, a una carica, a una dignità, a un pubblico ufficio attraverso elezioni: e. i deputati, i senatori;
E allora mi sono chiesto che saranno mai, queste elezioni:
Elezioni Le elezioni sono procedure attraverso le quali si scelgono una o più persone per una o più cariche mediante una votazione.
E che saranno mai, queste votazioni?
Votazióne 1. L’atto, il fatto e il procedimento di votare, come formazione ed espressione della propria volontà o scelta da parte dei componenti un corpo elettorale o un organo collegiale.
Tutto questo rincorrersi di definizioni per ribadire un concetto che dovrebbe essere scontato anche per uno studente di Scienze Politiche al primo anno, e cioè che un’elezione prevede l’esercizio di un voto attraverso il quale si esprime liberamente la propria volontà. Di conseguenza, i Consigli regionali deterranno il potere elettivo dei Senatori, perché così è scritto in Costituzione: in alcun modo si può pensare che saranno i cittadini a eleggere direttamente i Senatori.
Facciamo un esempio molto concreto. Una decina di regioni eleggeranno due Senatori: un sindaco e un consigliere regionale. Supponiamo che in Liguria (una di queste) si presentino alle elezioni regionali due sole liste, A e B, e che la lista A vinca con il 55% dei voti espressi. Supponiamo anche, però, che il candidato consigliere Rossi, recordman di preferenze, appartenga alla lista B, e che sieda perciò nei banchi della minoranza.
Come verrà scelto l’unico senatore/consigliere regionale ligure? Verrà eletto «con metodo proporzionale», quindi tra la maggioranza? Verrà eletto tenendo conto delle «scelte espresse dagli elettori», laddove si intenda (ma così non è detto) l’espressione delle preferenze? O, ancora, verrà scelto sulla base «dei voti espressi e della composizione del Consiglio»? I virgolettati sono tutti contenuti nel medesimo articolo della riforma e aprono a una serie di differenti interpretazioni che portano a conclusioni differenti, dato che delineano metodi differenti e per certi aspetti in contraddizione uno con l’altro.
Ed è qui che torna in gioco il nostro ragionamento iniziale. La nuova (si spera di No) Costituzione — ribadiamo — dice che «I Consigli regionali […] eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti». Si tratta di un principio molto semplice: saranno i Consigli regionali, con una libera espressione di voto, a decidere quale consigliere regionale ligure andrà a Roma. E ci dispiace per il signor Rossi, ma ci sono buone probabilità che la scelta non ricadrà su di lui, ma su un consigliere (verosimilmente quello che ha ottenuto più preferenze) della lista di maggioranza.
Potrebbero verificarsi altri casi, ancor più controversi, come quello di un candidato consigliere recordman di preferenze ma che non venga eletto consigliere regionale, perché nel suo collegio elettorale il partito cui appartiene non ottiene seggi. E’ un’eventualità neppure così remota, dato che i sistemi elettorali regionali semplificano molto il quadro politico per assicurare un’ampia maggioranza ai Presidenti di Regione, che godono di un’investitura diretta dai cittadini.
Sostenere che il Senato sarà eletto direttamente dai cittadini è — semplicemente — falso. Lo capisce anche lo studente di cui sopra, che dopo aver dato l’esame di Scienza Politica si rivolgerebbe senza dubbio ai nuovi padri costituenti, per fermarli, e chiedergli: «ma come diavolo vi sta venendo in mente di sovrapporre due sistemi elettorali diversi?». E’ un Senato mai visto.
Nota a margine e di colore. Lo stesso professor Clementi sosteneva, nell’aprile 2014, che fosse necessario tenere ferma «l’eleggibilità indiretta, altrimenti l’elezione diretta non potrebbe che tradursi in un necessario e ineludibile allargamento dei poteri e delle competenze, a partire dalla partecipazione diretta al rapporto fiduciario con il Governo tramite il voto di fiducia. Un effetto decisamente da evitare». Se l’elezione fosse davvero diretta, stando a quanto sosteneva Clementi, dovremmo riscrivere mezza riforma, in pratica. Ma diretta non è.