Fame di futuro

Vor­rei pro­va­re a cam­bia­re la vostra per­ce­zio­ne. Come ho fat­to con la mia. Se attra­ver­sa­te l’Italia vede­te acque­dot­ti roma­ni e cat­te­dra­li rina­sci­men­ta­li, case nata­li di gran­di uomi­ni del pas­sa­to, ricor­di del desi­gn ita­lia­no degli anni ses­san­ta. Il nostro è un Pae­se anti­co.

Vor­rei pro­va­re a cam­bia­re pro­prio que­sta vostra per­ce­zio­ne: che il nostro è un Pae­se anti­co. Un acque­dot­to roma­no non è il pas­sa­to, è il futu­ro visto all’epoca di Roma, nel 312 a.C.. Por­ta­re l’acqua cor­ren­te, nel­le cit­tà, con una pres­sio­ne ade­gua­ta ad ali­men­ta­re le fon­ta­ne pub­bli­che, è una sfi­da al futu­ro fat­ta nel 312 a.C.. La cupo­la del duo­mo di Firen­ze costrui­ta dal Bru­nel­le­schi non è il pas­sa­to, è il futu­ro visto nel 1418. Costrui­re una cupo­la per le sue dimen­sio­ni con­si­de­ra­ta inco­strui­bi­le è sogna­re l’idea del­la cupo­la più gran­de del mondo—per quel tempo—e inven­ta­re le tec­no­lo­gie per costruir­la. Una pila elet­tri­ca di Ales­san­dro Vol­ta non è il pas­sa­to, è il futu­ro visto nel 1800. E’ sfi­da­re il futu­ro nel 1800. Una mac­chi­na per scri­ve­re Oli­vet­ti Let­te­ra 22 non è il pas­sa­to, è il futu­ro visto nel 1950. Un via­dot­to auto­stra­da­le ita­lia­no non è il pas­sa­to, è il futu­ro, anco­ra una vol­ta visto nel 1964.

Il nostro non è un Pae­se anti­co. E’ sem­pre sta­to un Pae­se futu­ro. Anche se oggi qua­si tut­ti voi guar­da­te l’Italia come un Pae­se anti­co. Ecco, vor­rei pro­va­re a cam­bia­re que­sta vostra per­ce­zio­ne: che l’Italia è un Pae­se anti­co. Vor­rei chie­der­vi di pro­va­re a guar­da­re i monu­men­ti, le case di gran­di uomi­ni del pas­sa­to, i fasti del nostro siste­ma indu­stria­le negli anni cin­quan­ta e ses­san­ta, come il futu­ro, di qual­che tem­po fa.

L’Italia non è “anti­ca”: se la guar­di da vici­no è una col­le­zio­ne di futu­ri. Se ini­zia a veder­li, que­sti futu­ri, non puoi più sta­re a guar­da­re il Pae­se, con­so­lan­do­ti del fat­to che oggi non abbia­mo un pre­sen­te con l’idea che abbia­mo avu­to un Pas­sa­to. Se ini­zi a vede­re la col­le­zio­ne di futu­ri che ti cir­con­da, ini­zi a vole­re il tuo futu­ro. Oggi. Io voglio il mio futu­ro. Oggi. Voglio imma­gi­nar­lo, come ha fat­to Bru­nel­le­schi per la sua cupo­la, e inven­ta­re i modi per costruir­lo. Oggi. Qui, e non altro­ve. Per­ché il futu­ro ha sen­so in un luo­go. E non altro­ve. Voglio tor­na­re ad esse­re “ita­lia­no”, “futu­ro”. Per­ché il nostro non è mai sta­to un Pae­se anti­co. E’ sem­pre sta­to un Pae­se di uomi­ni e don­ne affa­ma­ti di futu­ro. Que­sto (che vede­te intor­no a voi) non è il pas­sa­to: è il futu­ro di ieri.

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