[vc_row][vc_column][vc_column_text]“Ricercatori pronti al reddito di cittadinanza” ha tweetato il rettore dell’Università Ca’ Foscari, dandoci una fotografia dell’ennesimo blocco delle assunzioni e del rinnovo dell’organico delle nostre università.
La manovra fantasma penalizza ancora una volta l’Università a cui sono preferiti perfino i famigerati F35, considerati fino a poco tempo dal Movimento 5 Stelle uno spreco.
Se si guardano i dati della serie storica sul personale universitario pubblicati sul Portale dei dati dell’istruzione superiore del MIUR, si nota una diminuzione del personale stabilizzato che non può certo essere compensato dall’aumento del numero dei precari.
Nel 2017, nelle nostre università i professori di prima fascia erano 12.890, 20.144 i professori di seconda fascia, 14.555 i ricercatori a tempo interminato, 6.204 i ricercatori a tempo determinato e 14.124 i titolari di assegni di ricerca: in totale 47.589 stabilizzati verso 20.328 precari.
Se paragoniamo questi numeri a quelli del 2005, anno in cui compaiono gli assegni di ricerca, e a quelli del 2011, in cui è istituito il tempo per i ricercatori, non si può non notare il drastico calo dei tempi determinati rispetto ai precari.
Nel 2005: 19.274 professori di prima fascia (-33,12%), 18.967 professori di seconda fascia (+6%), 22.010 ricercatori a tempo indeterminato (-23%) e 10.005 assegni di ricerca. Nel suo complesso, tra il 2005 e il 2017, il personale stabile diminuisce del 21%.
Nel 2011: 15.242 professori di prima fascia, 16.611 professori di seconda fascia, 24.596 ricercatori a tempo indeterminato, 1.547 nella nuova categoria dei ricercatori a tempo determinato e 13.370 assegni di ricerca.
Rispetto al 2011, nel 2017 il personale stabile diminuisce del 15,69% mentre i precari aumentano del 36,27%.
Una lettura più capillare e analitica dei dati tra il 1997 e oggi ci mostra un Paese che investe sempre meno nella formazione dei suoi giovani che dovrebbero essere la linfa del futuro e la spinta verso l’innovazione.
Un paese non può progredire senza elevare le sue competenze: scuola, università e ricerca devono essere al primo posto. Ma forse l’obiettivo di questo governo è proprio abbassare questo livello, dato che non ha investito neanche su sviluppo e innovazione. Non ci resta che assistere alle fughe verso paesi più accoglienti mentre noi puntiamo decisi verso una decrescita infelice.
Possibile si batte da sempre affinché la ricerca, la scuola e l’università siano al primo posto. L’investimento pubblico in formazione e ricerca è determinante per rendere un paese capace di competere e di avere un ruolo a livello internazionale, in grado di guidare i processi globali in modo ecosostenibile in modo da generare benessere diffuso e di affrontare le grandi sfide economiche, sociali e culturali.
Daniela D’Aloisi
Comitato Università e Ricerca di Possibile[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]