Da diverso tempo Non Una di Meno sta conducendo una sacrosanta battaglia in difesa della 194, la legge sull’interruzione di gravidanza, e sulla sua reale applicazione, un tema da sempre molto caro anche a Possibile, che infatti sostiene e partecipa in ogni modo l’azione femminista in questo senso.
Da alcuni mesi, Verona è diventata un autentifico laboratorio di misoginia e di discriminazione nei confronti delle donne, del loro diritto di scelta e di autodeterminazione, da parte della giunta di estrema destra che governa la città, da parte della sua maggioranza, con l’appoggio e il sostegno di ogni risma di fascisti (neo e vetero, di lotta o di governo) che purtroppo ancora infettano la nostra nazione.
Anche in questo caso, Non Una di Meno è in campo, e noi con lei, e a Verona è da subito mobilitata con azioni dimostrative e di protesta, oltre che di denuncia e di informazione, che hanno già ottenuto lo scopo di portare alla ribalta nazionale un tema così cruciale per la salute della nostra società.
Confesso che è con estremo stupore che ho appreso della discesa in campo, in questa tenzone, di Federfarma Verona. Ed è con allarme e sdegno che ho dovuto notare che l’associazione dei farmacisti della città veneta ha scelto di schierarsi con i retrogradi e con i fascisti, con i misogini e con chi vuole riportare l’Italia ai secoli più bui della sua storia.
Federfarma Verona ha scelto di intervenire non per denunciare il violento tentativo di ridurre i diritti delle donne, non per denunciare il folle obiettivo di ridurne la salute e la sicurezza (già, la sicurezza, quella vera).
Federfarma Verona ha scelto di intervenire non per denunciare le false affermazioni dei consiglieri di maggioranza della destra veronese, che confondono i contraccettivi di emergenza con la pillola abortiva.
No, Federfarma Verona ha scelto di intervenire per attaccare Non Una di Meno e la sua manifestazione dimostrativa, in cui ha distribuito pillole di zucchero (dichiaratamente tali), azione chiaramente volta a denunciare la scarsa reperibilità (e la possibile futura messa al bando) dei contraccettivi femminili.
Sostiene l’associazione dei farmacisti scaligeri «vanno stigmatizzati comportamenti propagandisti di questo genere. Stimolare i giovani ad un utilizzo semplicistico ed incontrollato di farmaci così delicati è preoccupante per la salute pubblica in quanto rischia di disincentivare l’utilizzo del preservativo, visto dai giovani principalmente come strumento per evitare gravidanze indesiderate».
Ecco, Federfarma si sbaglia, e si sbaglia di grosso, e lo fa sotto diversi punti di vista, alcuni più gravi di altri.
Alla maggior parte di questi ha già risposto molto accuratamente la stessa Non Una di Meno Verona, e vi rimando al loro post per quanto concerne la questione dell’informazione, la questione del diritto alla contraccezione, la questione di cosa è e cosa non è un farmaco abortivo non secondo l’opinione di ciascuno di noi, ma dell’AIFA, non ultima la questione estremamente rilevante del ruolo delle farmacie nel problema italiano della disponibilità e dell’ultilizzo dei contraccettivi. Un ruolo preoccupante, un ruolo su cui Federfarma si dovrebbe interrogare molto attentamente, invece di lanciare strali contro chi difende i diritti delle donne.
Voglio però soffermarmi su un punto, in particolare. Federfarma sostiene che pubblicizzare i contraccettivi femminili con una pratica dimostrativa potrebbe disincentivare l’uso del preservativo.
Posizione interessante, ma poco suffragata dai dati e della realtà delle cose.
Se l’utilizzo dei preservativi in Italia è drammaticamente basso, questa è cosa grave, ma di scarsissimo interesse per la destra fascista con cui Federfarma ha scelto di schierarsi, come dimostra la vergognosa vicenda degli emendamenti sui preservativi gratuiti presentati e poi ritirati dai 5 Stelle su pressione della Lega.
Altrettanto se non più grave, però, è la scarsa propensione nel nostro paese all’utilizzo dei contraccettivi femminili.
Secondo un rapporto della Società Italia di Ginecologia e Ostetricia, infatti, meno di un terzo delle donne italiane utilizza contraccettivi femminili, e meno di un quinto utilizza contraccettivi ormonali, contro il pur basso 42,4% di utilizzo del preservativo.
Un’indagine sempre della SIGO ha rivelato che tra le donne con meno di 25 anni, ben il 42% (un dato in aumento del 5% rispetto alle indagini precedenti) non utilizza alcun contraccettivo durante la prima esperienza sessuale, e solo il 14% utilizza la pillola.
L’Italia è, secondo la SIGO, uno dei paesi con tasso più basso di utilizzo dei contraccettivi ormonali.
Quindi sostenere che l’invito all’utilizzo di contraccettivi ormonali femminili possa ridurre l’utilizzo del preservativo, è semplicemente assurdo. Sostenere che in Italia ci sia il pericolo di un utilizzo “leggero e spensierato” di quei farmaci, è destituito di ogni fondamento. Semmai ci sarebbe bisogno di maggiore informazione sull’argomento.
C’è di più. Se la media italiana dell’utilizzo dei contraccettivi ormonali è un misero 16,2%, va notato che quasi tutte le regioni del nord si attestano su una percentuale (poco) più alta. Tutte tranne una. Indovinate quale? Proprio il Veneto, proprio la regione dalla quale, di fronte al pericolo di veder ridotti i diritti delle donne e di vederne aumentati i rischi e messa a repentaglio la salute, Federfarma sceglie di scagliarsi contro il pericolo dell’utilizzo “alla leggera” dei contraccettivi.
Una posizione ridicola, se non fosse vergognosa. Una posizione che di scientifico non ha nulla, mentre supporta subdolamente quelle di chi si maschera dietro l’integralismo religioso per ammantare di un qualche valore la propria volontà di sopraffazione e dominio del prossimo, specie se di sesso femminile.
Una posizione che rende quella “r” in Federfarma di troppo. Chiamiamola Fedefarma, d’ora in poi.