Ci siamo chiesti se questa espressione che l’Onu adotta per descrivere l’allarme migrazioni non contenga un assurdo logico.
Ci siamo chiesti perché l’Europa non riesca a intervenire, come suggerisce Kristalina Georgieva, vicepresidente della Commissione europea, nei paesi da cui i migranti provengono.
Ci siamo chiesti perché l’Italia non si ponga all’avanguardia nell’affrontare la questione, che la riguarda direttamente per ragioni geografiche, storiche e politiche.
La prima cosa che dobbiamo fare è dare un nuovo significato alle parole, significarle con più precisione, dare loro un valore oggettivo.
E la parola in questione è «accoglienza».
Cosa sappiamo davvero dei numeri, dei servizi, dei costi, delle criticità e delle possibilità che ruotano intorno a questa parola?
Crediamo sia venuto il momento di raccontare con precisione e rigore che cosa accade, chi se ne occupa, quali competenze sono già attive e cosa servirebbe, qual è il costo sociale e quali i benefici, muovendo da Sud a Nord, denunciando gli abusi e promuovendo le esperienze migliori.
Lo facciamo nella convinzione di non essere gli unici a porsi questo problema sotto questo punto di vista.
E chiediamo a tutte e tutti di partecipare a una grande indagine che riguarda i profughi ma riguarda soprattutto noi stessi.
PIppo Civati — Alessandro Gilioli